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Una famiglia perfetta

Regia di Paolo Genovese vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Una famiglia perfetta

di Kurtisonic
4 stelle

Quando escono in sala film di questo tipo, che sono parte integrante di una produzione cinematografica nazionale assai corposa, c'è da chiedersi se il genere o il singolo percorso di un regista sia avviato verso una certa maturazione visto che la riproposizione  a lungo termine di certi temi indurrebbe ad intravederne una eventuale crescita che ne rinvia l'estinzione. Una famiglia perfetta di P.Genovese, remake dello spagnolo Familia (1996), avrebbe qualche carta da giocare per differenziarsi un poco dagli stessi schemi che non volendo definire ideologici, inevitabilmente ci appaiono alla fine consolatori e del tutto tranquillizzanti in linea con una cultura che considera il cinema solo come fonte di svago e di disimpegno. Crisi, del singolo, di coppia, della società, del cinema, famiglia disfunzionale, fallita o mai nata, ultimo baluardo per difendersi dal caos e chiusura totale verso l'esterno, la famiglia perfetta potrebbe costituire la salvezza estrema, l'arca sentimentale in cui farsi cullare da un tempo sospeso e senza fine. Il problema sta nella sua costruzione che dovrà necessariamente  essere originale e a misura del suo artefice ( come poteva esserlo quella del patriarca di Kinodontas, per mirare decisamente troppo in alto..)  o almeno nella scelta di un linguaggio stilistico che anche rifacendosi ai canoni della commedia leggera non dovrebbe esimersi dall'esternare un suo potenziale drammatico espresso più o meno dichiaratamente dal film. Tutta la curiosità è insita nella trama, il ricco e solitario Leone per la notte di Natale assume un cast di attori nei panni dei suoi famigliari con cui trascorrerà la liturgia dell'attesa della festa. Il film si divide fra le poche riflessioni dell'organizzatore che fa i conti con quei ruoli affettivi con cui non si è mai relazionato nella vita, e le riflessioni metacinematografiche e non, degli attori, legati fra di loro anche da rapporti sentimentali e di amicizia. Curiosamente uscito nell'ottima annata 2012, in parallelo ad un’ altra pellicola dove la prova d'attore si misura in un’incursione con corpo e anima nella vita altrui, e mi riferisco a Holy motors di Carax,  non solo si tratterebbe di accostare film imparagonabili, ma soprattutto di accomunare contenuti che obiettivamente mirano a risultati diametralmente opposti. Nel lavoro di Genovese salta all'occhio una composizione famigliare quasi eccessiva, utile a creare quella comunità ridondante entro la quale ognuno può riconoscersi e pacatamente ricongiungersi al proprio punto di vista senza che venga minimamente scalfito, senza un sussulto che ne scombini la morale e la prevedibilità. Battute, qualche gustosa risata, ritmo discreto, ma Genovese avrebbe potuto giocarsi buona parte della convenzionalità con Leone, interpretato con  consueto professionismo da S. Castellitto, che proprio grazie alla sua figura consolidata all'interno del panorama nostrano potrebbe rischiare di metterla in discussione con maggior cattiveria e perfidia. L'inizio della storia nella quale chiede cinicamente di sostituire un baby attore che impersonerebbe suo figlio resterà purtroppo un episodio isolato. Vincono i buoni sentimenti, come sempre, tutti relegati nella norma del ruolo lavorativo e della vita quotidiana. Rifacendosi proprio a quella tradizione dell'era mitologica della commedia, pur scovando una traccia stimolante ed attualizzata, il film rinuncia a  pungolarne gli aspetti più contraddittori e modernizzatori, evitando di portare avanti una sua linea più definita, originale, provocatoria. Al solito, ci si tuffa nella serialità, e la  sceneggiatura anziché proporre qualcosa di nuovo e  di diverso, ricade nel suo sviluppo verso la stabilità perbenista, nella regolarizzazione già vista e digerita in dosi massicce. Basta prendere uno a caso dei personaggi, da Leone con i suoi languori solitari, alla moglie in pectore Carmen combattuta nei sentimenti verso la sua vera storia d'amore, la squadra strategicamente diversificata dei figli, alla nonna ultimo baluardo di dignità umana, per finire con l'amante casuale, la più improponibile. Eppure gli spunti di riflessione non sarebbero mancati ma lo script non ammette sterzate fuori pista, le scene pilotate a comando sono proprio quelle che ci si aspetta. L'arte serve per non morire di verità (Nietzsche) ma in questo caso la verità si riduce a davvero poca roba, e dopo Immaturi 1 e 2, o La banda dei babbi natale, sarebbe legittimo aspettarsi una svolta anche dal creatore, cioè il regista, mentre invece le risatine si strozzano sempre più e diventano imbarazzanti. E chissà che, la nuova tradizione invece  dettata dal mezzo televisivo che ha l'esigenza di ripetere all'infinito i suoi modelli e i suoi rituali, uguale peraltro a questo tipo di cinema, come impone ad ogni ferragosto  il più onesto Ferie d'agosto di Virzi, ci propinerà nella notte di Natale Una famiglia perfetta? Esempio di una occasione mancata, quella di non essere andati alla messa di mezzanotte..

 

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