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Cristiana monaca indemoniata

Regia di Sergio Bergonzelli vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Cristiana monaca indemoniata

di moonlightrosso
1 stelle

Se non hai la vocazione non puoi farti monaca!!

"Un film che aveva delle pretese..voleva essere uno studio su una cosa molto difficile che si chiama la vocazione..Un film che partiva da una premessa filosofica e forse anche teologica..". Also sprach Sergio Bergonzelli riguardo al suo "Cristiana Monaca Indemoniata" (1972), passato agli annali come uno dei più deliranti tonaca-movie mai apparsi sullo schermo. Le considerazioni filosofiche e teologiche di cui farneticava il buon Sergio in un'intervista resa poco prima della sua dipartita si riferiscono al principio in base al quale una ragazza non può scegliere di entrare in convento e farsi monaca se non ha la vocazione (ma va???!!!).

Una trama assurda e inverosimile tratta la vita della protagonista (appunto la Cristiana del film impersonata dalla tal Toti Achilli, alla sua prima e credo unica esperienza cinematografica), come fosse un'ascetica parabola: peccato; redenzione (mancata); inferno in vita e liberazione dell'anima attraverso la morte fisica.

Una Cristiana hippy e peccatrice intenta a copulare durante un viaggio aereo con il suo ganzo, altrettanto hippy, davanti a tutti (sic!), giura di farsi monaca nel caso dovesse sopravvivere a una turbolenza atmosferica improvvisamente occorsa e a un probabile conseguente incidente di volo. Scampato il pericolo, Cristiana mantiene la promessa ed entra in convento. Data la scarsa vocazione monastica, la nostra si farà concupire da un pittore frequentatore del convento (il greco Vassili Karamensis); allaccerà una relazione lesbica con Suor Eleonora (una procace Magda Konopka), altra monaca dalla vocazione non proprio fervida; nasconderà all'interno del convento il suo fidanzato (il ganzo dell'aereo), pericoloso criminale scampato a un arresto (mah!) e con il quale ovviamente rinverdirà le copule. Delusa da se stessa, ma più che altro dal tradimento del suo fidanzato con l'oltremodo facilona e compiacente Suor Eleonora,  Cristiana fugge dal convento per essere trascinata dalla madre (una viziosa Eva Czemerys) nel lutulento mare della perdizione. Qui conoscerà un pericoloso boss (uno spaesato Marco Guglielmi), amante della madre stessa e si darà anche alla prostituzione. Nel delirante e rabberciato finale Cristiana si suiciderà precipitando in un burrone con la sua automobile.

Sergio Bergonzelli è stato uno dei tanti ex generici che popolavano il variegato e variopinto mondo di Cinecitta' del dopoguerra, promossi registi tra gli anni cinquanta e sessanta, periodo nel quale eravamo in grado di sfornare qualcosa come duecento films all'anno, senza peraltro mai dotarci, c.s.c. a parte, di una vera e propria scuola di cinema. Dopo aver realizzato i primi lavori su commissione (in prevalenza pirateschi e spaghetti western) in cui dimostrò discrete capacità di onesto mestierante, il buon Sergio, forse preso da manie di grandezza e volendo essere, a detta sua, completamente libero, decise di fondare una sua factory, nella quale occuparsi, in prima persona, di ogni segmento filmico, dalla storyboard alla post-produzione. Forte di una laurea in filosofia, ebbe la velleità di commistionare films commerciali appartenenti ai generi di volta in volta più in voga con tematiche socio-filosofiche, cercando quindi di imprimere in ogni lavoro un suo personale e inconfondibile timbro autoriale. Purtroppo superficialità, immodestia e una preparazione culturale probabilmente lacunosa e appiccicaticcia hanno avuto buon gioco nel far sprofondare le nobili intenzioni del regista nell'ovvietà, nella banalità e nel becerume più assoluti, il tutto esaltato da un poverismo di fondo, segno evidente di carenza di mezzi. Non c'è dunque da meravigliarsi se il preteso impegno sociale non possa far altro che tradursi nella solita irritante accozzaglia di frasi fatte e luoghi comuni.

Esaminando il film in questione "sine ira et studio", in cui sinceramente nemmeno Polyanna o Mary Poppins riuscirebbero a trovare qualcosa di positivo, possiamo affermare in tutta onestà come l'esteta del brutto sia in grado di scorgere tutto il meglio (o il peggio) della cinematografia bergonzelliana: storia scombicchierata che fa acqua da tutte le parti; inquadrature roteanti e duplicate atte a creare atmosfere onirico-lisergiche da baraccone; montaggio folle con incomprensibili e stranianti sfasamenti temporali. E poi ancora: recitazione infantile; dialoghi deliranti e sopra le righe; personaggi che esprimono i loro stati d'animo agitandosi e sbracciandosi in modo sconsiderato e demente; effetti speciali pietosi (vedasi il modellino aereo della scena iniziale che pare sottratto alla stanza dei giochi di un seienne); situazioni che travalicano ogni limite del trash che mente umana possa immaginare. A parte i coiti consumati nei luoghi più impensati e assurdi (sull'aereo, sul campanile del convento), la palma va senz'altro al già citato delirante finale. Al dramma di Cristiana che guida come una forsennata nel chiaro intento di uccidersi fa da contraltare la parlata dialettal-burina indegna persino della peggior commediaccia di serie Z di un puttaniere ciociaro agghindato con tanto di abbigliamento tipico regionale e al quale la nostra aveva dato in precedenza un passaggio.

Assai stridente risulta infine una colonna sonora a metà tra la musica sacra e un "progressive beateggiante" da fiera paesana.

In altre parole e in ultima analisi, ecco a voi il cinema dell'oggi compianto Sergio Bergonzelli! Che l'italica terra gli sia leggiera!

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