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Giovani ribelli - Kill Your Darlings

Regia di John Krokidas vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Giovani ribelli - Kill Your Darlings

di scafoide
4 stelle

Un bellissimo film, se non raccontasse la storia che racconta. Premetto che ho scelto e visionato il film ignorando completamente la storia vera alla quale sarebbe ispirato e il periodo storico al quale si riferisce; ero attratto unicamente dai temi dell'anticonformismo, dell'amicizia, della volontà di criticare il modello di vita preconfezionato assegnato alla nascita e viceversa forgiare e applicare una visione della vita originale e vitale. In altre parole l'avevo scambiato per un film ispiratore, ottimistico, elettrizzante. E invece, una storia profondamente triste, pessimistica a livelli cosmici! Via via che la visione proseguiva, ho scoperto che dei temi che mi aspettavo c'era ben poco..  In una sala deserta, ho visionato la prima di questo film del quale, per come io concepisco la funzione delle storie e del cinema, salverei solo i primi venti minuti. Il resto è il solito cliché costituito dal seguente schema: prima fase potenzialmente interessante costituita da anticonformismo, amicizie e rapporti profondi, grandi progetti e voglia di vivere =>seconda fase (preponderante): omicidio, violenza, drammi, rinnegazioni, ipocrisie, schiavitù al "cosa conviene fare". Arriva cioè  l'"adultità", o meglio una sua rappresentazione molto moralistica. Le storie intrise di un substrato moralistico come questa hanno sempre un decorso regolare, dallo schema ben consolidato e sempre uguale, e sembrano voler confermare che, in fondo, ciò che è rappresentato al pubblico, specialmente tramite i media di grande impatto come il cinema, non possa prescindere da un certo qual messaggio "educativo", neanche tanto subliminale, secondo il quale, in sintesi, è più conveniente rigare dritti e sostanzialmente essere funzionali alle classi dominanti (attraverso la schiavitù al lavoro, principalmente); e se mai si "sbanda", occorre tornare subito in carreggiata, rispettando i limiti di velocità , se non ci si vuol fare -attenzione!- molto, molto male. Un moralismo di polistirolo, semplice semplice, ma potentissimo, forgiato su misura per la massa, e per raggiungere financo segmenti di essa che, illusoriamente, credono di essere una élite che ne é al di sopra; tale morale, se ben analizziamo la realtà con occhi scevri da condizionamenti, e non la sua rappresentazione mediatica e letteraria, non è applicata e diffusa tra le classi dominanti, alle cui logiche di mantenimento dello status quo i registi e gli sceneggiatori rispondono e obbediscono. Anzi, la morale che le classi dominanti danno a se stesse è l'esatto opposto: una concezione dell'esistenza di cui valido paradigma è la celebre aria operistica, nei cui versi troviamo indicazioni come "libiamo libiamo de' lieti calici che la bellezza infiora... tutto è follia nel mondo ciò che non è piacer... in questo paradiso ne scopra il nuovo dì" o la cabaletta della medesima Traviata "Follie! Sempre libera" Gioir! Sempre libera degg’io
Folleggiare di gioia in gioia,Vo’ che scorra il viver mio Pei sentieri del piacer...Nasca il giorno, o il giorno muoia,
Sempre lieta ne’ ritrovi,
A diletti sempre nuovi..Dee volare il mio pensier".: un raro esempio d'altri tempi e sempre attuale, che descrive agli spettatori, a quei tempi la classe dominante stessa, la reale concezione circa la vita della propria classe di appartenenza, a fondamento di una esistenza che è un paradiso talmente meraviglioso che non si vede l'ora arrivi il nuovo dì, mentre per alle altre classi subalterne è pubblicizzato l'assioma che chi sgarra, anche solo pensando di potersi liberare dal propria triste condizione, un inferno esistenziale, attribuito dal Fato automaticamente alla nascita, anelando magari a qualche felicità non altrettanto preconfezionata,  è punito con eventi tragici e sofferenze ancora maggiori. Tornando più precisamente al film, rilevo che la morale che trasuda da questa storia (rese ancora più ingannevoli dalla insinuante frase "tratto da una storia vera") è l'esatto opposto di quello che, furbescamente, sembra voler comunicare: L'idea che passa è che in un primo momento, al poverello illuso della classe sociale subalterna, balena l'idea di poter scardinare la biblioteca (per citare alcune scene del film), e leggere i libri proibiti, credendo di poter forgiare ex-novo la grande possibilità della propria vita, ma poi il messaggio per lo spettatore è che se lo fa ne, ricava in gran parte sofferenze e disgrazie, altro che "il paradiso" rappresentato nella Traviata! Ed è a causa di queste ingannevoli, fuorvianti suggestioni da sempre diffuse alla massa, specie dai media americani, che sono portato a preferire i film che mi appaiono come amorali, di cui un esempio abbastaza recente potrebbe essere "Limitless", tratto dal romanzo "Territori oscuri/the dark fields" di A. Glynn.

Sulla trama

Allen (Daniel Radcliffe) è figlio di un ebreo, scrittore mediocre, che cerca la prima occasione per far rinchiudere la moglie in clinica psichiatrica. Allen può finalmente  evadere dall'ambiente familiare malsano, essendo stato accettato per il periodo di prova alla prestigiosa Columbia University, dove il prestigio è tenuto in vita da rigide regole di etichetta. Appena giustovi, Allen nota e viene notato dall'affascinante Lucien (Dane DeHaan), che rifulge di vita in quell'ambiente imbalsamato. Lucien introduce il nuovo amico alla vita Bohemienne, all'alcool, al fumo, alle droghe; i due si valorizzano a vicenda e progettano insieme a qualche altro amico grandi cose. Tuttavia, Lucien ha l'abitudine di far innamorare di sé, ma subito abbandonare immotivatamente e gelidamente, poiché in tali profondi rapporti vede proiettati fantasmi di alcuni aspetti di sé medesimo che vuole ricacciare con tutti i mezzi, anche l'omicidio. Risultato: tutti i progetti di grandi cose svaniscono per lasciar spazio a eventi tragici e tristi. E così,  gli ormai ex amici superstiti cancellano in un sol colpo quanto di meraviglioso e pieno di vita hanno fatto, detto, progettato, e diventano "adulti", virando verso l'ipocrisia, la rinnegazione, la schiavitù al "ciò che è conveniente fare". L'unico che rimane fedele a se stesso è il personaggio di Allen (Daniel Radcliffe).

Cosa cambierei

Tutta la storia. E' il solito cliché.

Su John Krokidas

Dignitosa. Anche se ho notato, dal mio punto di vista, una narrazione non sempre sicura e ben calibrata.

Su Daniel Radcliffe

Una prova all'altezza. Né entusiasmante, né cattiva.

Su Dane DeHaan

Adatto al ruolo, l'attore, discretamente doppiato nella versione italiana, riesce a restituire abbastanza bene le tensioni distruttive del personaggio, che prevalgono su quelle positive.

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