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Spring Breakers - Una vacanza da sballo

Regia di Harmony Korine vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Spring Breakers - Una vacanza da sballo

di myHusky
8 stelle

"Bikinis and big booties, y’all. That’s what life is about!"

 

Un tuffo fra le colorate e spassose nottate dello spring break americano.

Harmony Korine gioca con il cinema e, soprattutto, con il suo pubblico: lo scuote, lo provoca, gli fa credere una cosa e poi, all'improvviso, cambia direzione e svela la realtà delle sue intenzioni.

Spring Breakers è un oggetto controverso, difficile da catalogare e da giudicare lucidamente. Perché tutto sembra ridotto allo scherzo, al gioco, alla presa in giro. Come a dire: "Guardate che sto solo giocando, non dovete prendermi sul serio."

Eppure, tra gli sballi e i brividi per una rapina o una sparatoria, s'insinua l'autore e, attraverso la colorata e movimentata lente del suo cinema, ci rende partecipi di qualcosa di ben più grande e potente della mera operazione preconfezionata.

Spring Breakers è il racconto pop di "un fenomeno americano, un rito di passaggio" che, attraverso lo stile di Korine, si trasforma in una vera e propria esperienza fisica determinata a sconvolgere gli schemi e le forme tradizionali del cinema. 

È un abbandono e, per questo, dobbiamo lasciarci trascinare.

 

"Mi immaginavo queste ragazze in bikini con maschere e pistole sulla spiaggia. E quella per me è stata l'immagine folgorante. Ho cercato di immaginarmi in che modo questa scena potesse essere creata.

Ho pensato a delle ragazze di un qualche stato centrale degli Stati Uniti, venute in Florida durante lo spring break e che iniziano a derubare i turisti. Questo è stato il punto di partenza della mia storia."

(Harmony Korine)

 

Harmony Korine prende le pop star e le immerge nel loro stesso mondo: Candy, Faith, Brit e Cotty sono quattro studentesse del college che, stufe della solita routine e della vita nella loro città, decidono di raccogliere una notevole quantità di denaro, organizzando persino una rapina in un fast food, per allontanarsi e partire alla volta della Florida. Lì inizierà il loro spring break; la possibilità, ovvero, di dare una svolta alla propria vita per poter assaporare per la prima volta il vero divertimento e la vera libertà. 

Lo spring break è il punto di partenza e, al tempo stesso, di snodo dell'intero film: se per le ragazze rappresenta il mezzo per allontanarsi dalla realtà e godersi fino a fondo la propria vita ("Qui mi diverto tantissimo. Questo posto è speciale. Inizio a pensare che sia il luogo più spirituale dove sia mai stata. Credo che qui abbiamo trovato noi stesse. Finalmente abbiamo visto un'altra parte di mondo. Abbiamo visto delle cose bellissime. [...] È molto più che semplice divertimento."), per Korine, invece, diventa lo strumento per esplorare a fondo quel fenomeno americano da lui stesso citato. 

Spring Breakers non si risparmia niente e si getta a capofitto all'interno del rito di passaggio; ne assapora i colori, i suoni e le controversie. Ed è per questo (e altro) che la pellicola è rimasta indigesta a molti: perché si è abituati a pensare che chiunque riprenda una festa in spiaggia a suon di electro muzik per andare addirittura a citare pezzi di Britney Spears non abbia, in realtà, molto da dire. Ma non è questo il caso dell'ultimo lungometraggio di Harmony Korine che, invece, riesce realmente a scuotere lo spettatore mostrandogli il lato più provocante e, per certi aspetti, immorale del suo cinema. Provocante non tanto per la pretesa di andare al di là delle apparenze ma, bensì, per la volontà di restare in bilico tra realtà e finzione, tra serietà e presa in giro (dello spettatore e, naturalmente, del critico di turno).

Spring Breakers, con la volontà di andare costantemente oltre gli schemi, mescola indistintamente generi e colori, sequenze con altre sequenze, dando così vita ad un'esperienza fisica potentissima che, attraversando lo schermo, ci cattura e ci rende inesorabilmente partecipi. D'altra parte, non c'è nessun tipo di giudizio o di rimprovero da parte del cineasta americano: "Questo è la realtà che vi mostro, sta a voi trarre le giuste considerazioni." sembra suggerirci. 

E allora, in base a come lo si guarda, il film di Korine mostra tutte le sue sfaccettature. Scrive Manohla Dargis sul New York Times: "At once blunt and oblique, “Spring Breakers” looks different depending on how you hold it up to the light. From one angle it comes across as a savage social commentary that skitters from one idea to another [...] From another it comes off as the apotheosis of the excesses it so spectacularly displays. That Mr. Korine appears to be having it both (or many) ways may seem like a cop-out, but only if you believe that the role of the artist is to be a didact or a scold. Mr. Korine, on the other hand, embraces the role of court jester, the fool whose transgressive laughter carries corrosive truth. He laughs, you howl."

 

"Nel film le cose si ripetono spesso perché volevo che fosse un'esperienza fisica, una narrativa liquida fatta di microscene che si ripetono in loop, una cosa un po’ allucinata e trascendentale, in modo che sia più vicina strutturalmente alla musica pop o elettronica con i suoi sample, con i chorus e con elementi catchy che ti seducono e ti acchiappano. Volevo immagini che arrivassero dal cielo per poi tornare indietro.?"

(Harmony Korine)

 

Harmony Korine gioca con il suo cinema. Lo colora, lo contorce, lo arricchisce mano a mano che la pellicola si avvicina alla sua conclusione. Spring Breakers si trasforma in pura esperienza: colpisce l'occhio dello spettatore e lo ipnotizza facendolo precipitare all'interno della sua folle contorsione. È un tripudio di colori, di neon sfavillanti, di inquadrature immobili e frenetiche.

Il regista americano, imponendo il suo stile, da vita ad una vera e proprio allucinazione che, sconvolgendo il naturale scorrere del tempo, alterna le inquadrature e le ricompone a suo piacimento attraverso un montaggio che vìola tutti i principi della narrazione classica. Così viene chiamato in causa lo spettatore che ha il compito di ricomporre la sequenza per ricollegare i soggetti alle loro azioni e collocarli sull'asse temporale. Un intervento diretto e immediato: dalla mdp di Korine al nostro sguardo. 

Ma Spring Breakers non si limita ai colori e alle abili (potremmo dire geniali) soluzioni di montaggio. Tutto, all'interno della pellicola, è stato pensato in modo da rendere la visione una vera e propria "esperienza fisica". Basti pensare alla voice over ovattata di Faith (Selena Gomez) che, grazie anche alle (sempre colorate) sequenze in ralenti, contribuisce alla dilatazione temporale e, quindi, a quell'effetto "allucinato e trascendentale" citato dallo stesso regista. 

Non manca poi una buona dose (per certi aspetti un po' eccessiva) di cultura pop che, tra colonna sonora e le quattro protagoniste, aiuta ad inserire il film all'interno di quel già citato "fenomeno americano" che, nel bene o nel male, sta caratterizzando i nostri tempi. Ma si tratta comunque di scelte consapevoli, non dettate da invasivi vincoli commerciali ("Mentre scrivevo mi dicevo che sarebbe stato perfetto che queste ragazze fossero vere e proprie pop star. Che potessero rappresentare, nel film, tutto quel mondo pop."). E, nel complesso, le interpretazioni sono (quasi tutte) riuscite, a partire dall'ottimo James Franco nei panni del rapper-criminale Alien. 

 

Spring Breakers, noncurante delle facili accuse e delle critiche semplicistiche, si mostra in tutta la sua controversa folla e in tutta la sua spregiudicatezza.

C'è la certezza, da parte di Harmony Korine, di essere riuscito a realizzare una pellicola che, nel bene o nel male, verrà ricordata negli anni. Sta a noi, a questo punto, provare a giudicarla. E per farlo, in modo consapevole, dobbiamo distaccarci dalle apparenze, da quella patina colorata e (consciamente) ingannatrice. 

Solo così potremo riuscire a valutare correttamente e, di conseguenza, a comprendere la vera bellezza di quest'opera. 

 

"Spring Break. Spring break forever!"

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