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Appuntamento al buio

Regia di Blake Edwards vedi scheda film

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La recensione su Appuntamento al buio

di Ghenesios
7 stelle

< A parte il solito castorino e alcuni articoli sparsi qua e là (Ghezzi onnipresente), di Blake Edwards si trova davvero poco. Forse è ancora troppo presto per leggere serie e approfondite retrospettive, perché la sua opera è divenuta chiave nella comprensione del percorso storico del cinema più per i nostri contemporanei che per i suoi. Edwards è uno di quelli che si colloca a metà, tra i registi “classici” morti prima del 1968 – l’anno zero a livello politico, sociale e culturale – e i membri della New Hollywood, movimento che (come laNouvelle Vague) ha influenzato il cinema più per i figli generati (ScorseseCoppola ecc) che per la “rivoluzione” di cui si faceva portatore. Proprio la sua difficile collocazione, unita al suo eclettismo e alla predilezione per il mescolamento dei generi, lo ha portato a scontrarsi con lo snobismo di una critica miope (allora come ora), produzioni che tendevano a soggiogare e imporre (allora come ora) e la poca attenzione del pubblico che, oltre a guardare spesso opere girate da Edwards ma tagliate e montate a sua insaputa, preferiva film dalla più facile identificazione. Esso – il pubblico – , si sa, vuole avere il controllo, sapere ciò che sta guardando, etichettare con la maggiore precisione possibile, cosa che con William Blake Crump (suo nome all’anagrafe) risulta improponibile: c’era chi rimaneva chiuso nel suo pregiudizio, continuando a ritenerlo autore di commedie “popolari” (come se fosse negativo) e c’era chi riusciva a cogliere lo slapstick unito, con così tale naturalezza, ad elementi da sophisticated comedy, ma ne rimaneva stranito, turbat0. Non è stato il primo a farlo, ma come già detto è cascato probabilmente in un’epoca sbagliata, troppo giovane per riuscire a far apprezzare i rimandi a Lubitsch, troppo vecchio per cogliere l’attenzione del pubblico post-Vietnam, quello che sarà intrappolato nella piacevole prolissità del grande Allen. È un discorso di massima ovviamente, che però, a ben guardare, non ha avuto molte eccezioni nella sua filmografia (Colazione da Tiffany, La Pantera Rosa), ed è un discorso che non cerca di assolvere il regista in toto, colpevole forse di non essere riuscito appieno ad adeguarsi ai nuovi temi, alla nuova retorica, ai nuovi problemi. >

 

Appuntamento al buio fornisce così il pretesto per avvicinarsi al suo cinema, perché dentro si riesce a cogliere già buona parte della sua poetica, sebbene egli si sia sempre divincolato da qualsiasi accezione “autoriale”; ne prendiamo atto ma sappiamo quanto gli artisti tendano all’iperbole quando parlano di sé stessi, da un verso o dall’altro: talvolta ingigantiscono, in altre occasioni denigrano eccessivamente, in ogni caso difficilmente potremmo trovare piena oggettività. In Blind Date (titolo inglese), dicevamo, si scopre un ritorno alle origini, al cinema precedente la svolta drammatica post Colazione da Tiffany, un ritorno all’happy end. Sfrutta una struttura classica per la commedia (il giovane che si innamora di una ragazza e che trova impedimento in un rivale, finché la svolta alla trama porta infine alla conciliazione), ma la adatta al suo stile: l’amore verso personaggi (positivi) che appaiono fuori luogo e inadeguati, gli esclusi, i perdenti, contrapposti ai personaggi (negativi) che rappresentano il simbolo di una monotona società precostruita; la follia come forza che libera dalle catene sociali, crea una via d’uscita dalla tragedia attraverso la farsa; la disperazione che aleggia anche intorno ai momenti più comici e irriverenti; l’happy end, già citato, che non riporta a un equilibrio (come spesso accade in una commedia) in quanto visto come neo della vita e falso approdo, ma a un disequilibrio che si fa portatore di una nuova vita, più folle e più vera. Può essere quindi un inizio, un buon punto di partenza, per riscoprire un’opera che non è solo Sellers e Hepburn, una filmografia estremamente variegata, con qualche basso, ma con la sensazione che la mano dietro allo spettacolo sia sempre la stessa, anche nei momenti più bui, anche quando era costretto a subentrare e finire un lavoro non suo, anche quando veniva allontanato dal set, perché in costante guerra contro chi cercava di imporgli scelte con l’unico e solo obiettivo di monetizzare il più possibile.

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