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L'ultima ruota del carro

Regia di Giovanni Veronesi vedi scheda film

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La recensione su L'ultima ruota del carro

di alan smithee
6 stelle

Probabilmente ci fossero state solo "ultime ruote del carro" nell'ultimo cinquantennio di questo tormentato paese, in questa funestata e depredata repubblica,  non saremmo ridotti ai livelli in cui ci troviamo oggi: disoccupazione dilagante, forza lavoro considerata piu' un costo fisso da calmierare che una risorsa da avvalorare e stimolare,  precarieta', generalizzazione delle mansioni,  e, più in generale, debito pubblico alle stelle, politici e manager che portano a casa lo stipendio di cento, mille,  diecimila operai grazie a incarichi e posizioni di facciata che assicurano loro molti benefici e pochi oneri; tutto ciò nel contesto di un'Europa che ci guarda dall' alto al basso con un sentimento che assomiglia più alla commiserazione che all'indulgenza. Nel suo film più ambizioso e "politico" Giovanni Veronesi riesce, attraverso l'esperienza personale (e vera, liberamente ispirata da una vita reale come tante) del suo ostinatatamente-onesto-Ernesto (una bella guerra di sillabe che in qualche modo rende il nervosismo e l'isteria tenace del protagonista) a tratteggiare con una certa abilita' i tratti essenziali di un'Italia facilona, gretta e predisposta alla corruzione, che prediligeil guadagno facile senza sudore o "stridor di denti", di un paese che si rovina con le proprie mani, abbagliato dai riflessi seducenti del successo semplice e immediato, quasi senza fatica che gli imbonitori (politici o imprenditori che siano) ci hanno fatto mandar giu' e digerire annientando ogni nostro residuo di capacità critica o anche solo di osservazione,  impedendoci alla fine di riconoscere e delimitare quel confine oltre il quale e' inammissibile andare avanti. I nomi dei maghi della truffa sono noti, molto noti, e resi palesi da un film orgoglioso, scritto con efficacia da Chiti e Veronesi ancor meglio di come e' stato poi diretto dal solo Veronesi: il quale talvolta appiattisce e schematizza eccessivamente la complessita' della storia, tendendo a disgregarla in molti/troppi personaggi minori che straripano senza misura, rubando spazio ai protagonisti che meritano e creando situazioni tra il grottesco e l'ingenuo che stonano con la complessita' appropriata dello sfondo ottimamente delineato. Elio Germano, armato dell sua consueta recitazione isterica e nervosa, aggiunge con questo suo personaggio, tratto da una esperienza di vita vera in cui del resto ognuno di noi 40/50 enni puo' facilmente, almeno in parte rispecchiarsi, un tassello importante ad una carriera che lo sta portando ai vertici tra i protagonisti della nuova e giovane scena attoriale italiana.

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