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La mafia uccide solo d'estate

Regia di Pierfrancesco Diliberto vedi scheda film

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La recensione su La mafia uccide solo d'estate

di EightAndHalf
6 stelle

La storia d'Italia degli ultimi vent'anni è una lista abnorme di nomi, date (ora, giorno, mese, anno), uomini vili o morti ammazzati. Un teatro di un'assurda carneficina, che ha trovato terreno fertile nella sempre indifesa Sicilia, soleggiata e omertosa, in cui un bambino che non parla è buon auspicio di un futuro uomo che tiene la bocca chiusa (auspicio che il protagonista allegramente incenerirà, aspirando alla carriera di giornalista). Pif riprende con una regia anonima e che purtroppo non osa più di tanto (se non nelle sequenze d'epoca) la biografia di un uomo qualunque, la cui vita è scandita dalle uccisioni e dagli ammazzamenti che la mafia porta a termine nella generazione '70-'90 di Cosa Nostra, come quando in occasione del suo concepimento viene perpetrata la strage di viale Lazio, o come quando la sua infanzia viene violentemente interrotta nel momento in cui muore il giudice Rocco Chinnici. In questo modo La mafia uccide solo d'estate diventa un documento di un'intera epoca ripercorsa fedelmente dagli occhi del piccolo Arturo, che cresce percorrendo le più o meno normali fasi della maturazione umana (l'innamoramento è la parte normale, la fissazione per Giulio Andreotti è la parte anormale). Un bambino dunque che fin da giovane dimostra una sensibilità politica ingenua ma lentamente sempre più consapevole dei crimini che la sua amata terra (così feconda di notizie) subisce a causa delle associazioni a delinquere e di un certo tipo di atteggiamento (il compagno Fofò è figlio di un avvocato che non crede nella mafia e che racconta al figlio la storia violenta di un omicidio nei dettagli più cruenti) tipicamente siciliano che blocca, involontariamente, un progresso che non coincide certo d'altra parte con l'apertura a una politica italiana ambigua e non meno corrotta, seppur capace di non sporcarsi le mani davanti a tutti (le affermazioni di Giulio Andreotti distruggeranno il mito del piccolo protagonista). Secondo uno schema non del tutto nuovo ma divertito, dalla contemplazione della crescita di un uomo abbastanza frustrato ma volenteroso si diparte una critica accettabile e molto accomodante, anche se storicamente accertata, di una Storia lacerata, in cui la mafia è sempre riconducibile a tutto (e non c'è la serietà di Gomorra), ma rischia anche di diventare caprio espiatorio, cioé di ribaltare una situazione che precedentemente vedeva la sua scarsa considerazione e addirittura una sua supposta inesistenza. Il film, infatti, nelle riprese reali (che mischia saggiamente a quelle di finzione), vorrebbe raccontare come la vita sia in stretto contatto con la Storia, giungendo in questo modo a inevitabili generalizzazioni che a una commedia normalmente si perdonano ma che qui è necessario prendere in considerazione visto il grande impegno (leggero e per tutti) che il film si propone. Il sopra le righe è chiaramente voluto, la recitazione grossolana di molte sequenze forse un po' meno (il bambino protagonista è adorabile, ma lo stesso non si può dire della piccola Flora), l'affresco finale riscalda il cuore (il finale è realmente commovente) e può davvero insegnare a coloro, nelle nuove generazioni, che non conoscono la recentissima Storia d'Italia, e che si adagiano in tecnologie e in facili indignazioni. Però rimaniamo lontani (ed è pure giusto) dall'indignazione d'autore del Divo di Sorrentino. Non che si voglia sempre ricondurre tutto alla serietà e alla rigidità, ma certo il film di Pierfrancesco Diliberto in arte Pif (non proprio abile nel recitare, ma così simpatico da far dimenticare anche questo) è pure ricolmo di quella 'facile' indignazione che può essere utilissima ma solo a una lettura romanzata e edificante della Storia, che aggiunge ad un normale testo di scuola solo divertimento e alcune (pochine) risate (più che altro sorrisi), anche se questo comunque non è poco. Certo è però che il discorso dell'unione fra vita individuale e Storia, nel bacio finale nei tumulti dopo la morte dei giudici Falcone e Borsellino, ripreso da una telecamera giornalistica che simula il filmato d'epoca, è efficace e fa dimenticare il facile romanticismo. Da vedere in ogni caso, ma prettamente utile.

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