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The Happy Prince

Regia di Rupert Everett vedi scheda film

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La recensione su The Happy Prince

di maghella
7 stelle

Le vicende di Oscar Wilde negli ultimi 3 anni della sua vita. Anni successivi alla scarcerazione (avvenuta nel 1895) dovuta alla condanna per 2 anni di lavori forzati per la sua omosessualità.

Wilde esce di prigione provato nel fisico e nello spirito, sostenuto dai suoi amici di sempre, l'agente letterario Robbie Ross e l'attore Reggie Turner, che gli procurano una falsa identità per poter vivere sotto finte spoglie in Francia, al riparo dagli scandali. Wilde accetta questo suo nuovo destino da reietto, credendo in cuor suo che sia solo momentaneo, pieno di speranze per un riscatto morale e in una riconciliazione con la moglie Constance. La moglie, però, gli ha proibito di vedere i figli e concesso una rendita di 4 sterline a settimana a condizione che non incontri mai più il suo amante Boise, la causa di tutte le disavventure processuali.

Ma Oscar Wilde non può condannarsi ad una vita senza amore e ben presto cede alle sue fragilità decidendo di scappare a Napoli con il suo amante. Le cose precipitano, i due uomini non sanno sopravvivere alle ristrettezze economiche e si separano in malo modo.

Wilde si ritrova così a Parigi solo, povero e ammalato. In piena crisi depressiva non ha più scritto una parola, vendendo a poche sterline commedie che non scriverà mai.

La sua ironia, il suo essere dissacrante e sempre pungente lo rendono ancora una star nelle bettole di Parigi, dove riesce a vivere per qualche serata l'ebbrezza di “momenti purpurei” (così Wilde chiama gli amplessi che condivide con un giovane ambulante diventato il suo amante occasionale), ma la fine è vicina, complice l'aver mangiato una cozza avariata che complicherà le sue condizioni già molto precarie.

A legare le drammatiche vicende di Wilde è il racconto del Principe Felice, una favola per ragazzi che lo scrittore britannico scrisse nel 1888 e che inizia a raccontare ai suoi figli nelle prime immagini del film, quando ancora la prigionia per omosessualità appariva una ipotesi impossibile. Il racconto finisce sul letto di morte di Wilde, ed è uno dei momenti più toccanti di tutto il film, a riprova di quanto siano ancora potenti e di forte commozione le parole di questo grande artista.

Rupert Everett è Oscar Wilde, lo è nello spirito, nella somiglianza fisica, nella postura, nell'anima. Everett ha voluto fortemente questo film e lo dimostra essendo presente in ogni immagine, ma senza stancare mai con la sua presenza, complice anche un sapiente montaggio che ha permesso di seguire in modo agevole tutti gli spostamenti di Wilde dalla prigione, fino alla Francia per arrivare a Napoli e tornare a Parigi. Everett si circonda di un ottimo cast, costituito da persone fidate quali Colin Firth nell'amico Reggie, o come in Emily Watson per la moglie Costance, ma il vero e unico protagonista è Everett-Wilde. Everett si cala perfettamente nello spirito decadente di Wilde, condividendo con lui gli sporadici momenti di deliranti piaceri. Wilde è vittima e carnefice, cerca il perdono ma senza spogliarsi della sua natura. E' il ritratto di Dorian Gray, senza Dorian Gray.

Everett, nonostante sia alla sua prima regia, riesce a non dilungarsi su scontati primi piani, o su dialoghi semplicistici, ma rimane fedele alla natura dei personaggi, degli ambienti storici e soprattutto ai modi originali. Non risparmia su costumi e scenografie, che sono bellissimi e di grande effetto, si cimenta con sequenze non semplici ottenendo ottimi risultati.

Promuovo Everett regista, come attore mi ha rubato il cuore molti anni fa.

 

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