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After Earth

Regia di M. Night Shyamalan vedi scheda film

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alan smithee

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La recensione su After Earth

di alan smithee
4 stelle

"La paura è una convenzione, un sentimento che ci creiamo da soli per dare un senso alla nostra immaginazione, quando la razionalità smette di darci spiegazioni plausibili e concrete": questo in sintesi il fulcro dell'ultimo film di M. Night Shyamalan; ma a ben vedere tutto ciò è anche quello che emerge dalla maggior parte delle altre sue opere, specie quelle più riuscite (e famose) come Il sesto senso, Signs e The village: una vera e propria trilogia sulla paura questa, sui timori dell'ignoto, del mistero, sia esso rappresentato rispettivamente da fantasmi, alienti, mostri (o presunti tali).
E Shyamalan, bisogna ammetterlo, è un gran regista d'atmosfera, uno che la paura sa descriverla e ricrearla alla perfezione, insinuando spesso nello spettatore un crescendo di angoscia che, come capitava almeno nel terzetto notevole sopra citato, riusciva a ricreare tangibili gradazioni di suspence e adrenalina davvero lodevoli.
Tuttavia il celebre regista indiano è anche e nello stesso tempo spesso un mediocre direttore di attori, che evidentemente non riesce a far concentrare quanto dovrebbero per risultare convincenti o credibili nell'incredibilità di un racconto non sempre facile da sostenere. Basti pensare alla performance di tutto il cast di "E venne il giorno", film catastrofico di una certa atmosfera completamente rovinato da presenze attoriali (neanche così infime sulla carta) fuori parte e quasi imbarazzate nel recitare dialoghi così primari e sconclusionati.
Questa volta Shyamalan è stato davvero accerchiato dalla premiata (e scaltra) famiglia Smith, quella bella e nera composta dalla star  Will, dalla moglie Jada Pinkett (qui in veste di produttrice) e dal figlioletto carino e piuttosto disinvolto Jaden.
La vicenda, ambientata in un fututo piuttosto avanzato e guarda caso dopo l'ennesima catastrofe con cui l'uomo ha letteralmente cancellato la vita umana sul pianeta, si fa vedere, a volte persino con un certo interesse.
Tutto è incentrato sulle gesta di un ragazzino ambizioso aspirante (o mancato) ranger, in viaggio col padre, generale dell'esercito ed eroe della resistenza nel pianeta Nova Prime che - dopo un rocambolesco atterraggio sulla Terra che ha fatto seguito ad una pioggia di meteore che ha semi distrutto la navicella costringendola ad un atterraggio di fortuna - deve intraprendere un viaggio alla ricerca della parte anteriore del veivolo spaziale che racchiude il raggio di emergenza che permetterà a padre e figlio (unici superstiti naturalmente) di richiedere aiuti.
Il valore eroico più di spicco nella figura del generale, è la sua mancanza di paura, che lo rende invisibile e dunque immune ai mostri che popolano Nova Prime e che decimano gran parte della razza umana superstite.
Anche stavolta la vicenda diventa sin piacevole nei momenti di suspence quando si è in attesa di una sorpresa o di uno scossone da brivido che il regista come di consueto sa dosare con sapienza. Non era neppure male lo sviluppo del concetto di paura, il fatto di riuscirla a superare divenendo in tal modo invisibile al mostruoso nemico letale.Tuttavia un pessimo Will Smith attore (ma pure ideatore del progetto) non riesce a fare a meno di sciorinare tutto un repertorio di padre-militare inflessibile e formale da far accapponare la pelle per il tronfio patriottismo e spudorato senso del dovere/onore per la patria. Sentimentalismi che risultano davvero fastidiosi, ripetuti e stucchevoli. Si ha come l'impressione che il talentuoso regista indiano, autore di una sceneggiatura non certo originale, ma piuttosto ispirata ad un'idea dello Smith stesso, si sia fatto questa volta circondare in modo castrante e limitativo da una famiglia di successo che non perde occasione per ribadire concetti e stati d'animo che si incendiano di sentimentalismo e melassa più spicci e fastidiosi. Tanto da rischiare spesso il ridicolo e la rivoltante sensazione di spudorato ed incontrollato senso del dovere e del sacrificio che genera soldatini e cloni davvero poco convincenti per essere accettati; specie se pretendono di farci credere che tra mille anni si invocherà ancora il convenzionale "mayday" per comunicare un pericolo di caduta imminente, o che un figlio dica "signorsì" al padre-militare, mettendosi sull'attenti e salutando con una ridicola mano troppo obliqua sulla fronte. Irresistibili smargiassate americane a cui il popolo a stelle e striscie, troppo spesso pecorone e di poca cultura, non riesce proprio a rinunciare.

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