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The Zero Theorem

Regia di Terry Gilliam vedi scheda film

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La recensione su The Zero Theorem

di AgentCooper
8 stelle

locandina

The Zero Theorem (2013): locandina

Cosa ci rende umani? Siamo davvero tutti strumenti nella mani di qualcuno più in alto di noi? Vale davvero la pena di goderci la vita se un giorno tutto finirà? Le gioie, i dolori, il buon cibo sono tutte cose superficiali? Queste sono tutte domande che il nostro protagonista Qohen si pone. La sua vita, la sua fede verso una precisa telefonata lo ha ridotto a praticare una sorta di non vita lontano da qualsiasi cosa. Non a caso il suo nome Qohen proviene dal libro della Qoelet contenente la celeberrima frase: "Vanità, tutto e vanità". Gilliam con questo film torna a cimentarsi con la fantascienza in un modo (e mondo) che ricorda molto quello di Brazil (a mio parere il suo capolavoro assoluto e uno dei capolavori cinematografici in generale). I colori che questo mondo propone sono molto accesi (tranne quelli del nostro protagonista che quando esce si veste sempre di nero) quasi confortanti ma che sotto questa patina di kitch si nasconde una società capitalista e distopica. L'ambiente che Gilliam mette in piedi è molto fedele alla fantascienza, un mondo si tecnologico ma ancorato al passato. Il nostro protagonista vive infatti (e lavora) in una sorta di chiesa antica posta al centro di una citta che fa dell'interconessione un principio di vita. "Non si può vivere senza essere connessi". Il protagonista (controcorrente)non ne vuole sapere nulla di tutto questo, preferisce la solitudine. 

Christoph Waltz

The Zero Theorem (2013): Christoph Waltz

Solitudine che lui tenta di ritrovare cercando di dimostrare il teorema dello zero da casa (e quindi da solo). Questo teorema (che gli è stato affidato dalla Direzione)sarebbe in grado di dimostrare l'inutilità della vita. Perchè dimostrare quindi un qualcosa che farebbe di te un essere pensante ma inutile? La risposta è sempre di carattere capitalistico, per soldi, ordinare il caos è un qualcosa che alla ManCom porterebbe numerosi quattrini. E Qohen, in quanto strumento è costretto a portare a termine questo sporco lavoro, non si chiede nemmeno cosa porti il teorema, tenta di risolverlo e basta. Pur di continuare il suo lavoro rinuncia a quelli che sono i suoi sogni in compagnia di Bainsley. La componente onirica è rappresentato come una spiaggia nella quale il tempo si è fermato. I colori caldi che avvolgono il protagonista sono dati da questo eterno tramonto. 

Melanie Thierry, Christoph Waltz

The Zero Theorem (2013): Melanie Thierry, Christoph Waltz

La realtà invece ci propone per il più delle volte una visione chiusa del mondo (quasi tutto il film è ambientato nella casa di Qoet). Se vogliamo azzardare possiamo definirla benissimo una prigione sia fisica che mentale dove il protagonista è costantemente osservato dalla direzione. Non a caso una delle telecamere di sorveglianza è posta al posto della testa di un Cristo crocefisso. In questo caso Gilliam muove una critica aspra verso la religione e il modo in cui l'uomo medio pretende di arrivare alla felicità (e cioè affidandosi costantemente ad un'altro). Qohen per aspirare a questo stato si affida ad una telefonata (anonima) mentre l'uomo dovrebbe aspirare alla felicità attraverso le proprie azioni e non quelle altrui. Pensare con la propria testa e non con quella di un programma (la psicologa). Il problema è che viviamo in una società dove la modalità di pensiero è comunitaria (soprattutto ora che si è interconessi 24 ore su 24). Non si deve sfigurare all'interno della società, ci si sottostima e di conseguenza si rinuncia a cose ritenute inutili (come gli affetti o la ricerca di qualcuno che ci stia accanto). 

Altro punto fondamentale è il caos che tante volte viene nominato nel film. Anche questa situazione caotica ci viene mostrata attraverso immagini (la spirale), movimenti di macchina (proprio all'inizio del film la macchina da presa esegue un movimento a spirale volto ad introdurre la figura del nostro protagonista) e ambiente. La casa/chiesa di Qohen è priva di qualsiasi ordine, igiene (ci vivono persino i topi). Anche la sceneggiatura è caotica, ricca di situazioni e personaggi al limite del grottesco ma è un caos comprensibile volto a descrivere una società anch'essa priva di un ordine preciso. Magistrale l'inquadratura davanti alla panchina dove Qohen si siede davanti ad un parco. La cosa è interessante è quello che c'è alle sue spalle: circa una trentina di divieti. In pratica sei costretto a vivere una vita fatta di rinunce volta a raggiungere una felicità effimera data dal denaro.

In definitiva The 0 Theorem riporta Gilliam alla fantascienza e lo fa con un film difficile, complesso, a tratti incomprensibile ma squisitamente pop. Certo in qualche frangente ci si può annoiare ma è impossibile restare indifferenti davanti ad un film di questa portata. Peccato che qui in Italia, nonostante la presentazione alla mostra del cinema di Venezia non sia stato distribuito.

 

 

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