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Dallas Buyers Club

Regia di Jean-Marc Vallée vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su Dallas Buyers Club

di alan smithee
8 stelle

Giovedi scorso diverse sale italiane hanno dato spazio e affidato i propri schermi all'ultimo acclamato film del canadese Jean Marc Vallee: un titolo forte di una manciata di importanti candidature all'Oscar con due attori seriamente in odore di premio. Peccato che quel far west d'Italia che e' il Ponente ligure deve essere stato giudicato non idoneo a meritarsi questa visione, o non potenzialmente interessato: di fatto chi abitasse ad Imperia o ancora più ad ovest, e fosse tutt'oggi interessato a vedere il film, dovrebbe sobbarcarsi oltre 200 km, tra andata e ritorno, (cioe' arrivare sino a Genova), affrontando l'autostrada più cara (e disseminata di cantieri) d'Italia e un viaggio di oltre un'ora solo ad andare. Tanto vale a quel punto cambiare rotta e procedere ancora più ad ovest, laddove Alan è ormai di casa: in una Francia che intelligentemente sceglie di  distribuire il film unicamente in v.o. con sottotitoli, opzione a cui i francesi non fanno una piega perche' abituati ed educati ormai da tempo a tale circostanza. Difatti la sala (Pathe'...ahimè, ma non è proprio il caso in queste circostanze d'emergenza di fare gli schizzinosi e pretendere la sala d'essai del Mercury a me tanto cara, la quale certamente ospitera' la pellicola in seconda visione) e' davvero enorme e quasi piena di pubblico di tutte le età, che potranno godersi oltretutto la voce stupenda (con quella "s" sibilante da rettile) di un Matthew Mc Conaughey che più si imbruttisce, più diventa straordinariamente bravo, azzecando ormai ogni titolo della sua sempre più esclusiva ed invidiabile carriera cinematografica. Il titolo del film di Vallee allude ad un “gruppo di acquisto”, naturalmente clandestino, che a partire da metà anni ’80, quando il fenomeno del contagio da Aids raggiunse livelli critici e drammatici da apocalisse, si viene a creare ad opera di un elettricista strampalato ed omofobo, dalla vita sessuale spavaldamente libertina e senza regole, che scopre quasi per caso di essere stato contagiato dalla malattia, e di avere solo più un mese di vita “per rimettere in ordine i propri affari”. Un movimento, il suo, nato dal desiderio di rimanere in vita, portato avanti con ossessione e dirompente forza di volontà grazie ad una frenesia di attaccamento alla vita che ha la meglio sulle previsioni fosche disegnate con fredda ed enigmatica precisione da un medico solo apparentemente umano e comprensivo. Una organizzazione che nasce per salvare la pelle unicamente al suo egocentrico  e caratteriale personaggio, ma che si sviluppa sino a contrastare lo strapotere delle case farmaceutiche e delle multinazionali ad esse legate, in grado di condizionare le decisioni del governo e a rendere illegali certe cure sperimentali disponibili all’estero, magari rischiose, magari inconcludenti, ma comunque pur sempre  un traguardo in più della condanna a morire soli e spesso emarginati, rinnegati dai propri cari, dai propri amici e conoscenti come dei lebbrosi, come degli zombie contagiosi che scontano una pena da contrappasso per la loro lussuria contronatura. Ma Ron Woodroof, razzista ed omofobo se ce n'e' uno, è un tipo tosto, irresponsabile forse, scaltro e volgare, superficiale e impresentabile, ma pure dinamico e non certo arrendevole  che, anche a fini di lucro e non certo per altruismo (almeno non subito), intraprende un percorso che lo porterà a divenire il principale fornitore clandestino d'America di sostanze farmaceutiche non approvate per la cura della malattia, aiutando migliaia di contagiati a mantenersi in vita con rimedi al tempo giudicati illegali, e a prezzi comunque più accessibili rispetto alle inconcludenti cure ufficialmente riconosciute. Il  canadese Jean-Marc Vallée , che ricordiamo nel riuscito e sensibile C.R.A.Z.Y., gira un film scandito inizialmente con le giornate di vita (o agonia) che si suppone restino a Ron prima della fine, mentre prosegue poi avazando nel tempo in concomitanza col recupero notevole del folle elettricista, che riuscira'  a sopravvivere anni ed anni, lottando con tutti i mezzi per accaparrarsi soluzioni e cure sempre piu' sperimentali e vietate da un sistema corrotto ed omicida. Un impeto di un uomo che arde dalla sua contagiosa voglia di vivere: una fiamma  che lo spinge ad organizzarsi e a mettere in moto un meccanismo che finirà per creare dei problemi alle lobby farmaceutiche e a sensibilizzare l’opinione pubblica su una prevaricazione che arrivò a compromettere milioni di vite in nome del business e del lucro esasperato e senza freni ne’ rimorsi. Un  film che si avvale di una direzione silenziosa e quasi timida, efficace ma tutt'altro che debordante, che si piega e lascia spazio al carisma irrefrenabile e contagioso di due interpreti giustamente in lizza per il premio piu' prestigioso: ovvero quasi certamente (se c’e’ un po’ di giustizia in quel di Hollywood) i prossimi premi Oscar 2014 per il ruolo di protagonista e non protagonista maschili: vale a dire rispettivamente Matthew McConaughey e Jared Leto, meravigliosi ed incantevoli, tanto volgare e gretto l'uno come dolce e sensibile il secondo (un Jared Leto dall'occhio piu' bello e spalancato che mai, che risulta come uno dei pochi uomini al mondo in grado di figurare bellissimo, sensuale e per nulla caricaturale anche travestito da donna). Due attori in stato di grazia, sottoposti a metamorfosi fisiche certo estenuanti che tuttavia li premiano per credibilità e determinazione; due ruoli così diversi, antitetici, così a rischio di stereotipo, ma invece così convincenti e commoventi da risultare unici.

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