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Via Castellana Bandiera

Regia di Emma Dante vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Via Castellana Bandiera

di pgm
7 stelle

C'era una volta in Sicilia. C'era una volta una periferia, alle pendici di una montagna. C'era una volta una strada, stretta, dal senso di marcia ignoto o dimenticato. C'era una volta una donna, e ce n'era un'altra. Finché non si incontrarono, fronteggiarono, scontrarono, in quella strada stretta dal senso di marcia ignoto, in quella zona di periferia, in quella regione che è un mondo a parte. Il debutto cinematografico di Emma Dante, anche coprotagonista del film, è curioso, racchiuso nella ristrettezza della via del titolo così come nei mondi a compartimenti stagni dei suoi personaggi, psicologicamente e geograficamente stanziali  assai simili a vicoli ciechi, con passati sepolti - letteralmente o di fatto - e un futuro che altro non è se non un grosso punto interrogativo. E proprio come compartimenti stagni sono i loro caratteri, delle due donne come della moltitudine di uomini e altre donne che finiscono per gravitare loro intorno, mossi da un intento utilitaristico, prettamente materiale (leggi: la scommessa circa chi resisterà più a lungo in auto prima di scostarsi) che, sul piano morale, suona come una condanna, seppure non venga affrontato come tale. Sì, personaggi maledettamente reali in una terra realmente maledetta, in cui tutto pare lecito e possibile, dove possono esistere due numeri civici uguali e nessun senso di marcia, dove i conti vanno regolati a colpi di doppietta e il sole, ignorante, brucia corpi e tetti, doandno immutabilità e poco altro. Un affresco che ricorda altre periferie raccontate dal cinema italiano e mai in senso positivo (sovvengono, tra gli altri, gli esempi di Brutti, sporchi e cattivi, di Accattone, più recentemente potrebbe sovvenire Bellas Mariposas), ammiccante al western, sfiorato, evocato dal "duello" della giovane contro la vecchia (un "western" siciliano: dice nulla In nome della legge ?), periferie dalle quali emergono realtà dissestate, prive di sbocchi, condannate a ripetere eternamente se stesse e contemplare il proprio eterno ritorno. E, in certo senso, di contemplazione potremmo parlare anche per Via Castellana Bandiera in quanto film, contemplazione vera o soltanto suggerita della morte, in verità attesa della stessa, che pare aleggiare per tutta la durata e assumere forme diverse, talora metaforiche, talora sibilate, sino a manifestarsi in quel finale quasi onirico, ambivalente, affettato, di follia collettiva e popolare che, in qualche modo, contrasta eppure pare ricongiungersi con l'incipit, con quell'unica tomba occupata tra tante vuote e con quel mare placido battuto da volti segnati e sconosciuti, come se quanto v'è in mezzo sia stato unicamente un sogno, un'enorme ellissi o un maledetto imbroglio.

Promosso, senza dubbio.

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