Espandi menu
cerca
Il piccolo porto

Regia di Gregory La Cava vedi scheda film

Recensioni

L'autore

darkglobe

darkglobe

Iscritto dal 24 ottobre 2006 Vai al suo profilo
  • Seguaci 37
  • Post 2
  • Recensioni 113
  • Playlist 7
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su Il piccolo porto

di darkglobe
8 stelle

Non il più bel film di La Cava ma sicuramente un’altra prova che marca la sostanziale unicità di questo regista rispetto ai suoi colleghi dell’epoca.

Quartultimo film prodotto, diretto e sceneggiato da La Cava, Piccolo porto (Primrose path) è un adattamento del romanzo February Hill di Victoria Lincoln e della relativa trasposizione teatrale di Robert L. Buckner, Walter Hart.

Il testo della Lincoln è incentrato sulla figura di una prostituta e della sua famiglia in un quartiere povero, mentre la sceneggiatura di La Cava - è la sua unica - , coadiuvato da Allan Scott, sposta il fuoco sulle vicissitudini della figlia adolescente che tenta di distaccarsi da quel mondo. Il tema della prostituzione diviene assai più sfumato, al punto da non essere mai esplicitato su pressioni della RKO dovute alla necessità di superare i soliti paletti del codice Hays, che finiscono addirittura per pesare sull’infausta fine della prostituta.

 

Noi viviamo non come vorremmo, ma come possiamo” (Menandro)

 

Siamo in una cittadina di mare della California e Ellie May Adams (Ginger Rogers) è un'adolescente dagli atteggiamenti da maschiaccio, che ha abbandonato gli studi e cresce in povertà nel quartiere di Primrose Hill. La madre Mamie (Marjorie Rambeau) mantiene Ellie e il resto della famiglia facendo la “accompagnatrice” di uomini facoltosi in lunghi viaggi a San Francisco, in coppia con l’amica Thelma (Vivienne Osborne). La nonna di Ellie (Queenie Vassar) è lei stessa un'ex del mestiere, velenosa e volgare, e si occupa di educare a modo suo la piccola Honeybell (Joan Carroll) istigandola ai peggiori istinti di possesso.

Ellie adora il padre Homer (Miles Mander), un ubriacone in rovina, ex studioso di classici greci, disperato perché pienamente cosciente della situazione familiare che lo costringe a camminare per strada con il bavero alzato per la vergogna.

Quando la ragazza un giorno si reca al mare per raccogliere delle vongole per il padre, incontra per strada Gramp (Henry Travers), un anziano signore che le offre un passaggio in auto e la conduce alla tavola calda della sua stazione di benzina. Qui Ellie ha l’opportunità di conoscere il barista Ed (Joel McCrea) un giovane alto e socievole che subito sembra empaticamente attratto dalla ragazza che appare ai suoi occhi semplice e ben diversa dalle donne sguaiate del locale Blue Bell che è solito frequentare. Così tra scherzi vari sulla sidecar di Ed, che riaccompagna Ellie a casa dopo la raccolta delle vongole - tanto grandi da sembrare cappesante -, la ragazza riceve proditoriamente dal giovane il suo primo bacio.

Dapprima furiosa, ne conserva il ricordo e ne rimane pian piano invaghita, riuscendo dopo poco a conquistare il ragazzo, al punto che i due finiscono rapidamente per sposarsi. Ellie, coccolata dal nonno Gramp e dai clienti della tavola calda in cui va anch’essa a lavorare, nasconde però al marito la verità sulla propria disastrosa famiglia, avendogli piuttosto raccontato che era stata cacciata di casa perché i genitori pensavano che lui non fosse abbastanza facoltoso. Ma quando si vede costretta a presentare ad Ed la propria famiglia, a causa dei commenti salaci sulla madre che è passata a far rifornimento presso la stazione della tavola calda, la situazione degenera.

Sebbene in era pre-code il tema della donna “caduta” fosse frequente sia nei film muti che in quelli degli anni '30, La Cava riesce a risolvere i vincoli imposti dalla censura sullo scottante argomento della prostituzione rispolverando il suo classico approccio sociale e incentrando la sceneggiatura sulle difficoltà di una famiglia che non sarebbe riuscita a sopravvivere se Mamie non avesse condotto quello scabroso mestiere.

La rappresentazione di La Cava è spietata e soffocante, pur evitando accuratamente il melodramma, al pari della condizione di umiliazione sociale che ne deriva: la famiglia di Ellie è praticamente sempre confinata tra le mura della catapecchia in cui vive, con claustrofobiche stanze in cui cucina, soggiorno e divani letto convivono per necessità. La povertà e la disperazione si toccano con mano e sembra che la condizione di indigenza della famiglia sia tale da non offrire sbocchi o opportunità per interrompere quel ciclo infinito di miseria e vendita dei propri corpi.

L’anziana donna assume per di più un atteggiamento devastante ed invece di portare in famiglia la saggezza della propria età - un classico canovaccio cinematografico - pare far velenosamente di tutto affinché figlia e nipoti rovinino le proprie vite seguendo il suo esempio. Del resto non sopporta che Ellie non manifesti la stessa inclinazione familiare, cinica, amorale e profittevole, e sprechi piuttosto affetto per il padre, l’ubriacone di casa, invece che per qualche facoltoso riccone di città.

Così come la piccola Honeybell sembra continuamente congiurare con la nonna per rovinare la vita alla sorella maggiore, personaggio anche in questo caso abbastanza atipico che conferma però una insofferenza del regista per l'immaginario infantile, pur considerando certi atteggiamenti figli di un mondo di diseguaglianze ed aridità.

Ellie pare invece far di tutto per non subire la stessa condanna e riesce a cogliere al volo l’unica opportunità d’amore e di salvezza per il bisogno disperato di uscire dal pantano a cui la vita l’ha relegata, anche ricorrendo all’inganno verso una persona per la quale nutre comunque un trasporto autentico. Purtroppo, come spesso capita per le anime in pena (nei film, ma anche nella vita), quando pare aver raggiunto felicità e rispettabilità, la strada per la salvezza le viene seriamente ostacolata.

 

Siamo al terzo film di film di La Cava con Ginger Rogers e soprattutto con la presenza di Joel McCrea, uno degli attori preferiti del regista al punto da riuscire ad imporlo alla RKO al posto del ben più noto Douglas Fairbanks Jr.

La coppia Rogers-McCrea mostra un’alchimia particolare, i due del resto erano amici di vecchia data ed il feeling pare potesse andare quasi oltre quella schietta amicizia.

La bionda Rogers, con le sue trecce insolitamente inscurite, riesce credibilmente, nonostante già ventinovenne, ad impersonare una giovane adolescente, mischiando atteggiamenti di rudezza maschile e sensibilità femminile in un ruolo in cui la componente drammatica ha un peso rilevante. Ma dimostra di saper padroneggiare la scena anche in momenti assai divertenti e nel contempo teneri come quando nei suoi primi approcci verso Ed, nel tentativo di catturarne l’attenzione, innesca all’interno del Blue Bar una camminata sensuale che termina bruscamente con un imbarazzante inciampo su un gradino, tra l’ilarità dei presenti.

McCrea sembra quasi uscire da un film di Capra (che pure pare avesse gradito all’epoca il film) per la sua ingenuità bonaria espressa da un affetto sincero verso la ragazza (di cui arriva a dipingerne il nome sulla propria barca) mentre le sue movenze da gigante un po’ dinoccolato paiono quasi ricordare la postura di Cary Grant. Colpisce però, al contrario dei personaggi mitici che Capra porterà sul grande schermo, la brutalità sfacciata e aggressiva con cui Ed offende Ellie dopo averne scoperto le bugie, amoreggiando in sua presenza con altre donne, umiliandola e ridendo della sua famiglia "di classe" davanti ai propri conviviali. Non c’è più dunque il classico conflitto tra ricchi e poveri dove i ricchi “non sono altro che poveri con i soldi”: qui si affonda il coltello del crudo realismo sulla morale comune e sull’assenza di un auspicabile criterio di solidarietà tra classi, descrivendo lo scontro drammatico tra "poveri e meno poveri". In questo scontro assai efficace appare la tenuta emotiva della Rogers quando di fronte al cumulo di meschinità coniugali inscena dolore, sensi di colpa e contegno affettivo che le consentiranno però di servire ad Ed la propria vendetta su un piatto freddo.

La bella Rambeau pare interpretare quasi un personaggio da film muto, con i suoi atteggiamenti sofisticati e la sua eleganza da diva fuori tempo. Belli comunque sia l’accondiscendenza che mostra verso la figlia ribelle, soprattutto quando la ragazza le confessa di aver trovato un fidanzato, sia l’affetto compassionevole che mantiene inalterato per il marito, nonostante rappresenti un perdente ridotto ormai ad un relitto umano che ha visto naufragare tutti i propri sogni. Non sorprende che per questo ruolo la Rambeau riceva una nomination all'Oscar come migliore attrice non protagonista.

Sicuramente, come in altri film, La Cava conferma la sua chiara predilezione per il mondo femminile, un po’ come sarebbe accaduto negli anni con Cukor, ponendo quel mondo spesso al centro delle sue storie filmiche. Gli uomini sono di contro tipicamente figure che riacquistano la propria sensibilità o la propria dignità solo grazie alla frequentazione di donne moralmente forti, che rivestono dunque spesso il ruolo di ancore di salvezza. Emblematica in tema di donne anche la complicità “etnica” e “sociale” tra la cameriera di colore e la sua datrice di lavoro Thelma: paiono strette amiche quando ridacchiano pensando a tutti gli uomini che nel loro “lavoro” chiamano Smith.

A riscattare il genere maschile in Piccolo porto vi sono fortunatamente ben due “angeli custodi”: Gramp - di lì a qualche anno Travers diverrà l'"Angelo di Seconda Classe" ne La vita è meravigliosa - che esprime fiducia cieca nella ragazza e la difende, riuscendo a guardare oltre le apparenze; e poi il ricco e un po’ pavido Mr Hawkins (Gene Morgan), l’ex amante di Mamie, che le “doveva essere davvero affezionato” […] “per lasciarsi sfuggire sulla via delle follie di San Francisco la sua giovane figlia favorendo la riappacificazione con il marito” (Emanuela Martini, “La classe non è acqua”).

 

Quanto al tema dell’alcol, già trattato dal regista in precedenti film ma mai in maniera tanto devastante, non è da escludere che La Cava parli di se stesso quando Miles Mander impersona l’ubriacone annebbiato per l'intero film, esprimendo rimorso per i postumi delle proprie sbornie. Pare una sorta di messaggio premonitore, visto che pochi anni dopo il regista, che di suo già abbandonava i set periodicamente per prolungate sbornie o affrontava lunghi periodi in case di cura per disintossicarsi, lascerà definitivamente il mondo del cinema a causa delle sue gravi condizioni fisiche.

Oltre alle riprese nella casa di Eddie e alla scena un po’ slapstick del giro in sidecar, forse l’unica leggermente fuori contesto, tutta l’ambientazione di Piccolo porto si svolge essenzialmente tra la tavola calda dell’anziano Gramp e il locale malfamato frequentato da Ed. Nel film Joseph H. August adotta un tipo di illuminazione piuttosto scura e contrastata, probabilmente per conferire maggiore vigore emotivo ai personaggi. Come fa inoltre notare Gary Morris in “L’uomo che odiava le regole”, La Cava utilizza in questo come in altri suoi film "l’inquadratura, le luci, gli angoli di ripresa esclusivamente al servizio dei personaggi e delle loro esigenze espressive” […] e molti critici “non hanno riconosciuto, per esempio, la sobrietà dei primi piani di La Cava finalizzati al massimo impatto emotivo”.

Anche in Piccolo porto il regista ricorre amabilmente ad uno dei suoi classici archetipi narrativi, consistente nel ricostruire una medesima messa in scena o con attori diversi (ad esempio coppie diverse che si parlano in analoga diposizione) o, come in questo caso, riproponendo stesse coppie negli stessi luoghi, filmate però in contesti emotivi mutati. Ed ecco dunque Ellie ed Ed al molo, prima in avvicinamento poi in allontanamento, ma in analoga illuminazione ambientale; Ed che scrive ed Ed che cancella il nome di Ellie dalla barca; e infine il Blue Bell dove prima Ellie entrava timida ed impacciata e dopo vi ritorna spavalda e in abito sfarzoso con il ricco Mr Hawkins al suo fianco, pronta a mostrare con sprezzo al marito che è esattamente quella che lui pensa possa essere.

Lieto fine per un epilogo consolatorio e salvifico che strappando un sorriso riesce a rivalutare anche i personaggi più discutibili del film, l’ondivago Ed ma soprattutto la velenosa nonna, prefigurando una ricomposizione che metterà ordine anche in quella disastrata famiglia.

Non il più bel film di La Cava ma sicuramente un’altra prova che marca la sostanziale unicità di questo regista rispetto ai suoi colleghi dell’epoca.

 

Nota di cronaca: a Detroit il Police Department ne vietò la proiezione (i dettagli nei commenti)

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati