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La vita di Adele

Regia di Abdellatif Kechiche vedi scheda film

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La recensione su La vita di Adele

di Dompi
8 stelle

Non privo di alcuni difetti, come l'eliminata tematica genitoriale prima brevemente introdotta e poi lasciata dietro le spalle, è il film più feticista di Kechiche che mostra l'altra faccia dell'amore tra due persone dello stesso sesso. Si nota infatti con quale morbosità Kechiche riprende  e fissa la sua macchina da presa sui primo piano della Adele omonima del film per trasformarla in ogni dettaglio, ogni sospiro e ogni abbronciatura nella "sua" Adele: una ragazza innamorata che cerca il suo posto all'interno di una società, come quella francese odierna. L'Adele di Kechiche è anche vorace, in continua tensione, si asciuga le lacrime, piange, ride, s'innamora, scopre il mondo, balla, cammina e mangia avidamente. E questi sono i momenti più sinceri e impressi che il film regala a chi si addentra nella visione, insieme all'interpretazione magica della Exarchopoulos e alle esplicite scene di amore che hanno suscitato grande scandalo.

E' anche un film estremamente realista nel suo intento, con dialoghi completamente intrisi di lettere, parole, grida, mugolii, gemiti e sussurri. Scandito in due atti, primo e secondo, in realtà composto dai molti momenti della vita della protagonista, alcuni saltati ad ellissi altri diretti con la dovuta attenzione e meticolosità da Kechiche con riprese di lunga durata. Si apre e si chiude con una ragazza che esce e ritorna a casa, la prima volta per recarsi a scuola, la seconda perchè incapace di accettare l'amore che è finito ormai da tempo. La vita di Adele è un percorso umano pieno di carne e lacrime che racchiude l'esistenza di ogni donna e uomo: quella di trovare nell'altro la propria immagine e un affetto incondizionato, facile ad assecondare ma difficile infine da trovare. E' quell'insostenibile leggerezza di cui ci parla Kundera, leggerezza che Kechiche ha l'abilità portentosa di mettere in scena, caricando però l'esistenza delle due protagoniste di un peso insostenibile.


E blu è il colore più caldo, non in senso assoluto ma individuale, per Adele, il colore della sua passione. Sono proprio i colori, come la stessa Adele con la propria sessualità, a mutare all'interno del film: dai rossi, arancioni e sfumature blueastre si passa nella seconda metà dell'opera a colori prevalentemente bluastri e neri ad evidenziare le turbe della giovane Adele che si ritrova nei propri spazi domestici a piangere e a combattere con i propri ricordi. Mentre il nero prevale nella notte e negli incontri mondani, Il colore blu, così importante da intitolare il film, ritorna alla fine come un ricordo di un'amore infranto, nel blu Adele vi si immerge completamente, prima fisicamente con Emma, poi metaforicamente cercando di riappropriarsene o semplicemente di goderne in tutte le sue sfumature. In antitesi riaffiora una memoria Kieslowskiana, quando Juliette Binoche s'immerge nella piscina dal colore blu, di notte non come Adele per ricordare, quanto per scacciare i suoi ricordi che non ha intenzione di assecondare e affrontare. Kieslowski la riprende di schiena, Kechiche ci offre un primo piano irradiato dal sole del mare su Adele: i capelli si spandono, c'è il rumore dell'acqua attorno, il momento più bello dell'opera Kechiche ce lo regala così.

 

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(A confronto "Blue is the warmest Colour" e "Film blue")

 

 

 

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