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Nairobi Half Life

Regia di David 'Tosh' Gitonga vedi scheda film

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La recensione su Nairobi Half Life

di OGM
8 stelle

Per il giovane George Mwangi, detto Mwas, Nairobi è una città fatale. Nella fantasia è il paradiso dei suoi sogni artistici, ma nella realtà è l’inferno di un escalation criminale che potrebbe finire per ucciderlo. Arrivato nella capitale per realizzare la sua aspirazione di diventare un attore, il ragazzo sarà subito letteralmente travolto dalla violenza di un mondo senza regole, in cui vale la legge del più forte, del più scaltro, del più corrotto. La necessità di procurarsi denaro lo porterà ad associarsi ad una banda di ladri di pezzi di ricambio, che in seguito, dietro suo stesso suggerimento, effettuerà un salto di qualità passando ai furti d’auto a mano armata. Mwas diviene la vittima di un gioco tanto appassionante quanto sporco e pericoloso, in cui la posta cresce insieme al rischio e al livello di abiezione. A preannunciare quella perversa evoluzione è, all’inizio del film, una scena dal contenuto stomachevole, che calca la mano sulla raffigurazione dello schifo, sul senso della puzza  che toglie il fiato, sull’idea del viscidume che ti cattura mentre la nausea ti stringe la gola: una situazione di estremo disgusto che Mwas, non a caso, riuscirà a sciogliere in un canto  spensierato. Quel curioso sviluppo è un anticipazione del virtuoso equilibrismo con cui il protagonista dovrà gestire la sua doppia vita, divisa tra le prove di uno spettacolo teatrale e le sue imprese di delinquente, perseguitato dai rivali, braccato dalla polizia, immerso in un rivoltante pantano in cui non ci si può fidare di nessuno e  tutto si fa per denaro, compreso l’amore. Il film, scritto e diretto dal regista Tosh Gitonga, usa il contrasto tra quelle due esistenze contigue, eppure apparentemente inconciliabili, come rappresentazione di una società spaccata a metà,  brutalmente scissa in due universi a sé stanti: da un lato, l’isola felice di una minoranza di privilegiati, dall’altro  l’universo degli innumerevoli poveri, delle persone senza mezzi né speranze, nemmeno quella di essere prese in considerazione. Una commedia del celebre drammaturgo kenyota Francis D. Imbuga (improvvisamente scomparso nel novembre 2012), messa in scena dalla compagnia di cui Mwas è appena entrato a fare parte, offre lo spunto per riflettere sul fossato invisibile che, nel continente africano e non solo, separa due umanità, le quali, pur vivendo gomito a gomito, non comunicano e si incontrano solo quando l’indigenza dei molti allunga le mani per carpire la ricchezza dei pochi. Mwas si muove tra la luce e il buio, tra la solare normalità di una classe di abbienti che vive agiatamente secondo lo stile occidentale, e la sotterranea clandestinità dei diseredati, degli abitanti delle baracche, degli avanzi di galera, dei topi di fogna, che camminano in mezzo ai rifiuti, nutrendosi delle scorie della civiltà. E dire che la verità si trova proprio lì dentro, sepolta in quella fossa cupa e maleodorante, dove si sta stretti e manca l’aria, e quasi sempre non ci si capisce, nemmeno nella comune disgrazia. Il tesoro è celato in un buco. Un baule, posto sul palcoscenico, in cui il personaggio interpretato da Mwas a un tratto si deve nascondere, servirà da confessionale al vero Mwas, che, per un attimo, approfittando del fatto che l’attenzione del pubblico è rivolta altrove, potrà abbandonare la finzione per rivelare la propria angoscia segreta, mettendo a nudo il lato in ombra della propria identità: quella half life di cui non può parlare, ma da cui, purtroppo, dipende per intero il suo destino.

 

Nairobi Half Life ha rappresentato il Kenya agli Academy Awards 2013.

 

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