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Calvario

Regia di John Michael McDonagh vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Calvario

di ethan
5 stelle

In un sonnolento paesino irlandese, di domenica, Padre Lavelle (Brendan Gleeson) riceve una sconvolgente confessione: un uomo gli dice che da bambino è stato più volte violentato da un prete, che ora è morto, e che tra una settimana ucciderà lui sulla spiaggia.

Inizia così 'Calvario', opera seconda, dopo l'ottimo esordio con 'The Guard', di John Michael McDonagh, con una straordinaria scena in piano-sequenza di tre minuti e mezzo circa, retta unicamente dal protagonista in primo piano che ascolta chi c'è al di là nel confessionale e controbatte senza scomporsi più di tanto nonostante tutto ciò che ha sentito: peccato che poi, fino all'altrettanto memorabile e scioccante scena che chiude il film, facciamo la conoscenza di una fauna umana, che popola la piccola comunità marina, tra le più volutamente e programmaticamente sgradevoli che si possa trovare in un film: figlie (Kelly Reilly) ex tossiche che arrivano da tentati suicidi, ricchi che hanno perso ogni interesse in tutto quello che fanno, giovani (Killian Scott) indecisi tra suicidarsi (tanto per cambiare...) o arruolarsi nell'esercito, cinici avventori di locali, uomini (Chris O'Dowd) che picchiano le proprie mogli (Veronica Brennan), comunque traditrici e ninfomani, colleghi sacerdoti pettegoli (David Wilmot) e superiori che pilatescamente se ne lavano le mani, chierichetti che già consumano alcool di nascosto, giovani assassini (Domnhall Gleeson) che chiedono di essere giustiziati; fa notizia, tra tanto marciume, l'unico altro personaggio per così dire positivo del film, l'anziano amico scrittore (M. Emmet Walsh) del prelato.

Tutto questo campionario di umanità alla deriva fa si che gli scottanti argomenti della pedofilia in un contesto religioso - trattato in maniera del tutto diversa nel più recente 'Spotlight' - ed i temi ad esso correlati, cioè peccato, colpa, redenzione, incapacità di un religioso di dare delle risposte oppure, ribaltando la cosa, incapacità del mondo circostante di ascoltare quello che la religione, o una in particolare, afferma e propone, passino in secondo piano e vengano irrimediabilmente banalizzati da una sequela di scenette fini a se stesse, basate su ''cinismo da quattro soldi'', come dice il parroco al suo assassino nel finale, anch'esso ben condotto dall'autore, con due carrelli laterali, uno verso destra, dove vediamo tutti i personaggi del film, e uno in senso contrario, con l'assassino in prigione a confronto con la figlia della sua vittima.

Altro punto debole dell'opera è il ritmo spesso soporifero, che trascina lo spettatore in un vero e proprio calvario, mentre ottimi sono lo sguardo sul paesaggio dove la vicenda è ambientata, mirabilmente fotografata dai caldi colori di Larry Smith e, come sempre, Brendan Gleeson.

Pellicola irrisolta.

Voto: 5,5.

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