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La notte del giudizio

Regia di James DeMonaco vedi scheda film

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La recensione su La notte del giudizio

di Immorale
5 stelle

Non aprite quel cancello.

Il titolo originale del film di De Monaco, “The Purge” (purificazione, purga, epurazione […]) esemplifica molto meglio del titolo italiano l’dea distopica alla base del racconto: la sceneggiatura, dello stesso regista, immagina infatti che gli U.S.A. del 2022 abbiano finalmente rotto l’argine della facciata gentile dell’american dream, dividendo nettamente la popolazione in base alla classe sociale. Ai ricchi (quelli tipici con villetta e giardino tagliato due volte al giorno) la tranquillità sociale, ai poveri la speranza di poter sopravvivere alla pulizia annuale necessaria, secondo i Nuovi Padri Fondatori, per mantenere a livelli minimi la criminalità e la disoccupazione.

 

 

Un pregio rilevante della composizione di questo thriller (principalmente) d’assedio è senz’altro quello di non allungare e allargare il racconto (almeno in questo primo “episodio” della saga) su un versante più politico e moralistico (l’argomento lo permetterebbe) e di concentrarsi principalmente sul versante action; forse per mancanza di predisposizione (il regista è un signor nessuno, praticamente alla sua prima regia) o, più probabilmente, perché il produttore è il fracassone Michael Bay. Tenuto conto di ciò, DeMonaco non asseconda in toto la vena tonitruante del suo nume tutelare ma si dimostra capace di gestire, con veloce ma matura compiutezza, l’unità di tempo e di luogo del racconto. Nelle incombenze preparatorie alla notte più lunga dell’anno della famiglia Sandin, quindi, ci vengono presentati sia i caratteri principali che la situazione sociale generale, grazie a notiziari o audio esplicativi a margine dell’azione (e inquadratura) principale. Senza fronzoli e senza inventare nulla, ispirandosi più all’asciutta stringatezza registica di Carpenter piuttosto che Romero, ma riuscendo a costruire un impianto scenico convincente.

 

 

Paradossalmente questa fase è, forse, la migliore; quando la minaccia diventa palese iniziano infatti a manifestarsi le numerose pecche di scrittura: sequenze action stereotipate, personaggi che si comportano in maniera improbabile (per esempio, girovagando a più riprese per l’enorme casa da soli e/o disarmati), cambi repentini di atteggiamento nei confronti della "moralità" della pratica dello “Sfogo” e un eccessivo manicheismo nel tratteggiare gli antagonisti (tutti descritti come pericolosi psicopatici, con tutte le esagerazioni [e smorfie annesse] che ciò comporta). Calo che depotenzia la felice costruzione iniziale e la discreta verve visiva del regista, capace di filmare gli spazi chiusi e far muovere gli attori con buona tecnica propositiva e dinamica. Gli interpreti principali (Ethan Hawke, Lena Headey) fanno la loro parte senza brillare particolarmente ma senza gravi cadute, dimostrandosi sufficientemente in parte. Spettacolo che regge agevolmente, in definitiva, fino al veloce e un po’ sbrigativo finale, aperto ai seguiti che verranno.

 

 

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