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Enemy

Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film

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La recensione su Enemy

di michemar
9 stelle

L’argomento principale, secondo le intenzioni del regista Denis Villeneuve, è innanzitutto l’esplorazione dell’identità e il rapporto con l’intimità, e per fare ciò (come diceva lui stesso) era necessario lavorare con pochissimi attori. Prova ne è l’aver composto il cast con solo quattro attori.

Premettendo che non amo esporre la trama dei film, ritengo che questa volta sia necessario.

 

Un professore di storia, dopo il divorzio dalla moglie, decide di vivere isolato dal mondo. Un giorno un amico gli consiglia di noleggiare un film in dvd e il professore fa una scoperta sconcertante: una delle comparse presenti nella pellicola è fisicamente identica a lui. Determinato a capire chi sia questo suo doppio, l'uomo cercherà in tutti i modi di scoprire la sua identità ma la ricerca non sarà così semplice e metterà a repentaglio sia la sua esistenza che quella della misteriosa comparsa.

 

Recensire per me, semplice appassionato, un film di questa profondità psicologica è per lo meno azzardato, perché sono convinto che perfino esperti della mente umana sciorinerebbero teorie diverse e analisi differenti. Figuriamoci poi per gente sprovveduta come me. Quindi al massimo posso permettermi di scrivere qualcosa in merito al film solo e soltanto dal punto di vista cinematografico, anche se so bene che comporterà inevitabilmente parlare anche dell’aspetto psicologico, perché la trama e il contenuto non escono mai da quei confini, come la prova enorme di Jake Gyllenhaal che ne è profondamente impregnata. Scrivere di questo film è un’impresa.

 

Jake Gyllenhaal

Enemy (2013): Jake Gyllenhaal

 

Innanzitutto va precisato che l’argomento principale, secondo le intenzioni del regista Denis Villeneuve, è innanzitutto l’esplorazione dell’identità e il rapporto con l’intimità, e per fare ciò (come diceva lui stesso) era necessario lavorare con pochissimi attori. Prova ne è l’aver composto il cast di solo quattro attori.

 

L’incipit è già indecifrabile e simbolico: una galleria sotterranea che porta il protagonista (quale?), in possesso di una chiave misteriosa – che ritroveremo nell’inquietante e metaforico finale che si riallaccia circolarmente a questa sequenza iniziale – ad una stanza segreta in cui tanti uomini maturi osservano una donna nuda che si masturba. Tra questa atmosfera torbida e la musica ossessiva il nostro pensiero va velocemente alla mitica sequenza kubrickiana di Eyes Wide Shut della festa erotica in maschera. Questa sequenza inquietante, che si conclude con l’apparizione di un grosso aracnide che viene schiacciato dalla donna stessa (ecco una prima visione di un ragno!) è un biglietto di presentazione del film, unitamente ad una frase che vien pronunciata in maniera solenne e con scopi didattici: “Il caos è ordine non ancora decifrato”.

 

Il caos. Quello mentale, quello interiore, quello che forse domina l’universo e che in un certo qual modo ha una forte influenza sul romanzo e sulla realizzazione cinematografica di Villeneuve. Infatti qui osserviamo il caos che, se da una parte spinge istintivamente l’individuo verso l’ordine, dall’altra innesca un pericoloso processo di rimozione e avvia una scissione fra il desiderio e la volontà, il che prende forma con una duplice rappresentazione fisica di sé che, attenzione, trascendendo lo spazio e il tempo. Ovviamente lui non se ne rende conto, ha rimosso tutto. Lui non si rende più conto che Anthony è colui che Adam si è lasciato alle spalle, il suo alter ego del passato che non ha rinunciato al sogno di diventare attore (come si può benissimo dedurre dal dialogo fra Adam e la madre, che conferma tale sua vocazione) ma ha mantenuto in piedi un matrimonio e ora si trova in attesa del suo primo figlio dalla moglie Helen. Adam in verità prova paura, è inquieto: è ormai entrato in paranoia, sia perché scopre che esiste un altro simile ed identico a lui, sia perché (e forse soprattutto) vuole scoprire CHI È L’ALTRO.

 

 Risultati immagini per enemy 2013 spider

 

L’aracnide si ripresenta gigantesco nel finale fulminante e improvviso, enorme come il macigno mentale che si porta dentro e dietro lungo il percorso della sua vita: una creatura enorme al posto della moglie, un essere pauroso che per lui rappresenta la Donna, divenuta simbolo delle imposizioni della società, quella società in cui lui legge la repressione esercitata dalla Donna da cui si sente fortemente controllato. Come liberarsi inconsciamente da questa impasse? Scambiandosi per una volta i ruoli con l’Altro ed eliminando il suo sosia/fantasma assieme alla sua amante, per rimuovere i propri fantasmi, cosicché tutto possa ricominciare dopo un cambiamento reale interiore, anche per chiarire definitivamente il proprio obiettivo, la propria vita, una volta per tutte. Come un ciclo che ricomincia.

 

Jake Gyllenhaal, Sarah Gadon

Enemy (2013): Jake Gyllenhaal, Sarah Gadon

 

Toronto, luogo dei fatti, è fotografata in maniera eccezionale da Nicolas Bolduc tramite la predominanza del color seppia che condiziona il racconto come se il colore fosse un protagonista: il giallo sabbia che invade la città e l’occhio di chi osserva pare una foschia densa di cui non ci si può mai liberare: fa parte del paesaggio, della vita metropolitana, della natura. È dentro e fuori dei personaggi, ma non ne condiziona la vita: ne fa parte. Non tira un alito di vento eppure pare, dato il colore dell’aria, di essere in una tempesta sahariana, ma ferma, cristallizzata, dove la vita scorre come gli abitanti e il traffico mentre per Adam e Anthony tutto l’universo si blocca allorquando vengono in contatto e si ritrovano l’un l’altro così tanto uguali come di fronte ad uno specchio.

 

Mentre il film scorre e Adam cerca di orientarsi nel suo personale labirinto, la musica di Danny Bensi e Saunder Jurriaans ci plasma e ci ammanta di ulteriore inquietudine, agendo sulla psiche degli spettatori e accompagnando alla perfezione i vari momenti smanianti del film. Un commento musicale molto influente, che ricorda non poco quello che ascolteremo tre anni dopo in Arrival (recensione).

 

Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent

Enemy (2013): Jake Gyllenhaal, Mélanie Laurent

 

Emblematico, come tanti altri elementi che Villeneuve ci offre man mano, è il titolo del film in home video che il professor Adam porta a casa su suggerimento di un suo collega, DVD in cui appunto scopre il suo alter ego, senonché gemello/sosia/duplex mentale. ‘Volere è potere’, questo il titolo del film, che si allaccia alla perfezione con l’oggetto delle sue lezioni di Storia all’università in cui parla agli studenti delle strategie delle dittature e di come esse manipolano e condizionano l’istruzione e la cultura dei popoli che intendono governare, per poterli guidare con il potere assoluto.

 

Sarah Gadon

Enemy (2013): Sarah Gadon

 

“Ricordare qualcosa, ricordare qualcuno è la rappresentazione di un limite che si tinge sempre di emozioni.” Queste parole pronunciate raffigurano lo sforzo del protagonista nel suo percorso mentale per capire cosa gli sta succedendo. Egli scava nella memoria recondita, scava nel suo passato per capire chi veramente è oppure se in realtà lui è proprio “l’altro” e quindi se stesso ne è solo una copia, tra i ricordi e le emozioni che prova.

 

Risultati immagini per enemy 2013 spider

 

Tratto da un romanzo lungo e complesso, ‘L’uomo duplicato’ di José Saramago, che tramite un vero e proprio adattamento è diventato (allontanandosi un poco dalle pagine del libro) una narrazione interiore del protagonista, pressoché un monologo che la buonissima sceneggiatura è riuscita a tradurre in azioni e immagini, a cui va aggiunto il fatto queste ultime hanno a loro volta aggiunto emotività che le parole prima scritte e poi recitate non potevano dare. Come racconta lo stesso Denis Villeneuve: “Questo film è un documentario sul mio subconscio, o un documentario sul subconscio di Jake Gyllenhaal, però non so quale dei due. È la storia di un uomo che ha una relazione ed è sposato. Un uomo sposato che una relazione torna dalla sua donna, nella coppia: visto dal punto di vista del subconscio, è il modo più semplice di spiegarlo…. Perché il ragno? Ho cercato l’immagine perfetta per diverso tempo, che esprimesse qualcosa di specifico sulla sessualità e il subconscio di un uomo.”

 

Jake Gyllenhaal

Enemy (2013): Jake Gyllenhaal

 

La regia di Denis Villeneuve è una magia continua: nonostante i suoi dubbi iniziali nell’intraprendere l’operazione come lui stesso afferma, realizza un film di grandissimo fascino, di grande impatto visivo e intellettuale, che costringe a non farci mai calare l’attenzione, fino a farci sentire sfiniti in solo 90’, imponendo ai quattro protagonisti del cast un tour de force recitativo più mentale che fisico, a cui però, sempre badando alle sue affermazioni, ha lasciato ampio margine di comportamento sul set specialmente alle due attrici, proprio per ampliare i loro ruoli e i loro spazi di personaggio. Campi lunghi (le sue amate panoramiche) sulla Toronto seppiata su cui campeggia un ragno smisurato, i primi piani del volto sempre più straniante di Adam/Anthony, l’espressione allarmata di Helen, la rabbia stimolata di Mary… E se entrambe le belle Mélanie Laurent e Sarah Gadon (che scoperta quest’ultima!!! E che fascino!) sono bravissime, la prova di Jake Gyllenhaal travalica ogni aggettivo che potrei scrivere. Lo abbiamo ammirato in tantissimi film (forse tutti?) ma quello che rende in questa occasione è oltre ogni immaginazione, è una totale immedesimazione del duplice e complesso compito, credibilissimo in ogni sequenza, parlando perfino con due accenti diversi per i due personaggi (particolare che sfugge ovviamente nel doppiaggio). Una prestazione indimenticabile purtroppo passata in sordina come è stato il destino di questo magnifico film, inedito per le sale italiane e per anni neanche reperibile in home video se non nelle versioni straniere. Film messo in soffitta dalla distribuzione anche perché nello stesso anno usciva il più noto Prisoners (recensione), tre anni dopo l’esplosione de La donna che canta (recensione)e quattro dopo l’altrettanto sconosciuto ma ammirevole Polytechnique (recensione). Poi è arrivato il successo planetario. Denis Villeneuve, lo scrivo da anni, non sbaglia mai un colpo, non sbaglia mai nulla.

 

Isabella Rossellini

Enemy (2013): Isabella Rossellini

Film bellissimo, affascinante, intrigante, impegnativo, meraviglioso nel suo ragionamento metafisico e filosofico, che pochi registi amerebbero girare. Una visione totalizzante che però necessita di riflessioni e spiegazioni.

 

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Sarah Gadon dice: “Abbiamo aderito tutti a questo progetto sapendo che lo script andava esplorato e abbiamo anche aderito quali persone disposte a mettersi in gioco emotivamente tanto da farsi pressare e analizzare. La natura del progetto richiede una certa improvvisazione, un modo di vedere, un modo di esplorare ed è così che è stato il processo creativo in questo film.”

 

Denis Villeneuve, Jake Gyllenhaal

Enemy (2013): Denis Villeneuve, Jake Gyllenhaal

 

Jake Gyllenhaal: “È un uomo relativamente semplice e il suo mondo interiore è confuso e oscuro. Ma, in qualità di essere umano, credo che lotti come chiunque altro e non penso che questo lo separi per forza da chiunque altro al mondo. Per molti versi penso che stia attraversando un sogno. È un film sull’essere in grado di impegnarsi ad essere adulti, su cosa questo comporti, sui compromessi a cui bisogna scendere, sul fatto che bisogna lasciar perdere certe cose che certi aspetti di te non vorrebbero. Si focalizza sulla lotta, sulla spinta, sulla dualità che hanno tutti. Questi due personaggi, in un certo senso, lottano entrambi per la stessa cosa in un modo diverso, ma inevitabilmente uno dei due deve rinunciare affinché l’altro sopravviva. E la domanda su chi sarà dei due è ciò di cui tratta il film. Per me non si tratta di due, ma quanto sia realmente uno.”

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