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The Zero Theorem

Regia di Terry Gilliam vedi scheda film

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La recensione su The Zero Theorem

di champagne1
7 stelle

In un mondo futuro dai caratteri decisamente retro, Qohen è un genio informatico che crede di essere due persone diverse, entrambe affette da misantropia e agorafobia, e che stenta a capire il significato della vita. Probabilmente il traguardo di tutte le esistenze è l'annullamento in una sorta di buco cosmico a cui anche lui sente di tendere. Il potente Direttore dell'azienda in cui lavora decide di dare a Qohen il tanto agognato permesso per lavorare da casa purché dimostri matematicamente la sua teoria sulla esistenza.

Qohen accetta con entusiasmo, ma presto si accorgerà della difficoltà di far quadrare i numeri, nonostante gli aiuti che a lui arriveranno - direttamente o indirettamente - da Bansley, una sensuale ragazza disposta a impegnative concessioni "virtuali", e da Bob, figlio del Direttore, geniaccio quanto lui col computer, ma affetto da tutte le debolezze dell'età adolescenziale...

Terry Gilliam è un artista visionario, che a ogni film consente agli spettatori di salire un gradino più in alto nella sua poetica, aumentando le certezze, ma anche i dubbi.

Qui ci presenta un personaggio eccentrico, al limite del disagio psichiatrico, che nel suo nihilismo cosmico rasenta l'assolutezza della fede; già il suo nome richiama il titolo di uno di dei libri della Bibbia Ebraica (l'Ecclesiaste, in ebraico Qohelet).

L'azione si svolge in una società distopica, controllata dal Big Brother, appesantita da questioni burocratiche, in cui le vite delle persone sono alienate dall'esecuzione di lavori tanto frenetici quanto senza senso: quindi un Brazil al quadrato.

In più le persone vivono vite tetre, dominate da lavori alienanti, senza uscita né significato.

La società intorno a Qohen è piena di periferie sporche, cieli grigi e comunicazioni personalizzate per lo più di prodotti commerciali, in un complesso estetico sopra le righe, per non dire kitsch.

Il set più tranquillo si svolge nella chiesa sconsacrata diventata dimora di Qohen, dove pure stride il contrasto nella compresenza di oggetti della fede e padelle sporche, o nei dipinti sacri alle pareti che vengono usati come lavagna per i calcoli matematici.

Il film è un continuo salto tra realtà, sogno e virtualità da cui emerge il ruolo dei nuovi media e la loro crescente presenza nella nostra vita, nonostante cui però l'individuo spesso non ha connessione vera con le cose della vita e svolge - in una forma di nuova alienazione evoluta (rispetto a quella dell'operaio nella seconda rivoluzione industriale), ma altrettanto angosciante - azioni di cui non comprende il significato complessivo.

Fino al finale a cui ogni spettatore darà la sua interpretazione.

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