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Un castello in Italia

Regia di Valeria Bruni Tedeschi vedi scheda film

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La recensione su Un castello in Italia

di alan smithee
8 stelle

Le Bruni Tedeschi (o anche solo Bruni) sono donne volitive, ambiziose, tenaci, perfettamente consce del proprio status economico-sociale, ma per nulla succubi o arrendevoli di fronte a nuove sfide o percorsi che una tenacia di fondo spinge loro ad intraprendere. Parlando di Valeria, che in fondo da sempre piu' ci interessa e che con questa opera altamente biografica giunge alla sua terza e probabilmente piu' decisiva e riuscita regia cinematografica, ci stupisce la sincerita' disarmante, che rasenta la mancanza quasi sfrontata di pudore, con cui la regista ed attrice affronta le proprie radici, le proprie scelte di vita, le bizzarrie di una classe sociale, la propra, che sembra uscita appunto dalla famosa telnovelas citata con ironia dai commenti acidi dello scampolo di servitu' rimasta "a corte" prima dell'agonia inelutrabile, quel "Anche i ricchi piangono" dei lontani anni '80. "Un castello in Italia" puo' apparire  quasi uno sberleffo alla propria classe sociale di ricchi industriali, ove spesso ad un padre fondatore, magari cinico e sfruttatore ma senza dubbio dinamico e creativo, fa seguito inesorabilmente una stirpe confusa, disillusa e sempre irrisolta che disimpara la concretezza e si piega sulle proprie insicurezze. Valeria e Louise sono dunque chiaramente la stessa persona, quella stessa che si rivede negli sbagli, nelle confusioni affettive e spirituali che la vedono ritrovarsi quarantenne irrisolta, sola e con un desiderio di maternita' che non ha modo di esprimersi, in un modo  o nell' altro per tante ragioni che tutte insieme ne vanificano la realizzazione. La riunione di famiglia per decidere le sorti del vecchio castello di famiglia che svetta semi-abbandonato tra il verde maestoso della campagna torinese, fantasma di un periodo glorioso che ora e' solo un ricordo impolverato e ingombrante per le troppe ed esose spese indispensabili per il laborioso mantenimento, e' l'occasione per la donna di fare un punto sui propri affetti e le aspirazioni mai appagate, le unioni improbabili con un attore di quindici anni piu' giovane che non riesce a tenerle testa perche' ancor meno di lei sa cosa vuole. Il film bizzarro ma schietto e orgogliosamente sincero ha il dono di riuscire a raccontare una storia intima di una donna che cerca di trovare delle soluzioni, non senza ironia, non senza riuscire a sdrammatizzare con una risata complice drammi che alla fine lasciano il segno indelebile di vuoto come la morte annunciata del fratello gravemente malato. Un bel cast di attori coinvolti ed una madre (quella vera, la Marisa Borini che poi fisicamente e' la copia perfetta ed invecchiata della sorella ex top model ed ex premiere dame francaise qui non citata per diversi motivi) che affronta con un coraggio per certi versi inverosimile una sofferenza di una perdita irrisarcibile come quella di un figlio, rafforzano la tenuta di un'opera piu' profonda che bizzarra, dove l'insicurezza e l'imperfezione diventano lo strumento indispensabile per ritrovare un lato umano altrimenti inghiottito dal cinismo e dalla prepotenza di una classe sociale che ora non esiste piu' perche' fuori tempo massimo, fuori luogo ed arroccata dentro castelli da fiaba che ormai bisogna abbandonare. L'albero secolare che viene abbattuto perche' senza possibilita' di recupero e' una metafora sin troppo chiara della fine di un'epoca che presto sara' difficile anche solo trattenere nei ricordi.

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