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Final cut - Ladies and Gentlemen

Regia di György Pálfi vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Final cut - Ladies and Gentlemen

di silviodamico
8 stelle

Sentito omaggio al cinema americano e ungherese e più in generale al cinema mondiale, Ladies & Gentlemen è l’archetipo della storia d’amore nonché prodotto di non facile distribuzione, non fosse altro per le liberatorie sui diritti d’autore dei 450 film e serie saccheggiati e combinati per dar vita a quest’opera insolita, semisperimentale, ironica e gradevole, costata 3 anni di montaggio. Un uomo e una donna che hanno i volti e le sfaccettature di innumerevoli star del cinema si incontrano, per caso. Quest’incontro altererà per sempre i loro destini e scatenerà una reazione a catena di eventi che sfideranno la logicità del tessuto lineare dello spaziotempo. Si conoscono e s’innamorano. Vanno al cinema, al parco, al luna park, a ballare, al ristorante, a letto. Inevitabile lo scontro con un altro pretendente e ancor più inevitabile la proposta di matrimonio dopo la vittoria del nostro protagonista. Proposta che, manco a dirlo, viene aubito accettata. La vita però non è sempre idilliaca e i problemi non tardano a farsi avanti. La moglie amorevole e premurosa prepara la cena e lo aspetta ma lui arriva tardi. Vuole fare l’amore ma lei rifiuta. Lui s’insospettisce e l’indomani la segue fino a casa di un altro uomo. Lei si spoglia, il marito è disperato ma c’è un equivoco: quell’uomo è il dottore e sua moglie è incinta. Voleva dirglielo ma lui non gliene ha dato modo. Ormai però il matrimonio è compromesso: lui sbraita e la colpisce, lei scappa in lacrime dalla madre. Lui vorrebbe chiamarla e lei non aspetta che una sua telefonata. La telefonata arriva ma lui non ha il coraggio di dire nulla. Trova invece il coraggio di arruolarsi e andare in guerra, dove verrà colpito a morte. La disperazione della moglie nel leggere della morte dell’amato è un pianto cosmico carico di desideri inesauditi che, giunto alle orecchie del compassionevole Dio del Cinema, porta indietro il tempo fino a quella fatidica telefonata. Solo che stavolta lui ha il coraggio di parlarle, di scusarsi, di chiederle d’incontrarsi. L’abbraccio e il bacio: l’idillio ritorna e lei gli dice di essere incinta. Ciò che all’apparenza può sembrare la fiera dei luoghi comuni è in realtà un caloroso e coloratissimo omaggio alla vita, all’amore e al cinema. Sul grande schermo, i volti si mescolano ma le storie rimangono inalterate, pronte per essere decostruite, combinate e risignificate. Esempio: eliminando il sangue, il volto atterrito di Janet Leigh nella scena dell’assassinio nella doccia in Psycho non è più causato da una morte violenta per mano di uno squilibrato, ma è uno struggimento nostalgico per un amore che non è più com’era all’inizio. In questo film i protagonisti non hanno nome né volto e allo stesso tempo hanno mille nomi e mille volti. Non sono più personaggi interpretati da attori, ma spiriti seri e giocosi, sensuali e psicopatici che ripercorrono i capolavori del cinema rincorrendosi, saltando da un genere all’altro  avanti e indietro nel tempo, giocando a scambiarsi i ruoli, emozionando e facendo riscoprire a noi spettatori moderni, ormai avvezzi a tutto ciò che sta fra showbiz e silver screen, quel senso di stupore e meraviglia che solo il cinema degli inizi riusciva a suscitare. Forse (non) è troppo azzardato dire che a livello concettuale si tratta di una rivisitazione in chiave postmoderna della teoria del Monomito di Campbell & Vogler che tanto influenzò George Lucas, secondo cui, ipersemplificando, è possibile ricondurre ogni sorta di narrazione-finzione (dalle antiche mitologie ai moderni blockbuster, a prescindere dal genere) ad un unico e invariabile schema narrativo.

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