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Una folle passione

Regia di Susanne Bier vedi scheda film

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La recensione su Una folle passione

di supadany
4 stelle

La danese Susanne Bier – premiata con Oscar e Golden Globe per il miglior film straniero con In un mondo migliore – s’imbarca nel suo secondo film americano, sette anni dopo al ben più riuscito Noi due sconosciuti, e incappa in un mezzo disastro. Già di suo, l’autrice ha spesso manifestato un estro con l’insidiosa tendenza all’azzardo, ma in questo caso il soggetto, con le sue derive, l'accompagna fuori strada.

Stati Uniti, 1929 (a un passo dal crollo della borsa). Tra i suoi tanti affari basati sul legname, George (Bradley Cooper) s’innamora di Serena (Jennifer Lawrence) e la sposa. In breve tempo, la giovane donna si dimostrerà valida spalla nella gestione degli affari.

Però, intorno a loro il sistema comincia a incrinarsi e quando aspettano un bambino, ma la gravidanza non va a buon fine, il loro rapporto si deteriora e con esso anche i loro affari.

Sull’orlo del dirupo, l’ossessione è solo d’intralcio.

 

Bradley Cooper, Jennifer Lawrence

Una folle passione (2014): Bradley Cooper, Jennifer Lawrence

 

Se potenzialmente la trama poteva dar seguito a una gran storia melodrammatica, Una folle passione finisce per combinare un danno dietro l’altro.

C’è, infatti, una sostanziale discordanza tra le parole e le azioni, il patatrac è già chiaro quando con un’ellisse inaudita, un amore sulla carta difficile da conseguire si realizza in due minuti di film, con l’aggiunta sequenziale di alcune battute come minimo azzardate. Il meccanismo fa sovente fatica a reggersi sulle proprie gambe, la confezione è laccata, ma poi nemmeno abbastanza elegante da appagare lo sguardo, e la sceneggiatura produce connessioni dagli equilibri instabili.

In questo scenario, lo sviluppo pare come imprigionato, poco naturale e anche le tracce da thriller dell’anima finiscono con l’essere soffocate.

Detto questo, rivedere insieme Bradley Cooper e Jennifer Lawrence genera un effetto deja vu (Il lato positivo, American hustle), ma in questa struttura sembrano entrambi completamente sfasati, in più il resto del casting manifesta problematiche varie, tra le quali, Rhys Ifans si ritrova catapultato in una parte poco incline alle sue abitudini.

Un insieme che quindi è discutibile per come si mostra nella sua interezza, che crolla quando fa la voce grossa, proprio per mancanza di fondamenta stabili, con Susanne Bier che finisce con lo sembrare un pesce fuor d’acqua, incapace di gestire quei sussulti interiori, moti dell’anima incontrollabili, che hanno caratterizzato la sua poetica e reso riconosciuto il suo cinema migliore.

Dimesso.

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