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Il sospetto

Regia di Thomas Vinterberg vedi scheda film

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La recensione su Il sospetto

di maghella
8 stelle

“Il sospetto” è di quei film che ti fa dire: “ho speso bene il mio tempo e i miei soldi”. Vinterberg ritorna a parlare di molestie sessuali su minori, come aveva già fatto con quel piccolo gioiello di “Festen”, ma in questo caso l'argomento è solo un pretesto per parlare di altri tipi di paure e angosce.

I bambini non si toccano, i bambini dicono sempre la verità, queste sono le frasi che nessuna persona di buon senso si sognerebbe mai di mettere in discussione, chi lo fa è un mostro e un pervertito... eppure con questo film ciò che sembra di buon senso si ribalta, e fa precipitare nell'angoscia e in vicende profondamente ingiuste un giovane insegnante di asilo, accusato di molestie su una bambina, figlia oltrettutto del suo migliore amico Theo.

Lucas, il giovane insegnante, cerca di riprendere in mano la propria vita dopo un burrascoso divorzio, accetta il lavoro come insegnante di asilo nella sua piccola città, proprio per poter avere la possibilità di tornare a vivere insieme al figlio adolescente Markus. La vita di paese è semplice, fatta di battute di caccia, amici, una nuova relazione amorosa con una giovane collega, Lucas ha un ottimo rapporto con tutti, grandi e piccini, che stravedono per lui.

Klara è la piccola bambina che frequenta l'asilo dove lavora Lucas, è figlia del migliore amico di Lucas, lo conosce bene, gli vuole bene, forse troppo, forse nella mente fantasiosa della piccola, Lucas ha preso il posto di un padre, di un amico speciale, di un “gioco diverso”, cosa c'è nella testa di un bambino nessuno lo sa, e spesso i meccanismi che lo portano a difendersi e a dire bugie sono complessi e sconosciuti. Klara dice una grossa bugia, forse per un capriccio, forse per un dispetto, che tra bambini sarebbe finito in una scaramuccia, divulgata tra grandi diventa un disastro dalle conseguenze imprevedibili. “I bambini dicono sempre la verità”, questo è quello che la direttrice dice a Lucas, la “legge” non scritta per la quale Lucas verrà condannato senza appello da tutti gli abitanti del paese, non importa se Klara dirà in seguito che non era vero, sembra che la verità dei bambini venga detta solo una volta (la prima), se si crede a quella dopo non si può tornare indietro, sarebbe come rinnegare tutto un credo collettivo che omologa tutti gli abitanti di quel centro, di quella comunità.

In cosa è grande questo film? Nel creare attraverso i rapporti tra i vari personaggi, tra gli adulti e i bambini, addirittura tra gli uomini e gli animali che vi sono presenti nella storia (e che hanno un ruolo importante per come raccontano certi tipi di legami), l'intreccio della trama. Lucas è legato molto all'amico e padre di Klara, è legato al figlio Markus (l'unico che non mette mai in dubbio la sua innocenza), è legato alla sua cagnolina Fanny (che si capisce come gli sia stata accanto durante il suo difficile divorzio), è legato al suo lavoro e ai bambini... tutti questi legami vengono interrotti da una bugia che diventa realtà perché “i bambini dicono sempre la verità”. La vita passata di un uomo diventa quindi improvvisamente irreale, viene messa in dubbio dalle parole dette in un momento di rabbia da parte di una bambina ferita nel suo orgoglio di bambina.

Molestie su un bambino non ci sono mai state da parte di Lucas, ma lui dovrà subire tutta una serie di angherie e cattiverie da parte degli abitanti, che credono a ciò che viene detto, non dando importanza al fatto che non esista nessuna prova a convalidare le parole della bambina, nessun riscontro viene confermato, e dopo un primo arresto, Lucas viene rilasciato. Ma il sospetto ormai è diventando certezza tra la gente, che maltratta Lucas come mostro, facendogli cose crudeli a lui e al figlio che lo difende (quindi le colpe del padre ricadono anche sul figlio, degenerando davvero la condanna).

Come in”Festen”, l'angoscia sale durante il corso del film, ci si trova coinvolti nelle vicende di Lucas e ho provato un reale malessere e fastidio per l'ingiustizia che il protagonista stava vivendo, il regista è davvero bravo a creare certe atmosfere e situazioni di simbiosi con i protagonisti.

Il finale è tra i più crudeli che si possano concepire, perché mostra davvero quanto l'ipocrisia e la falsità possano “uccidere” qualsiasi sentenza di giustizia. Una volta che la collettività, che i media, hanno trovato il “proprio mostro”, non c'è tempo che possa passare, non c'è prova o perdono che possano suggellare qualsiasi tipo di libertà da una simile infamia, il marchio è lì, e a chi è bollato non resta che scappare (proprio come il cervo che si vede alla fine del film durante la scena finale della caccia) altrimenti si viene uccisi (proprio come il cervo che si vede all'inizio del film nella scena della caccia).

Ottima l'interpretazione di Mads Mikkenlsen, giustamente premiato a Cannes come migliore attore protagonista, e della piccola Annika Wedderkopp nella parte di Klara, personaggio tenero e controverso, che diventa inquietante e dolce allo stesso tempo, una prova difficile e superata da una piccola bambina.

 

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