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Sound of My Voice

Regia di Zal Batmanglij vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Sound of My Voice

di darkglobe
9 stelle

Opera enigmatica e carica di inventiva, qualità che suppliscono alle scarse risorse economiche con cui è stata realizzata

Quando mi chiedono di suggerire il titolo di un film che possa far da apripista per il nuovo cinema indipendente made in USA, non ho mai dubbi sul primo da indicare: Sound of my voice.

Si tratta di un piccolo thriller futurista a basso costo, diretto dall’esordiente Zal Batmanglij, giovane antropologo di origini iraniane laureatosi poi all'AFI. Il film, prodotto e co-sceneggiato ma anche recitato da quel bellissimo e carismatico talento di nome Brit Marling, viene presentato nel 2011 al Sundance Film Festival insieme ad un’altra interessante opera di fantascienza, Another Earth, che ha come attrice protagonista ancora la Marling. Lei nel 2014 abbandonerà la carriera sul grande schermo dedicandosi esclusivamente alle serie TV, in particolare come interprete, sceneggiatrice e produttrice di The OA.

 

Sound of my voice viene originariamente concepito come una serie web e diviso in 10 episodi indicati da cartelli numerati, ma non vi è mai alcuna discontinuità narrativa, semmai piena continuità logica.

La coppia di Los Angeles costituita da Peter Aitken (Christopher Denham), insegnante e giornalista freelance e dalla sua compagna Lorna Michaelson (Nicole Vicius), aspirante scrittrice, intende infiltrarsi in una setta di San Fernando Valley con lo scopo di smascherare una presunta truffa. Peter, lo racconta un breve flashback, amante della matematica, della ragione e pieno di sé, ha perso il giorno del tredicesimo compleanno la madre, vecchia seguace della cultura New Age e malata di cancro, la quale riteneva che la medicina moderna non dovesse intromettersi col proprio destino. Peter trattiene ogni emozione e, incapace di perdonare la madre per l’abbandono subìto, nutre un odio profondo per i culti irrazionali.
Lorna, figlia di un produttore di Hollywood e di una modella inglese, è stata abbandonata ad un'adolescenza priva di freni inibitori: prima sbornia a 12 anni, primo presumibile aborto a 16, è crollata verso i 23 decidendo di depurarsi ma passando dalla dipendenza alcolica a quella per i superfood vegani.

I due cominciano una preparazione “esterna”, incontrandosi ad intervalli regolari in un centro commerciale con altre reclute, completata la quale vengono trasportati bendati con un furgoncino presso la sede della setta, evento che dopo la prima volta si ripeterà ciclicamente. Una breve sequenza li mostra mentre, prima di incontrare la leader Maggie (Brit Marling), si fanno la doccia e indossano camici bianchi per poi effettuare un saluto rituale con l’adepto guida Klaus (Richard Wharton), con uno strano incrocio delle mani.

Maggie vive in un seminterrato dove riceve trasfusioni di sangue e si alimenta con cibo biologico coltivato dai propri adepti, dichiarando ai nuovi arrivati, aggregatisi ad un gruppo di altri seguaci, di provenire dal futuro. Racconta infatti di essersi svegliata due anni prima sott'acqua, in una vasca da bagno di un motel, con un gran senso di vuoto, ricordando solo il proprio nome e il giorno di nascita. Finita per strada, col sistema immunitario compromesso, veniva trovata da Klaus mentre vagava per il centro cittadino in uno stato di stordimento e spossata nel fisico, venendo curata e rigenerata, per poi scoprire da un tatuaggio sulla caviglia di essere nata nel 2054.

Maggie sta raccogliendo segretamente una serie di discepoli, veri e propri eletti, con lo scopo di prepararli ad una guerra civile imminente, dove regneranno caos e carestie. Gli adepti dovranno superare varie prove tra le quali digiunare, cibarsi di vermi ma soprattutto liberarsi con vari esercizi dai propri blocchi mentali e fisici.

Peter considera la leader una truffatrice ma le sue sicurezze iniziano a vacillare quando lei ne intuisce le fragilità e riesce a provocarne il pianto e a fargli rimettere una mela appena mangiata, strappandolo dal suo guscio emotivo, con l'effetto di suscitare però una sorta di invidia femminile da parte di Lorna che non ha mai visto il compagno in quello stato. Si tratta di una delle scene più potenti del film, recitata in maniera magistrale dalla Marling con la sua incommensurabile bravura che le permette di trasformare una apparente dolcezza e vulnerabilità femminile in una fermezza contrastiva e psicologica impressionanti. Aiutano indubbiamente molto le riprese di Rachel Morrison con la mdp che si avvicina silenziosamente ai personaggi per cogliere il gioco di sguardi ed espressioni.

La stessa voce di Maggie (che pronuncia un “ricorderete solo la mia voce” che anticipa un possibile futuro distacco dagli adepti) riflette il suo carattere, oscillando continuamente tra una reale dolcezza e i toni fermi e severi, a volte sfacciatamente spavaldi, con cui manifesta il suo sdegno, ad esempio quando un allievo protesta perché, chiedendole una canzone del futuro, si sente cantare Dreams dei Cranberries. Paradossalmente quell’episodio serve a creare un discrimine tra i seguaci fedeli, disposti ad accettare l’inverosimile, anche quando i fatti sconfesserebbero le parole della leader (ed è uno spunto di riflessione su ciò che in qualche modo accomuna l’atteggiamento fideistico in tutte le religioni), e coloro che non riescono a superare il limite della propria razionalità.

I due giovani giornalisti del resto litigano proprio quando Maggie mette alla prova la lealtà di Peter chiedendogli di poter incontrare una allieva della sua classe, la piccola Abigail (Avery Pohl), ragazzina malaticcia ed antisociale, cappellino fisso sulla testa, che la leader dichiara essere addirittura la propria madre. Abigail costruisce continuamente strane torri e vive sola con il padre, che la seda di sera con una strana siringa ai piedi.

La gelosia di Lorna, colei che fino ad allora pareva addirittura la più plasmabile nella coppia di giornalisti, la porterà a diventare complice di Carol Briggs (Davenia McFadden), del Dipartimento di Giustizia, ispettrice che è alla ricerca di Maggie per rapina a mano armata e incendio doloso e conosce stranamente gli intenti della coppia di giornalisti. Meschina dunque la scelta di Lorna, che a causa di quel moto di gelosia agirà mostrando quanto i segni della sua adolescenza fatta di stravizi non siano affatto spariti.

Il finale è dunque per certi versi drammatico, ambientato in un museo di paleontologia quale elemento contrastivo rispetto alla visione di un futuro possibile fino ad allora evocato. Quando Abigail chiede a Peter chi sia Maggie, lui risponde dicendo di non saperlo, segno che tutte le sue certezze sono crollate.

La sceneggiatura di Sound of my voice è costruita in modo tale da far sì che ogni interpretazione della storia sia plausibile (da cui il senso dell’affermazione "non è una mia scelta, ma tua") ma mai pienamente sorretta dai fatti. Vi è una realtà parziale perché non tutto viene rivelato: a volte emergono volutamente solo accenni ai fatti e questi aprono la possibilità a realtà ben più complesse di quella apparente. La verità è che una lettura superficiale e didascalica che possa limitarsi ad una ricostruzione plausibile ma esclusivamente fattuale della vicenda (Maggie sarebbe una terrorista a cui è stata sottratta la figlia), con un approccio interpretativo "a tutti i costi" non porta ad alcuna lettura veramente significativa del sottotesto.

Anche la ricostruzione brutale dei fatti presenta del resto parecchie lacune che servono ad insinuare nello spettatore il dubbio. Ad esempio quella possibile del rapporto Maggie madre-Abigail figlia sembra non reggere del tutto, perché un rituale come quello delle mani con cui le due si salutano non sarebbe stato possibile insegnarlo ad una bimba tanto piccola da non riuscire a ricordarsi neppure chi sia sua madre.

Analogamente pare poco plausibile parlare di vera e propria setta, dato l’inedito punto di vista per il quale sembra che non vi sia alcun intento eticamente discutibile al suo interno, tra cui quello classico di spillare beni materiali agli adepti; così come debole pare l’idea che la setta venga costruita con il solo fine ultimo di agganciare Peter per arrivare alla bambina, visto che ci sarebbero stati modi più sbrigativi e meno dispendiosi per avvicinare la piccola.

Quello che spicca è piuttosto la capacità mostruosa della protagonista di comprendere la mente umana e forse condizionarla o persuaderla al punto da ribaltare totalmente i preconcetti di coloro che volevano smascherarla come manipolatrice. Dunque il primo elemento che emerge è relativo alla chiusura mentale con cui siamo soliti giudicare il prossimo, condizionati ferocemente dai nostri pregiudizi.

Maggie è essenzialmente una visionaria carismatica che preconizza la catastrofe verso cui si avvia il mondo; che lei venga o meno dal futuro, che sia o meno una imbonitrice, sono dati del tutto irrilevanti mentre ha un certo valore assistere al turbamento che produce col suo lavoro sulle coscienze dei convenuti, destrutturando le loro certezze fino al violento smascheramento delle loro debolezze, espresse spesso dal linguaggio del proprio corpo.

Film importante, incentrato sul tema della capacità di (ri)conoscere il prossimo, opera enigmatica e carica di inventiva, qualità che suppliscono alle scarse risorse economiche con cui è stata realizzata, a dimostrazione che non sono i milioni a fare una storia.

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