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Di nuovo in gioco

Regia di Robert Lorenz vedi scheda film

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La recensione su Di nuovo in gioco

di supadany
7 stelle

Aveva detto che “Gran Torino” sarebbe stato il suo ultimo film da attore (ed anche per questo quell’uscita di scena è stata ancor più indimenticabile), ma in occasione dell’esordio in solitaria alla regia del suo collaboratore Robert Lorenz (produttore ed aiuto regista di molti film), Clint Eastwood ritorna sui suoi passi con un personaggio perfettamente insito nelle sue corde allocato in un film godibile nel quale però non si respira fino in fondo quell’atmosfera che ha segnato indelebilmente gran parte dei suoi lavori da regista negli ultimi quindici anni.

Ormai invecchiato e malato, ma per nulla disposto a farsi da parte, Gus Lobel (Clint Eastwood) è uno scout poco incline ad utilizzare i nuovo metodi di lavoro che la tecnologia “suggerisce”.

Chi comanda (Robert Patrick) nella sua squadra sembra volergli voltare le spalle, ma Pete (John Goodman) rimane al suo fianco e confida alla figlia Mickey (Amy Adams), donna in carriera, i problemi di salute di Gus.

Mickey si prenderà del tempo per stare al suo fianco, provare a rivangare un passato complicato, aiutarlo nel suo lavoro di scouting e nella trasferta in North Carolina conoscerà anche un ragazzo (Justin Timberlake) che vede la vita in maniera diversa da lei.

 

Amy Adams, Clint Eastwood

Di nuovo in gioco (2012): Amy Adams, Clint Eastwood

 

Manca del lungo respiro l’opera prima di Robert Lorenz, ma tutto il resto c’è, magari un po’ diluito nel tempo, ma tra due personaggi congrui (e veder recitare insieme il vecchio Clint e Amy Adams non è cosa di poco conto), un po’ di sentimento (che sia legato al rapporto padre-figlia o al più classico uomo-donna) e sferzate di umorismo (sono parecchie le battute vincenti, soprattutto Clint Eastwood ne è il depositario) c’è di che vedere.

In parallelo c’è lo scontro tra il progresso e la vecchia scuola di pensiero (la verità starebbe poi nel mezzo), tra il disgusto di Gus per i nuovi metodi (i numeri da soli spesso non dicono tutto) e la denigrazione per chi invece non si adegua (un po’ troppo accentuata la superficialità del personaggio interpretato da Matthew Lillard).

Lo svolgimento comunque è un po’ troppo semplice, in alcuni casi anche azzardato (va bene la botta di fortuna, ma trovare un mezzo fenomeno come succede è forse un po’ troppo), ma è anche vero che il finale provoca le giuste, per quanto ovvie, vibrazioni, insomma regala soddisfazione vedere la rivincita affidata al caro vecchio campo di gioco.

Un film che si rivela sostanzialmente piacevole, che gode di alcuni buoni momenti anche se la componente estetica va poco oltre il dignitoso (nonostante i nomi a supporto non manchino come Tom Stern alla fotografia), mentre quella umana è di sicuro affidamento con diversi attori nel posto giusto, oltre al “senile” Clint Eastwood, Amy Adams non ha più bisogno di conferme, mentre Justin Timberlake è generoso e naturale quanto occorre per creare una discreta chimica con la compagna di set.  

Gradevole, sena impegno.

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