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La città ideale

Regia di Luigi Lo Cascio vedi scheda film

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La recensione su La città ideale

di FilmTv Rivista
8 stelle

Michele abita a Siena, dove lavora come architetto e conduce una vita a impatto zero. Significa no auto, no energia elettrica se non autoalimentata da una cyclette con dinamo, no acqua corrente. La differenziata come filosofia esistenziale, imposta anche ai colleghi di lavoro che ormai lo mandano platealmente a quel paese. Una sera di tempesta, mentre viaggia con l’auto ibrida presa in prestito, scorge la “carcassa” di un uomo sul ciglio della strada, e da quel momento cominciano i suoi guai. L’avrà investito lui, si chiede la polizia? Esordio dietro la macchina da presa del protagonista Luigi Lo Cascio, prodotto da Angelo Barbagallo, La città ideale è una boccata d’aria fresca nell’asfittico panorama del cinema italiano. Talmente contemporaneo da avere anticipato paradossalmente la realtà, perché arroccata nella sua perfetta idealità è una città come Siena, nel frattempo precipitata in uno scandalo bancario che non sta facendo prigionieri. Michele, palermitano, è meticoloso fino alla maniacalità, smussa le asprezze di una vita che non vuole imprevedibile, perfino l’accento siciliano ha edulcorato (molto bello il dialogo con il poliziotto “paesano”) annullandolo in una cadenza neutra ed ecocompatibile. Come Pinocchio davanti al giudice affronta con animo puro un pubblico ministero da racconto kafkiano (mirabile interpretazione di Alfonso Santagata), riceve la visita di sua madre (Alda Burruano, mamma di Lo Cascio anche nella realtà, nonché sorella di Luigi Maria Burruano) e torna nel ventre molle di Palermo per il confronto definitivo con l’azzeccagarbugli che risolve problemi (Luigi Maria Burruano, appunto). Sullo sfondo, le macerie di un Paese che di sotterfugi e scorciatoie non può fare a meno, schiavo della burocrazia e del cupio dissolvi. Il registro scelto da Lo Cascio, autore anche del soggetto, è quello grottesco, a tratti onirico, fortemente simbolico, come è forse tendenza di certo cinema italico di qualità oggi (pensiamo a È stato il figlio di Daniele Ciprì, altro esordio recente). E sfilano tratteggiate in modo convincente le maschere di una ormai distorta commedia dell’arte, la nostra: i giudici e i gendarmi, le fate salvifiche, le madri divoranti e i figli ingenui che diventa sempre più complicato definire “innocenti”.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 15 del 2013

Autore: Mauro Gervasini

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