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Piccolo grande uomo

Regia di Arthur Penn vedi scheda film

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La recensione su Piccolo grande uomo

di maso
10 stelle

Leggendario western di Arthur Penn che affronta tutte le figure del genere in un solo film e nello stesso tempo rilancia la purezza della cultura indiana indicandola come vittima di quella bianca ben più selvaggia che civilizzata di quello che si è voluto far credere in tutte le rappresentazioni con i vari John Wayne e Gary Cooper che hanno preceduto il "Piccolo Grande Uomo".
Jack Crabb è il nostro orgoglioso narratore che dichiara all’occhialuto studente in cerca di testimonianze di avere 121 anni ed essere l’unico bianco sopravvissuto al massacro di Little Big Horn, luogo culminante della storia e di quella del suo popolo che produce anche un'assonanza inequivocabile con il suo nome Cheyenne: in 5 minuti dalla sua voce sappiamo già a che cosa assisteremo e soprattutto con quale chiave di lettura ascolteremo la cadenza di un racconto che ci viene narrato da un nonno che stupisce i suoi nipotini con in­serti fantasiosi gonfiati al fine di esaltare il sapore epico di quel periodo storico senza però tralasciare l’insegnamento morale e gli aspetti drammatici di chi quell’odissea l’ha vissuta veramente, non a caso l’ingenuo intervistatore terminata la storia si sente mortificato di aver fatto riaffiorare così antichi e dolorosi ricordi ma come gli ha premesso il vecchio Crabb ha imparato come noi qualche cosa, una verità, magari non assoluta ma una verità che ci era sempre stata travisata.
I fatti quindi ci vengono presentati come una favola picaresca in cui il nostro eroe oscilla tra la dignità degli indiani e l’arroganza dei bianchi rappresentati da due figure ben delineate: da una parte l’ottuso e per niente carismatico Generale Custer che si autocondanna a morte guidando la sua guarnigione in bocca agli indiani invece di ripiegare saggiamente e rimanere fedele alla sua intuizione di eseguire al contrario le indicazioni del Piccolo Grande Uomo, dall’altro il capo indiano Cotenna di Bisonte, nonno putativo di Jack e maestro di vita e cultura indiana che nonostante la storica vittoria è conscio del destino che attende il suo popolo.
Rimbalzando a più riprese tra queste due identità Jack Crabb attraversa tutta l’epopea west affermando di aver toccato con mano i suoi protagonisti come il mitico Wild Bill Hickock esperto e saggio pistolero capace di insegnargli quanto sia rischiosa una vita con il cinturone allacciato, di aver visto in un flash Buffalo Bill accatastare pelli di bisonte pronto a partire per nuove avventure, di aver vestito i panni di tutti i rappresentanti tipici di quell'epoca leggendaria: indiano, scout, eremita, pistolero, ciarlatano, ubriacone e se anche più di una volta si ha la sensazione di ascoltare delle balle non si ha il coraggio di contraddirlo perchè è innegabile che lui c'era.
Un western totalmente anticonformista quindi che ancora oggi impressiona non solo per i contenuti ma anche per la meravigliosa prova di Hoffman e le splendide e per niente invecchiate immagini del grande Arthur Penn che ha saputo trovare l'equilibrio perfetto fra documento storico, commedia e dramma.

Su Arthur Penn

Per molti è la sua miglior regia.

Su Dustin Hoffman

Una prova di forza mastodontica per Hoffman che è costretto a mutare di umore ed aspetto continuamente durante la sua odissea nel west.

Su Martin Balsam

Memorabile Balsam nei panni di un ciarlatano che ha fatto della frode una ragione di vita a costo di perdere tutte le parti del corpo per risarcire le vittime dei sui imbrogli.
La scena in cui compare con la benda all'occhio e la gamba di legno neanche fosse un pirata si stampa negli occhi come il suo inguaribile ottimismo.

Su Chief Dan George

Commovente è l'aggettivo giusto! Grande capo Cotenna di Bisonte ha delle battute che sono delle lezioni di vita che chiunque dovrebbe ascoltare pronunciate con il tono di un nonno che chiunque vorrebbe avere. 
Chief Dan George strameritava questo Oscar per cui era candidato e non gli fu assegnato.

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