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Il fondamentalista riluttante

Regia di Mira Nair vedi scheda film

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La recensione su Il fondamentalista riluttante

di GIANNISV66
7 stelle

"Solo una cosa. Ascolta tutta la storia fin dall’inizio. Mai fidarsi delle apparenze."

La frase con cui Changez Kahn introduce la narrazione della sua storia al giornalista Bobby Lincoln, è forse la principale delle chiavi di lettura di questa pellicola controversa ma molto interessante.

Nei rapporti sempre più tesi fra occidente e mondo islamico si ha spesso l'impressione di assistere a un dialogo che non riesce ad avere sbocchi proprio per quella che è l'incapacità delle parti di ascoltarsi. E anche per il fermarsi troppo spesso alle apparenze.

Il tema è di tragica e scottante attualità, un'attualità che però sta andando avanti da oltre un decennio, da quel tragico 11 settembre 2001 che generò una serie di movimenti, decisioni politiche e azioni internazionali che da quella data in poi hanno determinato il percorso della storia più recetne.

Il Fondamentalista Riluttante, basato su un libro di Mohsin Hamid, e diretto dall'indiana Mira Nair, di fatto prova a tracciare le coordinate di questa difficoltà di comunicazione che intercorre fra due mondi talmente diversi da dubitare che possano esservi margini per una forma di convivenza.

Changez Kahn è un pakistano appartenente al ceto socialmente più elevato, anche se la famiglia non è economicamente ben sistemata. Il giovane riesce ad andare negli U.S.A. a studiare e lì grazie alle sue brillanti capacità riesce a farsi strada a Wall Street e a conquistare la stima di Jim Cross (Kiefer Sutherland), socio anziano di uno dei più affermati studi di analisti finanziari.

E mentre la sua carriera procede a vele spiegate, Changez sembra poter trovare realizzazione nella vita privata in seguito all'incontro con Erica (una Kate Hudson piuttosto scialba e imbolsita a dire il vero) fotografa e soprattutto membro di una delle famiglie più facoltose di New York.

L'America ancora una volta sembra mantenere le promesse, la terra dove tutti coloro che hanno talento e capacità possono trovare la loro realizzazione.

Ma tutto cambia proprio a causa dei tragici eventi sopra ricordati, e dopo l'undici di settembre nulla è più come prima.

Changez con la sua pelle scura, la sua barba, inizia ad essere oggetto di sguardi sospettosi, i rapporti sul lavoro e sulla vita privata cominciano a risentirne. Si innesca una spirale in cui sembra impossibile trovare una via d'uscita e che porterà il pakistano a tornare al suo paese d'origine dove insegnerà all'università e diventerà un punto di riferimento per i giovani del suo paese.

E finirà per trovarsi coinvolto suo malgrado in una ragnatela di intrighi susseguenti al rapimento di un professore inglese presso l'Università di Lahore, eventi che lo porteranno al confronto con il giornalista Bobby Lincoln (Liev Schreiber) il quale a sua volta non è esattamente ciò che dice di essere.

Pellicola complicata questa, come complicato e spinoso è il tema affrontato. La narrazione non sempre fila liscia (in certi passaggi traspare la sensazione di una eccessiva semplificazione) ma il saper mantenere costantemente alta la tensione rappresenta un pregio così come va riconosciuto alla regista l'aver saputo tratteggiare quanto sia labile il confine tra ciò che è verità «vera» e ciò che invece è apparenza.

Oltre al messaggio che non siamo di fronte a uno scontro fra mondi granitici e compatti in netta contrapposizione ma a un confronto fra realtà articolate al cui interno vivono contraddizioni. Changez che conquista consensi grazie alla sua abilità di «tagliatore di teste» decretando la chiusura dei rami improduttivi di una fabbrica suscita la riprovazione del padre poeta, ma non appare certo neanche a noi come un personaggio positivo. Esattamente all'opposto di ciò che accade in Turchia, quando rifiutandosi di avvallare la chiusura di una casa editrice scatena l'ira del suo capo.

E d'altro lato una volta tornato in Pakistan, pur entrando in contatto con ambienti fondamentalisti, la sua strada sembra voler restare quella della protesta senza violenza.

Insomma se l'Islam non è un blocco di matti che vogliono ammazzare quelli che non la pensano come loro, altrettanto vero è che l'occidente non è asservito interamente alla logica del profitto, e per molti di noi occidentali, per fortuna, la solidarietà rappresenta ancora un valore.

Pellicola non priva di difetti dunque ma coraggiosa e forse anche necessaria. Nota di merito al bravo Riz Ahmed nel ruolo del protagonista

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