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Candidato a sorpresa

Regia di Jay Roach vedi scheda film

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La recensione su Candidato a sorpresa

di mc 5
8 stelle

Ricordo che quando un mio amico postò su fb il trailer di questo film (e quella fu la prima occasione che ebbi modo di vederlo) la percezione che ne ricavai fu piuttosto ingannevole. Nel senso che mi parve un prodotto vagamente di nicchia, uno strano film di satira indipendente, qualcosa insomma di piacevolmente fuori dagli schemi. E invece è uscito a raffica, in un numero spropositato di copie, alla stregua del più popolare dei blockbuster. Tanto che in pratica si è messo in competizione col fenomeno del momento, quel "Magic Mike" che sta sconvolgendo masse di impiegatine e shampiste in cerca del brividino pop. Ma al di là dello sforzo distributivo più che ragguardevole, com'è nella sostanza il film? Beh, diciamo che si tratta di un ottimo prodotto di intrattenimento, ispirato ad un tipo di comicità più demenziale che corrosiva, pur toccando un tema attuale come non mai, quello delle campagne elettorali negli USA (titolo originale: "The campaign"). Va detto che l'argomento è trattato in chiave di delirio grottesco e le critiche al sistema politico sono talmente deformate dalla potenza goliardica dello stile da risultare iperboliche e sopra le righe, e dunque mai destinate ad incidere con decisione nella realtà. D'altra parte ci è noto lo stile del regista, Jay Roach, le cui opere più conosciute ("Austin Powers" e "Ti presento i miei") ne definiscono un'impronta legata ad una comicità che cede spesso a tentazioni grevi e infantili ma che mai sconfina nella satira autentica. Il mondo della politica è qui raccontato come un grottesco circo dove scandali e colpi sotto la cintura sono all'ordine del giorno. E questo ci viene detto esplicitamente già dalla didascalìa introduttiva che cita una vecchia frase di un candidato degli anni 90, Ross Perot, secondo il quale "In politica non ci sono regole". Per la precisione, posso anche specificare gli schieramenti dei due antagonisti in competizione, e cioè che Will Ferrell è democratico mentre Zach Galifianakis è repubblicano, ma in realtà il dettaglio è irrilevante perchè l'idiozia dei due soggetti li rende intercambiabili. Entrambi cinici ed opportunisti, i colori dei rispettivi partiti (e men che meno le singole visioni ideologiche) contano ben poco nell'economia della narrazione dei fatti. Certo, di carne al fuoco ce n'era tanta. Cosa c'è infatti di più attuale (ad ogni latitudine del globo) del problema di perseguire (anche nell'ottica della crisi economica imperante) un sistema sociale più equo che contrasti la corruzione e il malaffare? Evidentemente, pur essendo materiale d'elezione per la satira politica o quantomeno sociale, Jay Roach la scelto di declinare la sua opera ai toni della commedia, grottesca e sulfurea, ma pur sempre commedia. A ben vedere, del resto, l'importante in ogni cosa è saperla fare bene. E allora sarà solo commedia, però nel suo campo Roach ci sa fare. Partendo dalla scelta di due attori assolutamente perfetti nei rispettivi ruoli, egli ha realizzato una commedia esilarante e godibilissima. In un'ottica critica, giudicare questo film è un po' come osservare un bicchiere d'acqua mezzo pieno o mezzo vuoto. Pur essendo il sottoscritto un anziano amante della satira (peraltro collezionista di tutte le riviste italiane del settore), in questo caso opterei per il bicchiere mezzo pieno. E principalmente per due motivi. Primo, la professionalità di un regista che assicura alla sua opera un ritmo incalzante e una ricchezza di gag e situazioni che divertono il pubblico. Secondo, un cast di primordine che conferisce al progetto sufficiente credibilità. Quanto poi all'accusa, peraltro lecita e comprensibile, di eccedere in battute triviali, posso provare a fare l'avvocato del diavolo. Qui le gag "scatologiche" attengono ad un discorso di critica sociale (o quantomeno dei costumi della società USA) mentre noi siamo abituati ai cinepanettoni dove le volgarità hanno un unico collante, le solite corna. E allora possiamo aggiungere che quello che pare cinismo dalle sfumature anarco nichiliste, altro non è che la rappresentazione "hardcore" dei sentimenti (buoni e cattivi) degli uomini, caricati con robuste iniezioni di grottesco. Sfondo della disputa elettorale è la cittadina di Hammond, collocata idealmente nel North Carolina, ma in realtà solo immaginaria, e infatti il film è stato girato nei pressi di New Orleans. Numerose le sequenze memorabili per gusto dell'eccesso e dell'iperbolico, del tipo che Will Ferrell, durante due distinte scene di rissa, prima sferra uno sganassone a un poppante, e poi assesta un cazzotto nientemeno che a Uggie, il cagnolino jackass del film "The artist". Durante la visione non si può non pensare alle parole (diffuse pochissimi giorni or sono) intercettate ad insaputa dell'interessato, con le quali il candidato repubblicano Mitt Romney esprimeva tutto il suo disprezzo per le classi più povere. Un caso emblematico di ciò che davvero pensano in cuor loro i politici americani (e non solo) al di là dei discorsi confezionati dagli staff. Ed è esattamente ciò che viene espresso in questo film, naturalmente in forma di commedia. Anche se non è certo la prima volta che il cinema si occupa di competizioni elettorali negli States: il caso più recente era stato quello (a ben altri livelli!) delle "Idi di Marzo" di (e con) George Clooney. E concluderei con un cast di interpreti tutti piuttosto in forma. A partire dai due istrionici protagonisti. Di Zach Galifianakis avevo detestato il suo ruolo nella mini saga "Una notte da leoni", premiata dal pubblico ma disprezzata dal sottoscritto, mentre qui invece Zach è sorprendente e si dimostra capace di sfumature sulle quali non avrei mai scommesso. Quanto a Will Ferrell, sono da sempre un suo fan, e in particolare sono legato ad uno dei miei film di culto, "Vero come la finzione", in cui egli ricopriva l'impagabile ruolo di un agente del fisco in crisi esistenziale. Da segnalare inoltre tre grandissimi attori a cui la sceneggiatura ha riservato tre ruoli da "special guests": John Lithgow, Dan Aykroyd, Brian Cox. E mi stavo dimenticando del bravo Jason Sudeikis, attore fra l'altro lanciatissimo, e qui presente nei panni dell'assistente di Will Ferrell. Concludendo. D'accordo che la comicità che domina nel film è spesso di grana grossa, ma la sostanza è che una commedia deve far ridere. E in questo senso la missione è compiuta. Si ride.


Voto: 8 e 1/2

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