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Il pistolero dell'Ave Maria

Regia di Ferdinando Baldi vedi scheda film

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La recensione su Il pistolero dell'Ave Maria

di scapigliato
8 stelle

L’Orestea di Sofocle viene ripresa in parte, sia da regista che da sceneggiatore (un Vincenzo Cerami che avrebbe sviluppato ulteriormente gli aspetti intellettuali della tragedia), per portare nel lontano west una storia di amore, passione e vendetta. Straordinario su tutti è Piero Lulli, che come al solito non è il cattivo principale e dobbiamo salutarlo prima del gran finale, ma nonostante questo è lui che giganteggia in tutta la pellicola. Le sue apparizioni, diluite per tutto il film, sono meschine, violente, sadiche, e i suoi occhi incastrati in quel viso di pietra riescono a rendere un cattivo straordinario, com’era straordinario l’attore stesso. Credo con tutta sincerità che il volto più bello del cinema western italiano, dopo Clint Eastwood e Klaus Kinski sia proprio Piero Lulli. Sicuramente nelle fila dei villain è colui che con Kinski, Mitchell e Sancho è entrato maggiormente nell’immaginario. Ma se Fernando Sancho è a tratti anche grottesco, Kinski e Lulli sono irraggiungibilmente sinistri, deviati, violenti: cattivi.
Il film è comunque più melodramma che puro western. Troppe sono le scene e le situazioni che si sviluppano nell’encomienda di Carrasco, o nel poblado di Oxaca, ambientato a Tembleque a 80 Km a sud di Madrid, invece che nel deserto spietato o in un paesino di desperados. Ma nonostante questo chiaro indirizzo di tutto il film, i momenti ariosi e solari, in qui respiriamo l’odore del paesaggio west più ostile, che è poi quello affascinante dell’Amerìa, sono straordinari, e giocano con colori caldi naturali, e con un’iconografia tipica, ma non banalizzata e posticcia. L’inizio, sulla rambla di Tabernas, è una goduria per gli occhi. Paesaggio scarno, pochi personaggi, sporchi e disperati. Anche il viaggio che i due amici, Sebastian e Rafaél, fanno per arrivare a Oxaca è costellato da alcuni topoi dell’on the road western, come la pausa lungo il fiume, la posada con incontro pericoloso, l’arrivo ad Oxaca come ospiti indesiderati, l’incontro tra fratelli lontani da anni, e tutto il resto.
Parte intergrante del acierto del film, ovvero il suo successo, la sua riuscita, è la mano di Ferdinando Baldi. Il montaggio è come al solito confacente all’epoca e al genere, nonostante sia più appropriato a film di tensione se non a veri e propri horror. Ma è proprio l’utilizzo di un linguiaggio distante anni luci da quello classico americano, che fanno dei nostri western spaghetti delle vere opere originali e di rottura. E Baldi, che ha fatto soprattutto da mediatore tra l’idea autoriale di Tony Anthony e la resa cinematografica dei suioi film, anche in questo “Pistolero” riesce a confezionare un film esteticamente perfetto, nonostante l’indirizzo chiaramente melodrammatico.

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