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Hannah Arendt

Regia di Margarethe Von Trotta vedi scheda film

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La recensione su Hannah Arendt

di yume
5 stelle

Un film piatto, forse volutamente banalizzante, un biopic che resta sulla superficie dei fatti, dei caratteri, delle motivazioni.

 

Locandina internazionale

Hannah Arendt (2012): Locandina internazionale

 

Paradossalmente, ottiene quel che forse non prevedeva, si fa più attenzione al rapporto di coppia fra Hannah e il marito che a tutto il resto, una mole immensa di temi, problemi, personaggi schiacciati sullo sfondo, ridotti quasi a pretesto.

Dunque un film che si attesta sulla sufficienza scarsa, ma offre l’occasione per riprendere e riportare qui riflessioni fatte in passato a commento di altre recensioni.

Siamo di nuovo vicini alla giornata della memoria, quest’anno è il settantesimo  dell’apertura dei cancelli di Auschwitz, il ricordo non è mai superfluo.

 

Sulla "banalità del male"

Al tempo, anni fa, la frase mi colpì e la feci mia con gioia sublime.

Lessi con avidità il libro, Hannah Arendt divenne un mito.

 

locandina

Le dernier des injustes - L'ultimo degli ingiusti (2013): locandina

E poi conobbi Claude Lanzmann in abbinata vincente col rabbino Mulmerstein.

Un mio post , Le dernier des injustes, Mulmerstein o “la banalità delle conclusionisi trova usando questo link:

//www.filmtv.it/post/27121/le-dernier-des-injustes-mulmerstein-o-la-banalita-delle-conc/#rfr:user-43940).

 

Contiene fra l'altro un’intervista in cui Lanzmann dice testualmente:

"Non ho molto seguito il processo Eichmann nel 1961, ma quello che più tardi ho capito lavorando a Shoah è che si trattava di un errore giudiziario, di un processo di ignoranti, dove il pubblico ministero confondeva anche i luoghi. La partecipazione diretta di Eichmann alla Kristallnacht non era stata ancora dimostrata. Questo processo era stato voluto da Ben - Gurion , una sorta di atto fondativo per giustificare l'esistenza della creazione dello Stato di Israele. Ma è stata una prova sporca ... E Hannah Arendt, emigrata negli Stati Uniti, che non aveva conosciuto tutto da così lontano, ha detto un sacco di sciocchezze su di esso. La banalità del male, come Paul Attanasio ha scritto sul Washington Post quando ha parlato di Shoah, è spesso nient'altro che la banalità delle conclusioni di Madame Arendt."

 

Sulla spinta di queste parole giova ripercorrere un po' di storia e, lasciando perdere il solito ragionier Eichmann e la sua faccia grigia da furetto triste, chiedersi se sia poi vero che il male è così banale.

 

Forse no, non lo è affatto. Forse fa comodo crederlo creando alibi alla nostra cattiva coscienza.

Il male è qualcosa che si staglia davanti a noi in tutta la sua grandezza

La formula "banalità del male" fu coniata con eccellente capacità di persuasione, l'ossimoro che contiene suggestiona, ha la forza di un meme, convinzione che si perpetua in modo autonomo e come un virus si auto-riproduce.

Ovvio che la Arendt fosse in buona fede, ingiusto pensare il contrario e la sua è un'opera molto bella, complessa e merita tutta la fama che ha.

 

Barbara Sukowa

Hannah Arendt (2012): Barbara Sukowa

 

Arendt è stata una pensatrice profonda, eccezionale.

Il suo assioma è diventato tale in una vulgata che prende e distorce le parole e i pensieri, li riduce e li banalizza,finendo anche per ridicolizzare, a volte.

Ma la colpa non è della Arendt.

A quella espressione va dato il peso giusto, e bisogna arrivare a pg 259 dell'ed. Feltrinelli.

Come una di quelle frasi che a volte facciamo fatica a non dire di fronte all'indicibile, hanno il peso che hanno in quel momento, ma non si tratta di una teoria filosofica.

Inoltre, ad avvalorare questo c'è tutta la parte successiva del libro, ignorata dalla propaganda, che invece è la più formidabile argomentazione del suo pensiero.

Arendt, con 40 anni di anticipo, si schiera con lucidità assoluta a favore dell'istituzione di un "Tribunale Internazionale per Crimini contro l'Umanità".

Una lunga battaglia del Partito Radicale e di tante forze laiche è iniziata tanto tempo prima in questo libro.

Per condannare Eichmann, persona grigia ma nient'affatto banale nè anonimo travet (la sua carriera nel partito era stata lunga, i suoi meriti eccellenti, qualcuno ha detto che neanche Hitler avrebbe operato meglio di lui quanto a Soluzione Finale), era quello che occorreva. Non un tribunale nazionale ad hoc, come avvenne in quei lontani anni, organismo giuridicamente inadeguato e quindi esposto, come infatti è avvenuto, a tante critiche sulla pertinenza, sulla competenza, sull’opportunità.

Inoltre, quel tribunale applicò una pena di morte che in Israele non c'era e che, introdotta per l'occasione, fu comminata quell'unica volta e mai più.

Insomma, un vero pasticciaccio.

Nessuna meraviglia se poi, per 50 anni, si è diffusa senza tregua questa banalizzazione del concetto e l'espressione “banalità del male” è diventata spesso la bandiera di chi non sa neppure cosa sta dicendo. Troppo arduo, forse, o forse poco conveniente, seguire le strade dell'approfondimento critico.

 

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