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I segreti di Osage County

Regia di John Wells vedi scheda film

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La recensione su I segreti di Osage County

di OGM
6 stelle

Meryl Streep? Fa tutto lei. La sua interpretazione è la sola che unisca alla potenza espressiva la scrupolosa sensibilità del genio. Un film vuoto e dispersivo, un mare di parole intorno ad una saga familiare in disfacimento, le lascia il campo totalmente libero: ed è così che può spaziare dalla follia al melodramma, dal sarcasmo alla melanconia, senza che il racconto risenta dei suoi sbalzi di umore, o si lasci scuotere dalle contraddizioni della sua figura maledettamente sofferta. Un ambiente informe assorbe i colpi, ed il grido di Violet diventa l’unico suono che dia un senso di vita ed un’articolazione di umanità al paesaggio desolato delle pianure dell’Oklahoma arse dal sole, assetate dall’afa, popolate di spettri di padri, madri e sorelle separati da distanze incolmabili. Persino la trama si arrende ai loro annosi silenzi, alla loro incapacità di comunicare, e soggiace al loro imbarazzo di ritrovarsi insieme senza quasi riuscire a guardarsi negli occhi. Le tre figlie di Violet sono ormai, l’una per l’altra, perfette estranee che possono, tutt’al più, scambiarsi accuse e recriminazioni. Alle loro spalle hanno uomini inetti e invisibili, forti solo di una presunta virilità che si nutre degli smunti residui di una antica società patriarcale. Questi vorrebbero dirigere le danze, ma le donne si sottraggono al loro gioco, in maniera talvolta subdola, ma sempre efficace. Il declino di una tradizione si sposa con il fallimento della modernità, per creare un penoso disorientamento, che produce solitudine, diffidenza, desiderio di fuga e smania di trasgressione. Tuttavia, chi riesce ad andar lontano, finisce per smarrirsi, o sparire del tutto. Come Beverly, l’anziano capostipite dei Weston, che un giorno, inaspettatamente, si uccide annegandosi nel fiume. La sua uscita di scena scoperchia l’assurdità di un’appartenenza di cui si è dissolto il significato, perché i legami di sangue servono solo per dividere, per esaltare le differenze, per evidenziare paradossi. Si odiano coloro che si dovrebbero amare. Si amano, invece, coloro che dovrebbero evitarlo. Il gruppo, riunitosi suo malgrado in occasione di un funerale, fa da sgangherata cassa di risonanza agli errori commessi ed ai mancati pentimenti. È impossibile pensare al domani se il passato ha causato danni irreparabili, di cui tutti hanno un preciso sentore, pur non conoscendone le reali, devastanti proporzioni. Questo film langue e si contorce, nella sua fragile confezione di sfilacciata amarezza. Il disagio non arriva a maturare in angoscia. Ed acerba, perché disomogenea, rimane anche la sua anima tendente al surreale: indecisa tra il colore della caricatura (Karen) e il grigiore del minimalismo (Ivy), rinuncia ad armonizzare le tinte, ed abbandona la sua triste tavolozza ai piedi dell’unica, grande, incontrastata Sovrana della storia. 

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