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Frances Ha

Regia di Noah Baumbach vedi scheda film

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La recensione su Frances Ha

di spopola
8 stelle

Commedia agro-dolce sul senso della vita, Frances Ha è un altro bellissimo esempio dello speciale talento di un regista profondamente “cinefilo” come Noah Baumbach che – come ho già scritto in altra occasione precedente – ha molti numi tutelari alle spalle (da Woody Allen a John Cassavetes, tanto per intenderci) dai quali riesce a trarre una feconda e intelligente ispirazione rimanendo comunque autonomo e personale nel risultato, forte di un’originalità davvero molto stimolante e inusuale.

Nomi che giustamente “aleggiano” anche su questa deliziosa pellicola (giunta con colpevole ritardo sui nostri schermi e ancor peggio distribuita nelle nostre sale nonostante i lusinghieri consensi ricevuti nelle manifestazioni cinematografiche internazionali quali il Sundance, la Berlinale e la rassegna di Toronto alle quali ha partecipato) che si conferma come un curioso, splendido ritratto di una giovane donna undateable[1] come la definisce il suo amico Benji.

 

Greta Gerwig

Frances Ha (2012): Greta Gerwig

 

Un’opera buffa e malinconica allo stesso tempo insomma girata con arguzia e ironia in un appropriato bianco e nero e utilizzando spesso un’audace, sinuosa camera a mano che segue ed accarezza la sua protagonista, una ragazza che possiede sul mondo un punto di vista curioso e non convenzionale, per la quale i riferimenti potrebbero essere molto più ampi e includere persino qualcosa che rimanda al primo Godard, a Truffaut - soprattutto quello di Jules et Jim – e, con qualche piccolo azzardo, addirittura a Rohmer.

Il regista ha infatti confezionato una pellicola disincantata e schietta che presenta davvero più di un valido motivo per essere “gustata” con gli occhi e con il cuore da ogni spettatore che ha un briciolo di sensibilità e sa stare al gioco, proprio per la capacità che ha di mettere in scena l’umana imperfezione e di trasmettere emozioni, oltre che per l’attenzione tutta speciale con cui riesce a raccontare i caotici smarrimenti di un’anima che naviga nel fascinoso limbo delle situazioni non risolte (e difficilmente risolvibili).

Motivi che si potrebbero sintetizzare nell’inappuntabile recitazione di tutta la compagine, nella splendida fotografia (di Sam Levy) capace di conferire la necessaria prospettiva romanticamente atemporale al racconto, nella travolgente colonna musicale (vedi, fra le tante, la sequenza della corsa di Frances sulle note di Modern Love di Bowie con la cinepresa che la riprende e mostra a debita distanza e che senza nulla aggiungere, riesce da sola ad esprime tutta l’energia e la positività della ragazza, la sua fanciullesca – ma tutt’altro che infantile - infatuazione per le cose, oltre alla sua esuberante disponibilità spesso frustrata dagli eventi), nella scrittura perfetta di una sceneggiatura che non fa una grinza e nel linguaggio che, pur parlando al presente, è intriso e si mantiene sui toni di un affascinante surrealismo fuori dal tempo che a volte sembra appartenere al mondo delle favole. Un cinema insomma che con ritmo, eleganza, senso di equilibrio, lucida attenzione al dettaglio e una forte dose di empatia, disegna con intima partecipazione, una realtà anche sociale in uno specifico contesto che è quello della Grande Mela, in cui l’emozionalità ha un peso preponderante.

 

Greta Gerwig

Frances Ha (2012): Greta Gerwig

 

A fare la differenza, nel film c’è soprattutto la presenza carismatica di Greta Gerwing che si offre all'obiettivo di Noah Baumbach davvero “corpo e anima” (avevo visto giusto quando qualche anno fa parlando de Lo stravagante mondo di Greenberg che me l’aveva fatta scoprire sempre diretta da Baumbach e in un personaggio un po’ più marginale di questo ma altrettanto “strampalato” dai sogni ben più vaghi e imprecisi della nostra Frances, l’avevo definita “duttile, intensa, naturalissima e strabiliante, insomma una piacevolissima scoperta da tenere bene a mente per il futuro”): chi avrà la possibilità di vederla recitare anche in The Humbling di Barry Levinson recentemente passato da Venezia, dove tiene magnificamente testa al grande Al Pacino in un ruolo molto diverso, ma ugualmente sorprendente rispetto alle due prove fornite con Baumbach, potrà comprendere appieno il mio entusiasmo nei suoi confronti.

La nostra Francis/Greta (difficile davvero scindere il personaggio dall’interprete), è una donna che sa quel che vuole (e che purtroppo non possiede e forse non potrà mai avere) ma non per questo perde la fiducia o smette di lottare. Dopo quello propostoci con Greenberg, il regista tratteggia dunque un nuovo palpitante ritratto dell’inadeguatezza – questa volta virato al femminile – ma senza le asperità e la disperazione del personaggio incarnato da Stiller nella sua precedente opera: qui il suo sguardo è più morbido (se vogliamo, anche più giocoso e solare) ma non per questo meno penetrante.

Come ben sappiamo, ci sono opere che devono una grandissima parte del proprio positivo risultato al felice connubio fra regista, sceneggiatore e interprete: la pellicola di Baumbach è proprio uno di questi casi, con il non indifferente valore aggiunto del fatto che Greta Gerwing è autrice anche – in tandem col regista – della sceneggiatura, ed ha di conseguenza avuto l’opportunità e il peso per travasare dentro tutta la sua “verità” su questa insolita figura di ragazza “fuori schema” interpretata poi con un’adesione totale e il filtro di uno sguardo tanto curioso quanto affettuoso.

 

Greta Gerwig

Frances Ha (2012): Greta Gerwig

 

Non è difficile (ma nemmeno troppo semplice) raccontare la storia di Frances Ha che – ribadisco – vive e si nutre di una mattatrice straordinaria come la Gerwing: Frances è una ragazza di 27 anni che abita a New York e aspira a diventare una danzatrice affermata (o quantomeno di carriera), anche se l’età ormai fatalmente incombe.

Pur non mostrando un particolare, spiccatissimo talento (la sua alta statura non le concede certamente una adeguata armonia delle forme) la danza è realmente tutto per lei, che frequenta da stagista una famosa scuola, con la speranza (senza troppo successo) di poter entrare prima o poi come componente stabile nella compagine dei ballerini della troupe.

Nel frattempo si arrabatta facendo mille lavoretti come quello di insegnare il ballo ai bambini per guadagnare i soldi che le permettono di condividere l’appartamento con una amica/sorella d’elezione, da cui però deve dividersi quando questa troverà l’amore e deciderà di conseguenza di trasferirsi altrove.

A questo punto Frances (che per non separarsi dall’amica ha rinunciato persino al fidanzato) è costretta a trovare altre sistemazioni (che non sono mai quelle definitive) ma inizierà anche a riflettere sul senso della propria vita più che di adulta, di adolescente invecchiata che sembra non sapersi adeguare alla maturità che incombe.

Il problema è che vive in un mondo tutto suo, dal quale però sarà costretta ad uscire progressivamente per fare i conti con le difficoltà dell’esistenza (e le bastonate sono tante) attraverso un percorso formativo fatto di poche soddisfazioni, molti intoppi e altrettante delusioni che non le farà però mai perdere la sua positività, nonostante i comportamenti spesso poco sensibili delle figure che incrocia e con le quali si rapporta.

Uscire viva da se stessa, non sarà facile impresa, ma Frances ce la farà (in un finale agro dolce che ben conclude la sua parabola formativa alla vita).

Semplificando, si potrebbe dire che Frances è refrattaria a crescere e a guardare oltre. Si muove infatti assecondando alla lettera soltanto i suoi sogni (e i suoi bisogni) senza deragliare di un centimetro (la sua permanenza “ad ogni costo e contro ogni logica” nella compagnia di ballo, la preferenza a convivere con l’amica piuttosto che con il proprio boyfriend) anche quando gli altri non la corrispondono. Evita insomma di imboccare strade che non le si confanno ma all’occorrenza è capace di prendere anche improvvise, coraggiose decisioni (la breve trasferta a Parigi per esempio). Comunque sempre fedele a se stessa e alle sue convinzioni anche quando saranno fonte di nuovi dispiaceri, è una passeggera sempre in movimento in costante viaggio da un appartamento da dividere all'altro che vive la sua vita propositivamente e senza pigrizia supplendo da sola alle sue stesse smaccate goffaggini (che sono poi quelle che la rendono particolarmente simpatica).

 

Adam Driver, Greta Gerwig

Frances Ha (2012): Adam Driver, Greta Gerwig

 

Ritratto (anche crudele, se vogliamo ma molto veritiero) di una ambiziosa ragazza dei nostri giorni (ma che potrebbe appartenere a qualsiasi epoca) che deve fare i conti con aspirazioni smisurate e poche risorse economiche a disposizione, Frances Ha ci parla di una donna che non ha il talento necessario per coronare davvero il suo sogno di danzare, né tantomeno possiede il potere di impedire alla sua migliore amica di innamorarsi e di lasciarla sola, ed è un film che non ha una scansione temporale ma spaziale (come giustamente ha scritto Luca Pacilio) in cui ogni stazione ha i suoi personaggi, la sua aneddotica, le sue logiche e i suoi ritorni, e gli eventi hanno un flusso continuo in cui la trasferta a Parigi (…) è una tappa decisiva perché, semplicemente, non vi accade nulla, tristissimo emblema di un destino che non corrisponde mai alle aspettative.
Per concludere, si potrebbe dire allora che la pellicola più che raccontare una storia vera e propria, si presenta come un viaggio a tappe, in una specie di odissea dove gli approdi sono le case in cui di volta in volta Frances si trova costretta a traslocare, fino all’approdo finale alla sua Itaca (finalmente una casa tutta sua e il suo nome pur se “incompiuto” per mancanza di spazio - Frances Ha solamente - esposto con compiaciuta fierezza sul campanello, forse capace di dare finalmente il giusto senso alla sua esistenza).

 

Greta Gerwig, Mickey Sumner

Frances Ha (2012): Greta Gerwig, Mickey Sumner

 

Della strabiliante prova fornita dalla Gerwing credo di aver già detto tutto quello che potevo dire per mettere in evidenza la sua incommensurabile bravura, dentro a un cast particolarmente azzeccato dove troviamo a farle da contorno, l’occhialuta e un po’ spigolosa Sophie di Mickey Summer, molto più disposta al compromesso, molto più terrorizzata dalla prospettiva dell’emarginazione (poiché di questo stiamo parlando) e molto più incline a scendere a patti con i vincoli e gli opportunismi imposti dalla realtà di tutti i giorni, il Benji di Michael Zegener che per un po’ diventa il surrogato dell’amica che ha scelto l’amore (o quello che ha considerato tale), l’ottimo Adam Driver fresco vincitore a Venezia della Coppa Volpi per la migliore interpretazioni maschile in Hungry Hearts di Saverio Costanzo (Lev, il ragazzo che non è ancora pronto ad impegnarsi), e ancora Michael Esper , Charlotte d’Ambroise, Patrick Heusinger e Grace Gummer (che come ben sappiamo è la figlia di Meryl Sreep).

locandina

Frances Ha (2012): locandina

 

[1] Termine tradotto in italiano non proprio letterariamente in “infrequentabile” che non è esattamente quello oiù sfaccettato dell’originale, ma che rendo comunque abbastanza bene l’idea.

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