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Mood Indigo - La schiuma dei giorni

Regia di Michel Gondry vedi scheda film

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La recensione su Mood Indigo - La schiuma dei giorni

di amandagriss
10 stelle

La schiuma dei giorni….
versando in un bicchiere una bibita gassata, della birra o -per i palati più fini ed esigenti- dello champagne, è possibile vedere quello spesso strato di schiuma che ricopre il liquido sottostante: se ne sente il pizzicore, la sua (in)consistenza frizzante che si libra nell’aria circostante; se la si gusta, il suo sapore si avverte per il tempo lungo quanto un battito di ciglia. Poi, la schiuma si esaurisce, si dilegua -il frrrrr sparisce- lasciando scoperto il liquido che giace sotto, spoglio di tutto quell’effervescenza così pulsante e tanto invitante, e sulle labbra un senso indefinito di perdita che siamo pronti a colmare rinnovando ‘l’esperienza’.
La schiuma dei giorni….
perenne ed effimera come le onde del mare che s’infrangono sulla costa: il suo essere spumeggiante infonde a chi guarda il senso del movimento, della vitalità, del continuo fluire e ripetere in eterno, tuttavia non permette di osservare in profondità, di appurare con mano cosa si celi sotto di esso. Bisogna aspettare che scompaia, che ritorni il sereno o l’apparente tranquillità ‘inerte’ delle acque, per ricominciare a specchiarvisi dentro, riconoscere ciò di cui è fatto: rocce e creature animali e vegetali. 
La schiuma dei giorni è l’ebbrezza della vita, è il suo slancio vitale, è un  limbo liquido, della fragile consistenza elastica di una bolla di sapone, vibrante e palpitante, è la sensazione di essere “disperati e al tempo stesso orrendamente felici”, è la ricerca frenetica ossessiva energica di qualcosa che somigli molto alla felicità, al concetto terreno di felicità, che si può ritrovare/riconoscere/identificare nell’amore (totalizzante) per qualcuno o per qualcosa -magari un ideale-.
La schiuma dei giorni è l’aroma e il gusto dell'esistenza.
La schiuma dei giorni è un miracolo.
La schiuma dei giorni è una lama a doppio taglio, è la nostra salvezza e insieme la nostra dannazione. Illumina lo sguardo e ‘deforma’ la percezione del mondo che ci ruota intorno. Rende speciali, rende migliori, rende vitali. Fa cadere in basso, mortifica, distrugge.
Michel Gondry torna ad estasiarci e a commuoverci con la sua nuova opera ‘esistenziale’. Storia d’amore e di un amor ‘appassito’ troppo in fretta che sia fa meraviglia dello sguardo, gioia per occhi stanchi, appannati, privi di quegli stimoli necessari a scuotere dentro, a scavare oltre la superficie piatta dell’ordinaria esistenza, della logica geometria delle forme e degli spazi di cui abbonda. Il suo debordante talento visionario di matrice artigianale e cartoonesca  sgretola  la tradizionale visione -razionale- della realtà, mettendone in subbuglio le ferree coordinate matematiche, portando colorato scompiglio, caos destabilizzante, offrendo allo spettatore una visione del mondo ‘alternativa’, irreale e surreale, fantastica, libera, giocosa, leggera (che poi è quella che si trovano a vivere i due protagonisti innamorati) che -se si sta al gioco- non può non affascinare e conquistare. E alla fine, spezzare il cuore.
Impossibile annoverare tutte le straordinarie trovate visive partorite dalla fervida geniale immaginazione di Gondry, che scandiscono come un orologio svizzero ogni singola tappa del vissuto incantato e dolente dei nostri protagonisti, un’azzeccata Audrey Amélie Tautou, un grandissimo Romain Duris e il piccolo affiatato gruppo di comprimari tra cui il ‘gigante nero’ Omar Sy (Quasi amici).
Gondry con la sua storia d’amor perduto finisce con l’omaggiare la storia del cinema, procedendo ‘a ritroso nel tempo’, per sottrazione: la splendida seconda parte, in cui prevale l’oscurità dell’animo e dei cromatismi, è un tuffo nel passato, un rincorrere la memoria, a quando dominavano i colori vivaci e brillanti del technicolor, a quando il cinema si esprimeva in bianco e nero e prima ancora soltanto attraverso la musica (di solito un pianoforte). E ancora prima, quando non era altro se non una successione di istantanee che, montate insieme, conferivano l’idea del cinema-movimento come oggi lo conosciamo. Bellissimo.                                                                                                                                                                                                                     

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