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Miele

Regia di Valeria Golino vedi scheda film

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Utente rimosso (Cantagallo)

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Miele

di Utente rimosso (Cantagallo)
4 stelle

Tema assai impegnativo per un esordio: una giovane donna di nome Irene effettua trasferte in Messico per procurarsi clandestinamente dei barbiturici che possono procurare una morte indolore ai malati terminali. Rientrata in Italia, dietro lauto compenso fornisce illegalmente i farmaci ai malati e li assiste durante l'assunzione. Quando però un giorno si accorge di aver venduto il kit ad un ingegnere in ottima salute che vuole "semplicemente" suicidarsi, la ragazza si allarma e, cercando di recuperare la sostanza, allaccia a poco a poco un'amicizia con l'uomo.

Ultimamente sono usciti diversi film che parlano di eutanasia da diverse angolazioni, segno evidente di una diffusa sensibilità sulla questione, che meriterebbe attenzione anche e soprattutto dal punto di vista legislativo. Mi auguro, però, che non si giunga mai a prendere troppa confidenza con l'argomento, con il rischio di banalizzarlo e di perderne di vista la portata etica e drammatica.

Il primo film di Valeria Golino mi ha lasciato l'impressione di una storia piuttosto forzata che si regge più che altro su una tematica intrinsecamente forte. Forse, ad una prima rilettura della sceneggiatura sono emersi dei buchi logici e narrativi che sono stati riempiti successivamente da continui in­serti esplicativi. Per intenderci: l'ingegnere sembra un po' burbero e annoiato ma non si capisce bene per quale motivo voglia morire: ci viene spiegato che è depresso. Irene si prende il disturbo di continui viaggi in Messico per procurarsi barbiturici da spacciare: ci viene spiegato che ha perso la mamma per malattia e quindi ne dobbiamo dedurre che si immedesima nei familiari dei malati. Sembrerebbe moralmente ambiguo che il suo onorario sembri superare nettamente la quota di un rimborso spese: ci viene spiegato che "aiuta i malati" e quindi dobbiamo sospendere il giudizio e considerarla una via di mezzo tra una spacciatrice e una missionaria.

L'altro nodo di interesse del film, ovvero l'amicizia con l'ingegnere aspirante suicida, narrativamente passa dalle canoniche fasi di diffidenza, simpatia, litigata, affetto e da solo non potrebbe certo reggere il film.

Non manca qualche caduta di stile: a cominciare dal nome di servizio di Irene "Miele" che presumo vorrà riferirsi alla cosiddetta dolce morte ma che suonerebbe più adatto a una massaggiatrice (ricordiamoci che si presenta così a persone disperate e prostrate dalla malattia), alle scene puramente illustrative e piuttosto scolastiche della somministrazione del farmaco finale con opzione di scelta di sottofondo musicale, alla mirabile capacità di sintesi nella scena in cui Irene e il suo amante passano da una fellatio alla rottura definitiva della relazione nel giro di circa 30 secondi.

La musica, devo dire ben scelta, aiuta molto il ritmo in diversi momenti. Un peso forse eccessivo grava sulle spalle di Jasmine Trinca declinata nelle diverse versioni: sorridente, arrabbiata, nuda, contrita e recitante monologo in lacrime su divano.

Bisogna riconoscere che si è voluto evitare la facilità del lieto fine, e questo è senza dubbio un punto a favore. Si dovrebbero inoltre riconoscere le attenuanti generiche che spettano alle opere prime, ma d'altro canto il peso del tema scelto costituisce un'aggravante proprio perchè quando si è all'inizio l'ambizione andrebbe commisurata ad esperienza e effettive capacità. Nel complesso mi ha lasciato forti perplessità.

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