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Piano, piano non ti agitare

Regia di Alexander Mackendrick vedi scheda film

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La recensione su Piano, piano non ti agitare

di Stefano L
6 stelle

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“This is Wild West… and this is the West that’s even Wilder… This is the way way way out west”: è così che veniva introdotto il trailer di questa stramba e inusuale commedia di Alexander Mackendrick basata sul romanzo (o forse solo un racconto… non è chiaro) di Ira Wallach (qui pure sceneggiatrice), “Muscle Beach”. Ed effettivamente di addominali enormi e bicipiti pompati se ne vedono parecchi in “Don’t Makes Waves”. Il panorama è quello della California dell’estate ’67: hippies, culturisti, appassionati d’astrologia, imprenditori svampiti ed “avvoltoi” in cerca delle più stravaganti opportunità per fare soldi costellano il maquillage di un microcosmo amèno. In questo quadro epicureo, un vortice di situazioni iperboliche trascinerà il maldestro newyorkese Carlo Cofield (Tony Curtis): dopo un rocambolesco incidente d’auto con l’italiana Laura Califatti (Claudia Cardinale), Carlo perde i suoi averi ma inizia un rapporto di complicità assieme all’affascinante straniera, fino ad improvvisarsi venditore di piscine, grazie all’aiuto del potente industriale Robert Webber (Rod Prescott), amante di Laura. Le soleggiate spiagge del sud riservano altresì diverse soprese, come la procace sky-diver Malibù (Sharon Tate), surfista di cui Carlo si invaghisce immediatamente (in seguito al soccorso da un annegamento), la quale però è già impegnata col bodybuilder Harry (Dave Draper). Parrebbe profilarsi un triangolo tra Carlo, Laura e Malibù; i disastri comunque non tarderanno ad arrivare… Anche se evidentemente sia un po' privo di mordente e la trama è sempre al limite del verosimile il metraggio ha degli aspetti da non sottovalutare: un umorismo spigoloso incentrato sulle relazioni extraconiugali, un’ambientazione radiosa e nostalgica, esaltata dalla cosmesi granulosa di Philip H. Lathrop, e soprattutto una Sharon Tate dalla bellezza mozzafiato; il montaggio della sequenza in cui si allena saltando sul tappeto elastico con in sottofondo le musiche dei “The Byrds” è ipnotizzante. Meno stimolante la componente comica, che, sebbene offra alcuni frangenti irriverenti, comprendenti dei dialoghi abbastanza divertenti e un finale rovinoso con una piega catastrofica, non cela nemmeno delle palesi debolezze di scrittura: la chimica tra Curtis e la Cardinale non sembra granché (l’inglese maccheronico di quest’ultima, in ogni caso, non può che essere sollazzevole, magari per un anglofono; oggi certuni lo definirebbero “cringe”), e i passaggi narrativi sono eccessivamente veloci (o fuori luogo, tipo la parte del salvataggio col paracadute), trasmettendo un senso di incompletezza. A dispetto dei vistosi difetti, Mackendrick gestisce con ritmo un contesto beffardo ed anarchico che non conduce alla noia.

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