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Post Tenebras Lux

Regia di Carlos Reygadas vedi scheda film

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La recensione su Post Tenebras Lux

di GIANNISV66
2 stelle

Reygadas fa sfoggio delle sue indubbie capacità tecniche ma non riesce a domare il suo talento e il prodotto finale risulta una sequenza di scene prive di un filo logico in cui ognuno può vedere tutto e il contrario di tutto. Se fare grande cinema vuol dire realizzare prodotti incomprensibili allora siamo di fronte a un grande film.

Una bambina sola in mezzo a una landa desolata, attorniata da cani latranti, farfuglia parole a casaccio mentre un temporale si avvicina e una pozza riflette un cielo livido che preannuncia la pioggia imminente. I minuti passano, la bambina appare spaventata mentre un cielo sempre più nero sembra volerla ghermire e la natura meravigliosamente ritratta (la fotografia in questa pellicola è fantastica) prosegue indifferente il suo corso scaraventando la sua energia sulla terra sotto forma di goccioloni d'acqua.

Un diavolo rosso dai connotati non delineati ma dagli attributi (sessuali) bene in vista vaga con una cassetta degli attrezzi (un idraulico infernale?!?) attraverso i corridoi di una casa fino a che si imbatte nello sguardo (incuriosito? atterrito?) della bambina di cui sopra; ma l'incontro non sembra produrre alcun effetto apparente e il diavolo continua imperterrito nella sua ispezione (?!?) chiudendosi in una stanza.

Sono due delle scene nelle quali si imbatte lo spettatore durante la parte iniziale di Post Tenebras Lux, (la prima descritta è proprio la sequenza di apertura), film premiato a Cannes (miglior regia) e lodato in ogni dove.

In ogni dove ma non tra queste righe. Carlos Reygadas conosce a fondo il suo mestiere e lo dimostra con una serie di inquadrature mai banali, una cura della fotografia, cui abbiamo fatto cenno prima, notevole, soggettive di indubbio impatto (la scena della caccia nella palude ad esempio), una capacità di trasmettere un costante senso di inquietudine, angoscia, disagio allo spettatore.

Nulla da eccepire sulle capacità tecniche dunque; ma il talento se utilizzato per una esibizione fine a se stessa resta qualcosa di sterile, non basta saper costruire bene un contesto e saper comunicare emozioni se queste non vengono coordinate in un prodotto finito e comprensibile.

Ci sono registi che usano (hanno usato e useranno) linguaggi nuovi, non convenzionali, per veicolari messaggi dall'impatto potente (penso a un Lanthimos e al suo Kynodontas), qui siamo di fronte a un prodotto autoreferenziale che pare costruito, con grande perizia (questo va riconosciuto) per mandare in delirio il cinefilo desideroso di trovare ciò che va in controtendenza totale verso una espressione cinematografica che si possa in qualche minima parte definire “convenzionale”.

Reygadas da fondo alle sue qualità per costruire un prodotto in cui il culto della inquadratura diventa fine ultimo: nessuna storia da raccontare nessun messaggio da trasmettere. Soltanto, almeno a modesta opinione dello scrivente, la malcelata (eufemismo, direi evidentissima) volontà di lasciare il cultore più acceso della settima arte a bocca aperta e farsi mandare a quel paese dallo spettatore medio.

Tutto sembra costruito per obbligare il cinefilo più accanito a spremersi le meningi per ritrovare segnali nascosti, dare valenza simbolica a ogni scena, a ogni inquadratura e financo a ogni oggetto che appare sullo schermo. Col risultato che in questa pellicola si finisce per vedere tutto e il contrario di tutto, forse proprio perché in realtà non c'è nulla da vedere.

Non basta dunque avere una grande abilità tecnica se non la si sa utilizzare per dare forma a un concetto, non basta buttare su una pellicola una serie di situazioni slegate fra di loro (e in una sequenza di scene in cui è difficile scorgere un filo logico ne spicca una, quella della squallidissima orgia, che sembra inserita quasi a casaccio e giusto per ingenerare un senso di disgusto e sconcerto), per fare del grande cinema.

La visione è pesante, l'impressione (come detto più sopra) è quella di assistere a una esibizione di talento fine a se stessa. E la scena finale di una cruenta autopunizione vorrebbe forse instillare un senso di disgusto e di orrore mentre, almeno per chi scrive, è sembrata una maldestra parodia della scena di un film splatter; fatta talmente male da suscitarmi un senso di ilarità.

Un finale degno di un film sconclusionato. Il cinema, perdonatemi, almeno dal mio punto di vista è un'altra cosa.

 

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