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Regia di Giuseppe Tornatore vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La migliore offerta

di laulilla
4 stelle

Ambizioso e discutibile film di Tornatore, che il "Canale 34" ha trasmesso in streaming ieri sera e sta riproponendo oggi.

 

Il signor Virgil Oldmann (Geoffrey Rush), battitore d’aste, dall’occhio abbastanza perspicace per scovare, sotto vecchie croste, capolavori preziosi, ha una certa propensione alla combine truffaldina durante le vendite all’incanto.

 

Egli ha trascorso l’intera vita fra l’ufficio, le aste e la propria grande casa, arredata in modo pretenzioso, dove non ospita mai nessuno, essendo uomo dalle ridotte attitudini sociali: zitellone isterico - con paura fobica delle donne - maniacale collezionista di guanti da indossare continuamente per evitare infezioni, in agguato, secondo lui, dappertutto: nei contatti umani come nei cibi, e anche nelle vecchie magioni che egli visita con animo da rigattiere, attratto da misteriosi congegni e da oggetti che a una prima occhiata non sembrano promettere molte sorprese.

I suoi rapporti con le donne sono inesistenti, tuttavia egli, in un suo caveau segreto, colleziona ritratti esclusivamente femminili, che gli piacciono talmente da arrivare a toccarli con mani nude, come se gli antichi dipinti non fossero un probabile ricettacolo di batteri.

Questo bizzarro signore ha un alto concetto di sé e non concede facilmente la sua esperienza di intenditore, neppure per fare l’expertise, che gli viene richiesta, sul contenuto antiquario di un’intera villa, quella in cui vive Claire (Sylvia Hoeks), misteriosa signorina che nessuno ha mai visto: soffre, infatti, la poveretta, di agorafobia e perciò non esce mai di casa.

 

Fin qui la prima parte del film, in cui – presentando i due nevrotici protagonisti Virgil e l’agorafobica Claire, e mostrando dettagliatamente l’ambiente in cui si svolgerà la vicenda – il regista dissemina indizi culturalmente promettenti che successivamente non svilupperà: l’amore per la creatura che non si lascia vedere evoca la fin'amor dei trovatori; le discussioni sul falso in arte e sulla copia hanno dietro di sé una sterminata tradizione filosofico-letteraria e cinematografica; i ritratti e gli specchi, raddoppiando l’immagine alludono al tema del “doppio”; per non parlare della curiosità per gli ingranaggi, che nel film si collega al tema alessandrino dell’automa…

 

Chi si aspetta che negli sviluppi del film si inserisca funzionalmente anche una sola di queste complesse suggestioni culturali, ne sarà deluso: Tornatore, infatti,  non sviluppa né un discorso sull’arte o sulla finzione, né sul doppio, né, come sembrerebbe infine logico, sul cinema: gli indizi rimangono esteriori presenze che prolungano inutilmente lo svolgersi di una vicenda prevedibile: un thriller banale anzi che no, cosicché anche l’ossessivo sfondo degli ingranaggi che scandiscono il tempo, nel bar di Praga nel quale Virgil si accinge al decisivo incontro con la morte, si rivela un’occasione mancata e sproporzionata all’ambizione del progetto del regista.

 

 

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