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Dallas Buyers Club

Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film

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La recensione su Dallas Buyers Club

di maso
8 stelle

Non tutto il male vien per nuocere ma solo per uccidere.

Coinvolgente e non patetica la resa su pellicola della storia di Ron Woodrof, un uomo pieno di difetti e vizi che dopo aver preso coscienza di avere in corpo la bellezza di nove linfociti e di aver contratto il virus del HIV diventa un uomo migliore e capisce quanto sia preziosa la vita, non solo la sua ma quella di chiunque, anche quella degli omosessuali, categoria sociale cha aveva sempre disprezzato, e di tutti gli ammalati di questa peste del ventesimo secolo denominata AIDS, per questa gente diventa in qualche modo il paladino della speranza  nella sua ostinata ricerca di una ricetta di medicinali adatti ad alleviare il dolore e rallentare nel miglior modo possibile la calata dei granelli nella parte inferiore della clessidra tanto da fondare un club illegale dove distribuisce medicinali racimolati in giro per il mondo a chi versa una quota mensile di 400 $.

La storia si svolge ovviamente a Dallas e ha inizio quando tutto ebbe inizio, a metà degli anni ottanta, quando l'AIDS era ancora una malattia sconosciuta il mondo venne a sapere che Rock Hudson da sempre considerato un idolo per le donne era venuto a mancare, stroncato da questa misteriosa malattia che aveva contratto perchè omosessuale, Ron ne parla con i suoi grezzi amici evidenziando l'ignoranza tipica della gente del Texas, la citazione cinematografica di Ron è errata perchè per far capire chi sia questo attore esclama "Non avete visto Intrigo internazionale?".

Il riferimento però è pertinente perchè mi ricordo perfettamente di questa notizia, da allora molti fecero outing e il fenomeno AIDS cominciò ad essere di dominio pubblico; Ron Woodrof prende coscienza di ciò che lo ha colpito attraverso una rudimentale pagina al computer sulla quale legge che il problema che lo affligge non colpisce solo checche e tossicodipendenti ma in un buon 10 per cento anche i puttanieri come lui, tutta la prima parte è incentrata sulla negatività di quest'uomo che comincia ad emergere dallo scheletro di un robusto McCounaghey: scommettitore e maleducato bazzica in zona rodeo inculando femmine e persone mentre beve fuma e pippa contemporaneamente, un fortuito incidente sul lavoro lo mette a nudo davanti ai dottori che gli danno non più di 30 giorni e lui dopo aver realizzato comincia a scorpacciarsi di AZT, pillole tossiche illegali che dovreBbero funzionare ma in realtà ti devastano e proprio questo diventerà il pomo della discordia della storia che lo porterà a combattere fino in tribunale coloro che rappresentano stato e sanità perché convinti della utilità di questo farmaco.

La sieropositività dell'uomo determina la positività dell'animo che si trascina ridotto allo stremo fino in Messico alla ricerca di quel po' di AZT che allunga la vita, McCoungahy in questa sequenza è un cesso umano, disperato e scheletrito apprende da un medico radiato che non sempre chi ha la patente guida meglio di chi non ce l'ha, inizia da qui la sua riscossa alla continua ricerca di farmaci a Tokyo, ad Amsterdam, ovunque.

Vallée lo avevo già apprezzato per C.R.A.Z.Y. e qui si conferma regista di valore e poche pretese, è noto il basso budget che ha avuto a disposizione, soprattutto per il trucco che in tutto è costato 250$ ed ha vinto comunque un Oscar per la bella resa sul personaggio di Jared Leto di cui parlerò più avanti, la direzione del film è quindi impostata più sulla qualità che la quantità e scelte stilistiche ben precise: una fotografia vagamente sovraesposta e inquadrature strettissime sui personaggi che sembrano vivere in un mondo senza cielo, un tono quasi mai slacrimante e a volte  divertente nonostante l’argomento non sia allegro per niente,.

Il pezzo forte sono comunque i due attori da Oscar che vediamo muoversi con estrema disinvoltura in ruoli effettivamente difficili, non è un caso li abbia messi sullo stesso piano perché è vero che McCounaghey è da applausi per il suo deperimento fisico ma anche Leto si è sottoposto al trattamento dimagrante ed entrambi hanno valorizzato lo sforzo recitando in maniera estremamente convincente,  le scene in cui interagiscono toccano le corde della sensibilità senza smielare, e questo è un grande pregio, la loro amicizia è cementata da un sentimento profondo scolpito nel volto di Rayon quando al supermercato Ron incontra uno dei vecchi amici che lo avevano preso per il culo riguardo al dar via il culo e lo obbliga prendendolo per il collo a stringere educatamente la mano di Rayon.

L’incontro fra Ron e Rayon è la seconda svolta nel film: dopo un collasso dei suoi Ron si ritrova in ospedale e da dietro una tenda compare questo bel femminiello con il quale imbastisce un pokerino e scavalca finalmente il pregiudizio tanto è vero che diventano amici per le pillole e fondatori del club, questo duo rimarrà nella storia del cinema come i Batman e Robin sieropositivi in lotta con le forze del male incurabile.

Leto fa il paio con McCounaghey per la scena in Messico, dove è ridotto malissimo, con quella in cui è segnatissimo perché prossimo al capolinea non prima però di aver fatto la sua unica apparizione in abiti maschili per una missione speciale con i quali però non nasconde la sua vera natura attraverso l’ennesima prova di bravura.

Il personaggio che fa perder punti al film è quello della Garner, surrogata della Swonk, che ha sempre l’occhio troppo pendulo e sconfina in quel fittizio patetismo che il resto della squadra è riuscito a evitare, l’infermiera Eve che a poco a poco si dirotta verso la crociata di Ron non convince più di tanto ma non intacca il valore complessivo del film che racchiude tante belle idee prese anche singolarmente: il fischio che come una spia segnala l’arrivo del collasso con McCounaghey sugli scudi in un crescendo di mimica facciale e corporale, la metafora delle farfalle che oggi ci sono e domani no, la presenza sul muro e in colonna sonora di Mark Bolan, mito volato via all’improvviso come il Dallas buyers club e il suo eroe che ha campato forse meglio sette anni con l’AIDS che tutti gli altri senza nemmeno quello.

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