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Thor: The Dark World

Regia di Alan Taylor vedi scheda film

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M Valdemar

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Thor: The Dark World

di M Valdemar
6 stelle

In Loki we trust.

Il vorticare fulmineo degli scenari che si susseguono schizzati nello scontro finale tra il prode Thor e il malefico Malekith è una pensata vincente. Ma anche un pratico - nonché sintetico - e riuscitissimo esempio della filosofia Marvel al cinema, perché in pochi minuti sono condensati a pieno regime il respiro epico della battaglia risolutiva, lo sfoggio di effetti speciali, il senso (e il gusto) del pericolo, il coinvolgimento dell’amata, la varietà rigogliosa delle scenografie e - vero e proprio marchio di fabbrica - un’ironia che non conosce soste nemmeno nelle situazioni più delicate e critiche. Che nel caso si traduce nella presenza (di spirito) della stagista Darcy, la sola tra tutti che, con il suo approccio brioso, giocoso, mantiene un vero contatto con una realtà che si fa via via sempre più assurda. E capace di scoccare un megabacio al tizio “senza nome” che fino a poco prima apostrofava poco carinamente “stagista”: scena esilarante, proprio mentre il supereroe e la sua bella (e lo scienziato mezzo pazzo, Stellan Skarsgård, che fa le prove di seminudo prima di Nymphomaniac …) stanno lì a fronteggiare l’ennesima apocalisse.
Sequenza durante la quale è impossibile tirare il fiato: il ritmo è forsennato, la musica martellante -ovvero “mjolnirante” - e la progressione degli eventi gestita ottimamente.
Il resto corre su binari piuttosto convenzionali e standardizzati, trattandosi di un prodotto geneticamente (e strettamente) connesso alla sua fonte di origine (l’universo Marvel con i suoi microcosmi come riuniti in The Avengers), dalla quale non può che convergere.
Sebbene, e qui sta il valido punto di divergenza con gli altri vendicatori, Thor: The Dark World cavalca vigoroso l’epica fantasy, relegando le vicende terrene a mera (e solo in quanto “necessaria”) cornice. Così le atmosfere volgono al cupo - vedi anche il nerissimo villain della situazione - le ambientazioni appena è possibile inseguono il modello e il mondo “glaciale” de Il Trono di Spade (del quale il regista Alan Taylor ha diretto vari episodi) sfruttando i paesaggi “alieni” mozzafiato dell’Islanda, e si approfondiscono le dinamiche (familiari, relative al potere) del regno (non più) divino di Asgard.
In pratica, si è compiuta un’intelligente operazione, avendo mantenuto ed ampliato ciò che del primo episodio diretto da Kenneth Branagh funzionava. Il cambio di regia, da uno grande a uno normale, in fondo non conta molto, proprio per via della natura poco modificabile dell’opera.
Alcuni aspetti rimangono sostanzialmente privi di reale interesse, come ad esempio la storia d’amore tra Thor e Jane Foster, ed in ciò la presenza della di lui amica d’infanzia nonché cristallina aspirante del divin martello, la sexy guerriera Sif, poteva e doveva essere sfruttata decisamente meglio, mentre al contrario gli autori hanno preferito puntare su un paio di scialbi siparietti con un misero mortale. Poco di nuovo anche sul versante cattivo di puntata: il Malekith interpretato da Christopher Eccleston non eccelle, e ne ricorda parecchi altri, ma almeno assolve la sua funzione; e se poi si pensa a quello/i dell’ultimo Iron Man, c’è quasi da esultare.
Thor: The Dark World nel suo complesso si attesta quindi sui livelli codificati dell’iperproduttivo stabilimento marveliano, con tutte le cosine al posto (e al momento) giusto, secondo quella che è una ricetta d’infallibile efficacia, vedi una colonna sonora enfatica e uguale a moltissime altre della specie [guardando gli sfondi, veniva automatico pensare alla musica dei Grand Magus: sarebbe un abbinamento eccezionale], o anche l’irrinunciabile ricorso alle scene durante e dopo i titoli di coda. Nella prima viene introdotto quello che sarà un personaggio di Guardians of the Galaxy, film che sarà diretto dal discolo James Gunn); nella seconda, proprio in chiusura, Thor rientra sulla Terra per baciare la sua Jane (ché prima gli era stato impedito sul più bello dalla solita inopportuna Darcy).
Poi però, per fortuna che c’è quel fuoriclasse di Loki. Non stupisce affatto che sia stato osannato all’ultimo Comic-Con di San Diego. Personaggio fantastico, di cui si aspetta religiosamente l’entrata in scena e ci si annoia già un secondo dopo che ne è uscito, trova nell’interpretazione perfetta e sagacemente sopra le righe del magnifico e istrionico Tom Hiddleston una dimensione ideale sia per l’appassionato di fumetti sia per lo spettatore occasionale. Quando c’è lui, il valoroso - che fa rima con noioso - Thor svanisce, quando mostra sentimenti di rabbia e vendetta a seguito della morte della madre conquista ancora di più, quando scatena le sue magie e inizia a “doppiogiocare” lo porteresti in trionfo sulle tue spalle. E quando cambia sembianze per farsi beffe del fratello vestendo tra gli altri i panni (stretti) del coraggioso - che fa rima con noioso - Captain America (gustosissimo cameo di Chris Evans), prendendone bellamente in giro il suo essere così retorico, patriottico e buono, vorresti abbracciare lo schermo.
Semplicemente grande, e in perenne stato di grazia.
E fino alla fine: (non) lo credi defunto, per aver salvato la vita al biondo palestrato, e lui riappare sotto le mentite regali vesti di Odino, a benedire la rinuncia a regnare di Thor, e a lanciare un irresistibile ghigno di trionfo.
Ok, Loki, il trono è tuo!

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