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Regia di Ramin Bahrani vedi scheda film

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La recensione su A qualsiasi prezzo

di supadany
8 stelle

Sementi e motori. Espandersi o morire.

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia anno 2012, inedito in sala, è uno di quei titoli recuperati per l’home video dalla Koch Media che avrebbe meritato miglior sorte ma che allo stesso tempo capisci, dopo avelo visto, come sia talmente caustico (sotto la coltre di facciata) e poco incline al compiacimento per poter piacere al pubblico che “regala” i numeri che contano (biglietti staccati).

Un film che traccia un deciso percorso e che pur cambiando alcuni connotati non si perde per strada; il nome di Ramin Bahrani, il regista, è ufficialmente segnato sul taccuino (ed il seguente “99 homes” uscirà in dvd/bluray ad inizio aprile 2016).

La famiglia Whippie da generazioni gestisce un’importante azienda agricola, Henry (Dennis Quaid) non riesce però a trasmettere la passione ai figli, il maggiore è da tempo vagante per il mondo mentre il più giovane Dean (Zac Efron) aspira a diventare un pilota professionista.

Entrambi sono però mondi complicati, Dean dovrà fare i conti con la sua passione mentre Henry finisce sotto la lente d’ingrandimento di una coppia di ispettori pronti a rovinarlo, infatti la sua coscienza non è affatto pulita.

 

 

Ramin Bahrani allestisce un congegno solido quanto ricco di variabili curando l’insieme come nel cinema americano si tende sempre meno a fare, soprattutto descrivendo la realtà produttiva senza (farci) credere alle favole.

L’introduzione/titoli di testa, in salsa amarcord riassuntivo, con sottofondo di note splendide, instrada già lo sviluppo dei fatti ponendo i primi paletti, con la delusione per il primogenito “in fuga” in origine designato a portare avanti le gesta della famiglia.

Poi prendono velocemente piede i meccanismi del business (indagine di Ramin Bahrani tra i coltivatori dell’Iowa per sei mesi), il volere sempre di più in un mondo che ti può spazzare via da un momento all’altro, con un uomo d’affari prodigo in “lezioni di vita” e con il disinteresse del figlio rimasto nel perpetrare la tradizione tra oneri ed onori.

Per l’occasione viene rielaborato il sogno americano; ti rimangono solo i trofei se non hai dei sogni, ma poi fa capolino un’inattesa paura della morte, urge una riflessione che può cambiare tutto, ma ecco le (dannate) coincidenze che portano alla punizione (se non terrena, divina e poi certi fardelli non ti lasciano più) per colpe rimosse troppo rapidamente; ci sono cose che si possono sistemare ma altre da cui non si torna più indietro anche se ti armi di falso sorriso (testuali parole) per proteggere te stesso, e la tua famiglia (e distruggere gli altri se occorre), dinnanzi a chi ti guarda dritto negli occhi.

Un tappeto di argomentazioni che si amalgano nel corso dello svolgimento in crescendo drammatico e che offrono uno spaccato senza rasserenamenti al quale si aggiunge un (improvviso) dialogo tra Henry e suo padre (ormai fuori dai giochi ma non assente) che pone in essere il punto (globale) della situazione; per Henry nel passato era tutto più semplice, non c’erano controlli ed il progresso non era così schizofrenico, ma suo padre gli rammenta che no, è il contrario, una volta c’era il lavoro duro ed interminabile, mentre oggi la tecnologia ti permette di non muovere quasi un muscolo (e sicuramente di non spaccarti la schiena), insomma “pro e contro” come spesso capita, una visione univoca è scarsamente credibile.

Nei panni di Henry colpisce Dennis Quaid che in decine di film abbiamo visto interpretare l’americano senza macchia, quello che ti rassicura mentre questa volta ha un armadio pieno di scheletri, in (costante) progresso Zac Efron che nella foga di un giovane uomo, piuttosto viziato (le famiglie ricche hanno spesso questi inconvenienti), conferma di non essere solo “bello” ma di poter manifestare anche un’anima complicata.

A chiudere, ecco il finale che è il colpo di grazia, quell’allegria che nasconde tutto, ma prima o dopo si faranno i conti con qualcuno (Dio); indirizzo sicuramente lontano dal sentimento (del buon) americano e proprio di chi, Ramin Bahrani, pur essendo nato negli States, conserva origini lontane (iraniane come Nadir Naderi nome tutelare presente nei credits insieme ai ringraziamenti tra gli altri a Werner Herzog) e possiede uno sguardo meno contaminato e più pessimista, come minimo scalfito da un’incertezza.

Colpito ed affondato. 

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