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Bianca come il latte, rossa come il sangue

Regia di Giacomo Campiotti vedi scheda film

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La recensione su Bianca come il latte, rossa come il sangue

di GIANNISV66
8 stelle

Garbata pellicola che riesce a far divertire e a commuovere al tempo stesso.

Ben lungi dall'essere un capolavoro, Bianca come il latte, rossa come il sangue riesce comunque a ritagliarsi uno spazio nel panorama del cinema italico, non fosse altro per la sua capacità di raccontare una storia di adolescenti di per sé non eccessivamente originale riuscendo però a presentarsi come una ventata di aria fresca.

La vicenda vede come protagonista Leo, sedicenne romano trapiantato a Torino, per cui la realtà si può classificare come bianca o rossa. Il bianco è negativo, in quanto simbolo dell'assenza di colore e dunque delle emozioni, il rosso all'opposto è la positività in quanto amore, passione e vita.

Leo ha due amici sui cui contare, Nico (con cui condivide le glorie della squadra di calcetto e partite clandestine di ping pong su un improbabile tavolo che rappresenta un vero colpo di genio) e Silvia (quest'ultima innamorata di lui cosa che, come capita in queste occasioni, sanno tutti tranne l'interessato) ed è innamorato della bella Beatrice (senza ovviamente avere il coraggio di dichiararsi).

Tanto spavaldo con gli amici, Leo di fronte all'oggetto della sua passione si rivela goffo ed impacciato, come del resto è giusto esserlo alla sua età, e come credo sia capitato alla maggior parte degli adolescenti di ogni epoca.

A complicare il quadro d'insieme c'è poi l'arrivo in classe di un fascinoso professore di italiano, che stupisce per i metodi fuori dalle righe grazie ai quali raccoglie l'attenzione degli studenti, figura che ricorda e non poco il protagonista dell' Attimo Fuggente.

Leo inizialmente, nel suo atteggiarsi a ribelle ad ogni costo verso l'istituzione scolastica, rifiuta questa presenza e cerca lo scontro, ma la sfiducia di partenza si trasforma in un rapporto importante e in una presenza educativa al di là dei rispettivi ruoli.

Tutto nella norma verrebbe da dire, nei binari di una storia di formazione che parla di adolescenti in un Liceo. E invece no perché arriva la malattia di Beatrice, una di quelle patologie maledette che non danno speranza, di fronte alla quale Leo non fuggirà e che anzi affronterà per regalare qualche momento di gioia alla ragazza dei suoi sogni.

Qui è la parte migliore del film, la delicatezza con cui il regista (Giacomo Campiotti, una lunga esperienza nelle fiction televisive alle spalle) affronta un tema così difficile, in cui il rischio di cadere nel patetico è sempre dietro l'angolo, rischio che viene invece evitato.

Diverte la freschezza con cui Leo pone tutto in secondo piano per dedicarsi alla sua “missione”; fa sorridere ma anche, e non poco, commuovere, il suo entusiasmo che lascia attoniti i genitori e che rischia di travolgere i rapporti con gli amici (la povera Silvia, con cui si consuma una rottura per un malinteso), ma che alla fine si rivela positivo.

Non c'è pietismo né lieto fine a tutti i costi (anche se il finale è un bel messaggio di speranza, e quel trovarsi tutti insieme sotto il sole della primavera personalmente non l'ho trovato così banale come potrebbe apparire di primo acchito) ma solo la gran gioia di vivere che Beatrice riesce comunque e nonostante tutto a trasmettere a chi le sta vicino.

Filippo Scicchitano torna a fare l'adolescente problematico come già in Scialla! pur con qualche doveroso distinguo: nella pellicola d'esordio aveva tratteggiato un personaggio più complesso e anche più difficile mentre qui è alle prese con una figura meno particolareggiata, e in effetti la sua interpretazione appare talvolta un po' di maniera (e pure un po' forzata in certi passaggi).

Decisamente più brave, almeno nell'occasione, le due interpreti femminili, Aurora Rufino nel ruolo di Silvia, la compagna dolce, carina e anche un po' secchiona che avremmo voluto trovare nella nostra classe (e magari l'abbiamo incrociata ma come Leo non ce ne siamo accorti) e Gaia Weiss nella parte della bella e sfortunata Beatrice.

Nota di merito anche per Luca Argentero nei panni del professore “sognatore”, e per l'ambientazione torinese assolutamente azzeccata.

Una pellicola certamente non perfetta, ma assolutamente gradevole, e comunque con il merito, rispetto a metri sopra il cielo, ponti con lucchetti e affini, di saper dare un taglio più profondo alle figure dei protagonisti.

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