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Candidato a sorpresa

Regia di Jay Roach vedi scheda film

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La recensione su Candidato a sorpresa

di lorenzodg
4 stelle

Candidato a sorpresa” (The campaign, 2012) è l’ottavo film del regista del New Mexico Jay Roach. Dopo “Austin Powers” (1997, 1999), “Ti presento i miei” (2000), “Mi presenti i tuoi?” (2004) e “A cena con un cretino” (2010) –remake della pellicola francese ‘La cena dei cretini’- Jay Roach tenta la carta della campagna elettorale americana anticipando il finale di quella vera (che si sta svolgendo negli Usa).
   Con modo soporifero, ridanciano e greve il film non raggiunge mai vette di vero godimento e un battutario da ricordare; senza colpo ferire (in 85 minuti) la storiellina dei due candidati arriva all’epilogo (sui titoli di coda un finalino da tv praticamente inutile) con un rimasuglio di luoghi e giacenze di seconda mano da aspettarsi con colpi di scena anche ben orchestrati ma che non sortiscono l’effetto sperato. Tutto procede con accumuli di luoghi comuni familiarmente americani (la buona tavola unita, il sondaggio di tutto, la news a batte tutti, la donna lady, i figliocci imbranati …) in un susseguirsi  di becerismo trash-andato dove la riflessione amara (che è lontana) non incide affatto e sul nulla della politica. Poi intervengono fattori (per così dire) privati che diventano pubblici (nulla di nuovo verrebbe da dire): con alcove scambiate, figliocci spudorati, cani intraprendenti e cazzeggiamento finto-tv. Il lacrimevole della riappacificazione viene preso ‘sudigiri’ ma senza una degna e ficcante irriverenza. La commedia vuole divertire (e in parte ci riesce) ma non combina il sorriso e il reale in modo giusto: tutto rimane così in superficie, aleatorio e saltellante. Il trash arriva lì senza accorgersene e il vizio di rompere gli schemi (e il trucco) del mestiere con vezzeggiamenti incazzosi, pachidermici insulti-nulli, catastrofi (irrilevanti) becere e intristimenti volgari non incantano più di tanto e lasciano il tempo che trovano. Tutto sembra accumulante di quello che tutti dicono senza un oltre sociale sconveniente (veramente) e imbastato di vana gloria. Se siamo all’immondezzaio del post-moderno il cinema dovrebbe (parere che poco conta) dircelo con una forza stanante e dirompente spazzando e togliendo ‘scazzeggiate’ che arrivano di continuo dalla comicità di quarta serie e da personaggi(ni) che appaiono e appaiono (credendo o facendo credere di essere geniali e superatomici del mondo irriverente). Non si dice più nulla se si calca l’onda facile della risata poco intraprendente: una moda diversiva (sembra) ma che non riesce a dare quasi..nessuna sana risata.
   ‘Un minuto fa avevo giù i pantaloni ed eccomi deputato … di solito succede il contrario’ questa la frase parola più parola meno che dice a noi (i soliti pochi ad una proiezione pre-serale) mentre (ormai) l’ex candidato Marty Huggins parla alla platea (repubblicana) acclamante e festante (sempre e comunque) che certamente vorrebbe sentire ma pensa a farsi notare (chi sa la tv come gode a giuggiole e straripa con programmazioni cazzosamente inventate e penosamente riprese). La frase vorrebbe incidere su quello che l’ex presidente (democratico) Clinton ha concesso (diciamo così) in ‘pasto’ all’informazione: scandalo sexgate e tradimento con la stagista Monica Lewinsky. Ma tutto avviene in tono minore e quasi da commiato ad un film sudaticcio, scheggioso, slabbrato e telefonato (ah…sì le intercettazioni che bel guazzabuglio che spaventa per chi non riceve neanche un ‘entrata’ nella cerchia… che cosa vuoi che sia farsi ascoltare nella segreteria telefonica: ma sono così sprovveduti e rincoglioniti?). Una storia degna di un programma (via cavo o a pagamento) dove le schermaglie arrivano al ‘nudismo’ di ogni cosa pur di fare audience ma in un film (degno di questo nome) la sit-com non dovrebbe entrare e la tv chiederebbe aiuto per ‘smascherare’ ogni nefandezza (sia seria che becera-mente da irridere).
   E la moglie di Marty sta al gioco con capigliatura aggiustata e chic…’alla Hillary’ come gli dice il marito: e qui l’altra metà si ‘gasa’ come non mai. Una first lady (di bassa ‘lega’) che non crede ai suoi occhi. Tutto qui. Verrebbe da dire che tutto il resto è meglio (o peggio secondo i gusti) ma tutto appare rimescolante e scadente con un’avvisaglia allo sporco da far vedere e di lenzuola in piazza. Ma è veramente irriverente tutto il meccanismo? Penso proprio di no. Si guarda compassati e assonati una pellicola ‘alimentare’ che dice qualcosa e si dimentica da sola (d’altronde il regista sa già come abbassare il livello qualitativo riuscendo a sbeffeggiarsi di alcuni attori-monstre nelle sue commediole familiari –purtroppo gli attori-mostre hanno fatto il suo giochetto-).
   Cam Brady
(deputato con più mandati) e Marty Huggins (ingenuo candidato) sfociano in una campagna elettorale ‘a sorpresa’ (come nell’italy-titolo) con guerriglie varie, mogli e amanti in prima fila, tv dentro la camera da letto con pupi (inespressi) e cani (in-agguato) che si candidano al seggio d’onore. Il finale dice nulla (scambio pensando alle elezioni scolastiche) e il finalino è una coda per andarsene.
   Ciò che la candidatura vuole è il povero insipiente ma qualcuno (registi altri e di livello) aveva fatto sberleffi all’America unita con un passo lento (sembra) e una recitazione molto addentro (per non dire di alto livello). Però… come un Dan Aykroyd sia finito da queste parti è difficile da capire…. (è in buona compagnia purtroppo…).
   I due candidati, Will Ferrell e Zach Galifianakis, hanno buone possibilità per vincere l’Oscar al contrario o per meglio dire la Banana dell’anno. La regia di Jay  Roach è in tono televisivo e senza nessuna voglia di esserci (per fortuna Hal Roach aveva un nome diverso).
   Voto: 4½.

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