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I pugni in tasca

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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cazzeggiatore del millennio

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La recensione su I pugni in tasca

di cazzeggiatore del millennio
8 stelle

Vicenda intensa, profonda e dolorosa

Una famiglia e il rapporto particolare tra i vari componenti. Incredibile, una provocazione nella provocazione. Un ritratto di famiglia attraverso i suoi elementi più disfunzionali, in mostra vengono poste le difficoltà, le tensioni, gli intoppi che crea l’ambiente. Non è però il banale ritratto di una media famiglia borghese, bensì un gruppo di fratelli con ciascuno i propri difetti e le proprie caratteristiche, un gruppo però malato dove l’emblema di questa disgraziata situazione è la madre, depressa e malinconica. Gli atteggiamenti sono quelli dei ragazzini infantili eppure tutti hanno superato di gran lunga i vent’anni, età che, soprattutto nell’Italia anni ’60, è significato di maturità, un’età dove ci si prende la vita sulla spalle. Il fratello maggiore, l’unico apparentemente sano e su cui grava il peso dell’intera famiglia, chiarisce fin da subito il proprio distacco emotivo e pratico rispetto al resto dei familiari badandoli appena quanto, tutti insieme, si trovano in pubblico. Tutte le caratteristiche familiari sono dettagliatamente disegnate attraverso atteggiamenti, dialoghi, rapporti, eventi tipici familiari ma nel loro lato più sfiduciante, un rapporto dove tutti sono vicinissimi e si amano ma sono anche inesorabilmente destinati ad autodistruggersi. Emblematica è la reazione alla morte della vecchia madre. Con una precisione spiazzante sono messi in mostra i vari membri del gruppo: c’è Alessandro, disturbato ed incapace di controllarsi, gravemente affetto da attacchi epilettici; Giulia, apparentemente normale, è in realtà in un’eterna fase preadolescenziale; la triste madre cieca; l’indifeso ritardato mentale Leone e Augusto, l’unico normale, forse troppo, tanto da essere insignificante, smanioso d’integrarsi in una società e di mantenere la propria superiorità rispetto al resto della famiglia ad ogni costo. Alla fine, l’unico forse a capire veramente come risolvere questa triste situazione è Alessandro, schiacciato da un ambiente soffocante perfettamente rappresentato dalle strette mura della piccola villa. In ogni caso, malgrado il pesante soggetto, la trama prosegue veloce attraverso la bravura di Paola Pitagora, l’imponenza di Marino Masé e la spregiudicatezza di Lou Castel, vero e proprio trascinante protagonista in una cupa, avvincente e dissacrante trama.

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