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Mai Stati Uniti

Regia di Carlo Vanzina vedi scheda film

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La recensione su Mai Stati Uniti

di scandoniano
2 stelle

Cinque persone vengono convocate da un notaio: qui, oltre a scoprire di essere fratelli, apprendono che se saranno disposti ad andare in Arizona e spargere le ceneri di loro padre riceveranno la cospicua eredità di quest’ultimo. Per quanto riluttanti, difronte ad una prospettiva così allettante i neo fratelli accettano di andare negli States…

I Vanzina tornano on the road negli Stati Uniti trent’anni dopo “Vacanze in America”. E rispetto al film dell’84 non sono cambiati i meccanismi con cui provano a far ridere, ma addirittura nemmeno le gag (si pensi alla voglia italiota di calcio o all’involontaria assunzione di droga da parte di uno dei protagonisti). Il prodotto è talmente becero (si ridacchia soltanto per la pena che si prova nei riguardi di chi ha pensato e confezionato questa colossale idiozia) al punto da pensare che il pene di Vernia che all’improvviso campeggia sullo schermo non sia la cosa più scabrosa del film. A conti fatti, sono più scabrose la scrittura e la qualità delle battute: gag di bassissima lega e “situazioni comiche” totalmente inverosimili sono il collante di una storia complessivamente tenuta insieme con lo sputo (il banale escamotage per cui sono costretti a viaggiare in auto ne è un esempio lampante). I personaggi sono tratteggiati benino, ma le interpretazioni sono ovviamente commisurate alla qualità degli interpreti (complessivamente bassa - nonostante ciò si ha la convinzione che in alcune scene gli attori siano irrazionalmente autorizzati a recitate a braccio, come si faceva coi grandi maestri della risata!). In tal senso, i migliori sono la Angiolini, a cui tocca un personaggio insopportabile e Salemme, che non brilla però per originalità, mentre Memphis al solito farfuglia le battute accompagnandole all’usuale espressione monocorde, Giovanni Vernia fa il fesso, ma non è una novità, scimmiottando (da copione?) Robert De Niro per un’ora e mezza e altrettanto prevedibile è il personaggio della Foglietta (che inscena un fastidioso, quasi urticante duetto coatto con Mattioli – attore che nei titoli di testa viene annoverato come “partecipazione straordinaria”, per togliere qualsiasi dubbio residuo sulla qualità dell’operazione).

Ma si sa, nessuna torta, per quanto nella fattispecie al gusto di sterco, è completa senza ciliegina finale: il film si chiude con un momento di attrito (quello che solitamente crea il pathos che rende ancor più appagante l’happy end) della durate di 25 secondi netti, prosegue con un prevedibile colpo di scena a cui i protagonisti reagiscono banalmente buttandola in rissa e si conclude ribadendo, per chi non l’avesse ancora capito, il concetto che Vernia imita De Niro (male tra l’altro).

Un film inqualificabile, il cui tempo di visione può considerarsi un atto di puro autolesionismo.

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