Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
Terry Gilliam è un regista che certamente non lascia indifferenti. O lo si ama o lo si odia, in genere.
Io da anni appartengo alla prima categoria, per cui mi sento sempre un po' di parte nel giudicare i suoi film, in quanto affascinata da quell'immaginario fantastico, sempre presente dei lavori di Gilliam.
The Zero Theorem è un film senza dubbio contorto, quanto e forse anche più del precedente Parnassus, onirico e inquietante.
In un futuro distopico, in cui i rapporti umani sono stati annientati dalla tecnologia, Qohen Leth (il sempre straordinario Christoph Waltz) è un programmatore, solitario e mentalmente disturbato, ossessionato da una telefonata (che mai riceverà) che gli spiegherà il significato dell'esistenza.
Sarà proprio questa sua mistica devozione nei confronti della misteriosa telefonata, che in un certo qual modo lo rende un uomo di fede, a convincere Management, figura semi-divina che sembra avere il potere di controllare e decidere qualsiasi cosa, ad affidargli la dimostrazione del teorema Zero, in grado di cambiare definitivamente la concezione che l'uomo ha di se stesso e dell'universo.
Una pellicola disturbante, in cui a farla da padrone sono le ossessioni, le atmosfere cupe alternate ai colori sgargianti, l'incubo della realtà e il sogno tecnologico che si uniscono e si confondono tra loro inesorabilmente.
Alla fine del film capiamo che la vera morale della storia, se così si può chiamare e se davvero esiste, sta nel fatto che, tentando in tutti i modi di dare un senso all'esistenza (come nel caso di Qohen) o cercando di negarne il senso (Management), non facciamo altro che estraniarci dalla realtà e dagli affetti.
Film straordinario e intenso.
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