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Pierino contro tutti

Regia di Marino Girolami vedi scheda film

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La recensione su Pierino contro tutti

di LAMPUR
10 stelle

Dedicata a G89: Fulgido esempio di post neorealismo applicato a testati schemi sociali la cui acclarata perspicacia è simbolo cardine tra i più noti cineasti del panorama italiano. L'estremo e l'immaginifico messi alla berlina da questa pellicola con sagace perizia, riguardano uno spaccato di Italia talvolta sfuggita anche ad autori poliedrici e meticolosi. Le interpretazioni, le metafore, le allegorie, apparentemente scombinate, richiamano espressioni cinematografiche che hanno spesso rappresentato, in altri tempi e luoghi, l'azimut dell'esegesi di una società disgregata e diseredata ma mai doma. Su tutti il frammento colto in strada che andiamo a sviscerare: ad una signora che passeggia tenendo per mano il figlioletto sfugge improvvisamente un ragguardevole peto. Il bimbo con aria interrogativa chiede lumi sulla natura di cotanta deflagrazione, e la mamma, visibilmente imbarazzata, con doviziosa enfasi spiega che trattasi del cannone di mezzogiorno (che abitualmente a Roma, sparando una innocua quanto folcloristica salva dal Pincio, segnala le dodici in punto ogni giorno - ndr - ). Pierino, casualmente di passaggio, ed assistendo involontariamente allo scambio di battute tra mamma e figlio, non può far a meno di ergersi a testimone della pur empia realtà dei fatti: "A signò, me sà che c'ha er culo che je và indietro d'en quartodora!!!". Emblematicamente l'episodio illustra come anche la più spicciola ermeneutica propenda a chiare lettere versola definizione dell'ineluttabilità del destino contro il quale combattono i limiti biologici dell'umano agire e meditare. Sconcerta l'acume registico nel manipolare in poche, apparentemente scarne, battute la debolezza e l'impotenza umana di fronte all'incessante diluirsi del Tempo, attorcigliato ai meandri dell'antropico resistere piagato nella sofferenza. Pierino rappresenta la voce tautologica che incrina quiete stantìa, la mamma la condizione dell'inetto involucro umano, ed il bambino, l'interrogativo innocente di fronte allo sconquasso inconscio che renderà, un giorno, anch'esso schiavo. La percezione soggettiva dello status permette (nello specifico al regista) un'aspettativa, tuttavia, non correttamente affrancata dai limiti di un'opera che svelerà, nella sua interezza, solo ai posteri, l'impressionante efficacia del suo messaggio

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