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A proposito di Davis

Regia di Ethan Coen, Joel Coen vedi scheda film

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La recensione su A proposito di Davis

di Kurtisonic
6 stelle

I fratelli Coen vogliono indirizzare il loro cinema su di un terreno ancora più crepuscolare. In linea col precedente A serious man (2009), fanno defluire i loro personaggi dalle prime fila di una spettacolare anormalità, dalla cifra più marcatamente grottesca, ricercando nella quotidianità più anonima quei caratteri sorprendenti e incontrollabili che hanno usato per descrivere il sottobosco sociale americano. Una forte vena intimistica percorre A proposito di Davis, come una luce malinconica che non accenderà mai la storia, ma che attraverso le tracce musicali, le vere protagoniste del film, può toccare le corde dell’emozione o una distaccata consapevolezza a scapito delle immagini. Nel 1961 il Greenwich Village è l’epicentro culturale della musica e delle arti, un laboratorio di incontri, di idee, di sogni e di ribellioni. Llewyn Davis vorrebbe essere un artista, musicista folk, forse lo è già dentro di sé ma desidera emergere, vuole che un riflettore si accenda sulla sua musica attanagliata alla sua solitudine e alla lontananza dal mondo. La sua vita è insignificante, comune a tanti aspiranti artisti, come ogni personaggio “coeniano” è semplicemente sbagliata, quello che fa è inutile e non porta a niente che serva a realizzare i suoi propositi, anzi li compromette. Con un effetto luce che rimarca se non proprio lo stato d’animo del protagonista, ne esalta almeno l’inestricabilità emotiva, i Coen sovrappongono immagini di desolanti tentativi di alzare lo sguardo che nel caso di Davis resta preoccupatamente vuoto. Combinandosi con il linguaggio musicale sembra che vogliano dimostrare la teorica resistenza dell’arte a dispetto dei suoi interpreti, grandi o fasulli che siano, magari esseri umani disadattati, oppure autentici creativi, o semplici opportunisti e corrotti, secondo le regole di un gioco che nessuno capisce come è stato disposto. Fra divani dei conoscenti da sfruttare, ai ripari di fortuna, Davis ad un certo punto sale su di un auto con altri due personaggi dediti alla vita artistica tout court, di conseguenza all’isolamento, alla deriva e al fallimento. Proprio dall’automobile in movimento si rivede il paesaggio coeniano, fatto di strade senza fine, di stazioni di servizio con incontri tanto casuali quanto fondamentali per stravolgere una vita intera, il territorio stravolto e mortificato nei suoi panorami appiattiti perché “non è un paese per vecchi”. Davis invece cammina, vaga a piedi e in un paese tanto grande è scontato non andare in nessun posto, cercando invano di scorgere una luce, quella della musica, sempre accesa ma sempre più fioca  per capirne la sua essenza, il suo misterioso significato. 

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