Espandi menu
cerca
12 anni schiavo

Regia di Steve McQueen (I) vedi scheda film

Recensioni

L'autore

Fanny Sally

Fanny Sally

Iscritto dall'11 luglio 2010 Vai al suo profilo
  • Seguaci 48
  • Post 1
  • Recensioni 1822
  • Playlist 3
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su 12 anni schiavo

di Fanny Sally
6 stelle

Ha fatto incetta di candidature e premi, tra cui 3 Oscar, un Golden Globe e un BAFTA, è la terza opera di uno dei pochi regista rivelazione degli ultimi anni, e tratta una tematica storica e culturale, quella della schiavitù, che nonostante sia già stata affrontata da molte pellicole e romanzi più o meno conosciuti, rimane sempre attuale e conserva un forte impatto.

 

 

Con queste premesse e avendo letto poco altro, mi sono avvicinata alla visione.

 

La storia, che comincia nel 1841, è quella di un uomo di colore, Solomon Northup, libero cittadino di Saratoga, talentuoso e apprezzato violinista, affettuoso padre di famiglia, benestante e benvoluto, che un giorno cade in una subdola trappola e si ritrova prima in carcere e poi stipato su un battello diretto in Louisiana dove viene venduto come schiavo e inviato nelle piantagioni di cotone. Perduta la sua identità e lentamente la speranza di poter dimostrare di essere stato vittima di un rapimento ingiusto, Solomon cerca di sopravvivere con coraggio e dignità alla sua nuova condizione, subendo maltrattamenti e umiliazioni, e restando impotente di fronte alle ingiustizie che si perpetrano sotto i suoi occhi. La sua tenacia verrà ripagata solo dopo dodici anni dall’incontro fortuito con un sostenitore dell’abolizionismo che decide di aiutarlo, permettendogli di tornare dalla propria famiglia.

La trasposizione del racconto autobiografico omonimo, testimonianza di questa terribile vicenda, è una pellicola amara, asciutta e cruda, in cui la retorica umanitaria o l’eroismo trovano poco spazio, mentre prevale una rappresentazione realistica con rari sprazzi di poesia o di sentimento: lo stesso protagonista Solomon è un uomo dolente, distrutto, costretto a rinnegare il suo passato e i suoi affetti, che però sembra adagiarsi con poca ribellione, quasi con rassegnazione alla crudeltà che lo circonda, anche se non la accetta nel suo profondo. Ciò rende difficoltoso per lo spettatore un’immedesimazione partecipata alla sua disgrazia; più volte verrebbe da contestare il modo in cui agisce o meglio subisce, e ciò vale anche per gli altri compagni di sventura, che involvono ad uno stadio quasi animalesco di indifferenza ed egoismo nei confronti degli abusi dei padroni. Gli unici momenti in cui si respira un po’ di malinconica solidarietà è quello del canto durante il lavoro nei campi, davvero struggente e suggestivo, così come il tentativo di Solomon di scrivere oppure di suonare, rinnegati dalla consapevolezza che è meglio non mostrarsi diverso dagli altri e obbedire a testa bassa per conservare la propria vita.

 

A dispetto di una storia toccante e della presenza di molte scene ben recitate che inducono alla pietà per le innocenti vittime e al disgusto per gli schiavisti e per la loro condotta disumana e depravata, al film di Steve McQueen manca però quel qualcosa che riesca a suscitare della vera commozione nello spettatore. Le interpretazioni degli attori, da Chiwetel Ejiofor, il sofferto protagonista, a Michael Fassbender,il sadico proprietario terriero, sono sicuramente il punto di forza del film, sebbene francamente il premio come miglio attrice alla pur capace, anche se non poi così particolarmente bella – almeno non al punto da diventare oggetto di un’ossessione morbosa – Lupita Nyong'o sembra più un fattore emotivo, e la comparsa di Brad Pitt, produttore della pellicola, che casualmente si riserva l’unica parte positiva, quella del carpentiere che aiuta il protagonista a dimostrare la sua condizione di rapito, sembra una forzatura e si incastra in maniera poco credibile nella trama.

A parte queste approssimazioni, sono anche alcune lungaggini, una certa ambiguità e parecchie questioni sospese a riflettere una certa freddezza di fondo che impedisce di sorbire la storia con una maggiore partecipazione, perché alla fine lo sviluppo risulta piuttosto prevedibile e i personaggi appaiono piatti.

 

Resta comunque un film di denuncia che racconta una storia vera con spunti di riflessione sul valore dell’umanità che val la pena di essere ricordata.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati