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Regia di Spike Jonze vedi scheda film

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La recensione su Lei

di myHusky
7 stelle

La tecnologia come strumento di conoscenza individuale, come specchio della nostra umanità. La fantascienza come base per un racconto che va al di là dei canoni di genere.
In poche parole, Her: il grande ritorno dietro la macchina da presa di Spike Jonze, a quattro anni di distanza da Where the Wild Things Are, che, per il suo quarto lungometraggio, decide di portarci in un futuro (non troppo lontano) in cui il sogno dei sistemi operativi dotati di intelligenza artificiale forte sembra essersi realizzato.

Her è la storia di Theodore Twombly, un introverso impiegato che lavora presso una compagnia che scrive lettere personalizzate per tutte quelle persone che hanno problemi a esprimere i propri sentimenti e il proprio affetto. 
Caduto in depressione in seguito alla separazione con la moglie, avvenuta poco più di un anno prima, Theodore passa le giornate al lavoro e in casa, giocando ad un futuristico videogame a tre dimensioni.
Un giorno, durante la passeggiata di ritorno dal lavoro, viene attirato dalla pubblicità di un nuovissimo sistema operativo, che risponde al nome di OS1, dotato, appunto, di intelligenza artificiale, e si decide ad acquistarlo.
L'OS, di nome Samantha, diventerà ben presto per Theodore un'amica con la quale potersi confessare e distrarre, fino a quando, fra i due, uomo e macchina, nascerà una vera e propria storia d'amore.

Spike Jonze, in un futuro non troppo lontano e in un mondo in cui le tecnonolgie si fanno sempre più complesse ed invadenti, vuole portarci a riflettere sulle relazioni umane, in un contesto, paradossalmente, non ostile: nessuna ribellione dei sistemi operativi e nessun rischio per l'incolumità umana. Her, di fatto, si presenta come un moderno comedy-drama romantico, ambientato nel futuro; ed è proprio sul dramma sentimentale e, aggiungerei, umano che Jonze vuole farci riflettere.
L'incomunicabilità degli esseri umani è arrivata ad un livello insostenibile. Le persone si aggirano per le città a testa bassa, chiacchierando con il proprio OS, senza guardare niente e nessuno. L'esprimere i propri sentimenti è diventato il mestiere d'altri, e Theodore, da questo punto di vista, è un ottimo esempio. Tutti schiavi della tecnologia, sembrerebbe (notevole, da questo punto di vista, la sequenza simbolica del gufo sul megaschermo).
In un panorama così desolante, però, il regista statunitense viaggia controcorrente e ci invita abilmente a riflettere su noi stessi e sui nostri errori. Lasciamo le macchine e i computer parlanti, ci dice, anche se sono ovunque: in ogni ufficio, in ogni strada, in ogni appartamento. Anzi, impariamo a riscoprire i nostri sentimenti in rapporto a questo nuovo mondo che cambia e sembra sfuggirci di mano, sempre di più. È così che Samantha e tutti gli altri OS1 si trasformano e svelano chiaramente la loro funzione. Specchi della nostra individualità, all'interno dei quali possiamo guardarci e comprenderci, nei sentimenti e negli errori.

Jonze vuole quindi farci riflettere su noi stessi in rapporto con la tecnologia e con il mondo che muta e si evolve, e sceglie di farlo attraverso la surreale storia d'amore tra un  sistema operativo e un essere umano.
Le vicende di Theodore, e di Samantha, seguono i canoni della narrazione sentimentale classica, ma nonostante ciò, la storia, grazie anche allo sfondo e al suo messaggio, si presenta e si sviluppa in modo originale. Ci troviamo così a gioire e a soffrire assieme al protagonista e, come lui, finiamo per dimenticarci che Samantha è solo una voce di un Operating System.
Durante i 120 minuti di durata ci facciamo trasportare dalla cinepresa di Jonze e se in alcuni momenti certe trovate stilistico-narrative ci appaiono un po' troppo forzate, il risultato complessivo risulta, comunque, più che notevole.

L'ultima fatica di Spike Jonze si fa apprezzare anche per quanto riguarda le scelte stilistiche: si parte con un primissimo piano di Joaquin Phoenix con sguardo in macchina, per passare poi a vari scambi di soggettive e di semi-soggettive. Sono diversi i salti temporali, relativi al passato di Theodore con l'ex moglie Catherine, e in alcuni di questi, l'immagine (con valenza narrativa) si stacca dal parlato (principalmente di matrice riflessiva) andando così a creare un doppio livello informativo all'interno della medesima sequenza.
Ottima la fotografia di Van Hoytema, che restituisce un'inquadratura dai colori caldi e pastellati, e anche la colonna sonora.
Da menzionare, infine, anche le grandiose interpretazione di Joaquin Phoenix e di Scarlett Johansson, che riesce ad imporsi anche con la sua sola voce.

Her è l'inno di Spike Jonze all'umanità e alla sua sensibilità, in un mondo in cui tutto sembra possibile fuorché il recupero di tali sentimenti. Una pellicola notevole con pochissime sbavature, che ha la forza di emozionare e di farci riflettere, mescolando sapientemente diversi generi.
Complimenti a Spike Jonze.

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